Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 235 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 235 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a LUCERA il 30/11/1974
avverso la sentenza del 21/09/2023 della CORTE APPELLO di BARI
NOME COGNOME
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che l’unico motivo di cui si compone il ricorso, con cui la difesa deduce l’erronea applicazione della legge penale, è formulato in termini non consentiti in questa sede poiché, in effetti, pur intitolando il motivo in termini d violazione di legge, la doglianza finisce, in realtà, per contestare il giudizio d responsabilità, ovvero il risultato probatorio cui sono approdati i giudici di merito che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ritenere al contrario gli elementi delle fattispecie delittuose contestate pienamente riscontrati all’esito della ricostruzione delle concrete vicende processuali; il motivo di ricorso fondato sulla lett. b) dell’art. 606 cod. proc. pen deve essere invero articolato sotto il profilo della contestazione della riconducibilità del fatto – così come ricostruito dai giudici di merito – nella fattispecie astratt delineata dal legislatore; altra, invece, come accade sovente ed anche nel caso di specie, è mettere in dubbio o contestare che le emergenze istruttorie acquisite consentano di ricostruire la condotta di cui si discute in termini idonei a ricondurla al paradigma legale;
ritenuto che, infatti, il motivo di ricorso mira a censurare una decisione sbagliata, in quanto fondata su una valutazione non condivisa delle risultanze processuali, cui corrisponde una diversa lettura delle fonti di prova, una differente ricostruzione dei fatti, nonché un diverso giudizio di rilevanza del materiale probatorio in un senso stimato più plausibile (in particolare, per quanto attiene ai C.U.D. prodotti dal ricorrente alla persona offesa, si insiste, contrariamente a quanto accertato dai giudici di merito, per la non idoneità all’induzione in errore e, dunque, la non artificiosità), operazioni che esulano dai poteri della Corte di cassazione cui non è consentito procedere ad una “rilettura” delle risultanze acquisite e degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, il cui apprezzamento è, in via esclusiva, riservato al giudice di merito (cfr., per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
ritenuto che la Corte territoriale, con motivazione esente da vizi logici (cfr., in particolare, le pagg. 1 e 2 della impugnata sentenza), ha congruamente indicato le ragioni di fatto e diritto poste a base del suo convincimento circa la sussistenza, nel contegno posto in essere dal ricorrente, di tutti gli elementi costitutivi del reato ascrittogli dovendosi qui ribadire che ai fini della sussistenza del delitto di truffa non ha rilievo la mancanza di diligenza da parte della persona offesa, dal momento che tale circostanza non esclude l’idoneità del mezzo, risolvendosi in una mera deficienza di attenzione spesso determinata dalla fiducia ottenuta
con artifici e raggiri (cfr., tra le tante, Sez. 2 , n. 51538 del 20/11/2019, C. Rv. 278230 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma, il 3 dicembre 2024.