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Ricorso inammissibile: i limiti del sindacato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7521/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: le valutazioni discrezionali del giudice di merito, come la concessione di attenuanti, il riconoscimento della recidiva e la quantificazione della pena, non sono sindacabili in sede di legittimità se sorrette da una motivazione logica e non arbitraria. Il ricorso contestava proprio questi aspetti, ma è stato respinto in quanto le decisioni della Corte d’Appello erano state ampiamente e correttamente argomentate.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Discrezionalità del Giudice è Insindacabile

La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito i confini del proprio giudizio, sottolineando come le valutazioni di merito del giudice non possano essere messe in discussione se adeguatamente motivate. Con l’ordinanza n. 7521 del 2024, i giudici hanno dichiarato un ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti cruciali sui limiti del sindacato di legittimità riguardo la concessione di attenuanti, il riconoscimento della recidiva e la determinazione della pena. Questa decisione serve come un importante promemoria del ruolo della Cassazione quale giudice della legge, non del fatto.

I Fatti del Caso

Il caso nasce dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bari. L’appellante contestava la decisione dei giudici di secondo grado su tre punti specifici: il mancato riconoscimento di un’attenuante, la valutazione della sua recidiva e l’entità del trattamento sanzionatorio applicato, ritenuto eccessivo.

I Motivi del Ricorso e la Dichiarazione di ricorso inammissibile

Il ricorrente ha fondato la sua impugnazione su tre distinti motivi, ciascuno dei quali mirava a contestare un aspetto della valutazione discrezionale operata dalla Corte territoriale:

1. Mancato Riconoscimento dell’Attenuante

L’imputato lamentava la mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, del codice penale, relativa al danno di speciale tenuità. Sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel valutare l’entità del pregiudizio causato.

2. Erroneo Riconoscimento della Recidiva

Un secondo motivo di doglianza riguardava il riconoscimento della recidiva, che secondo la difesa non avrebbe dovuto essere applicata nel caso di specie.

3. Eccessività della Pena

Infine, il ricorrente criticava la quantificazione della pena, inclusi gli aumenti per la continuazione tra i reati, giudicandola sproporzionata e frutto di un errato esercizio del potere sanzionatorio da parte del giudice.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto tutti e tre i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. Le motivazioni della decisione si concentrano su un unico, fondamentale principio: la discrezionalità del giudice di merito. Analizziamo punto per punto il ragionamento della Corte.

Per quanto riguarda l’attenuante, i giudici hanno chiarito che la valutazione sulla speciale tenuità del danno rientra pienamente nell’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito. Tale valutazione sfugge al controllo della Cassazione, a meno che l’argomentazione a sostegno della decisione non sia viziata da palesi illogicità o errori giuridici, cosa che nel caso specifico non è avvenuta.

Anche il secondo motivo sulla recidiva è stato ritenuto infondato. La Corte ha osservato che la Corte d’Appello aveva ampiamente e correttamente esplicitato, con argomenti logici e giuridici, le ragioni che la portavano a confermare il riconoscimento della recidiva. Pertanto, la censura era priva di concreta specificità.

Infine, sul trattamento sanzionatorio, la Cassazione ha ribadito che la graduazione della pena è una delle massime espressioni della discrezionalità del giudice. Non può costituire oggetto di ricorso laddove la determinazione sia sorretta da una motivazione sufficiente e non sia frutto di mero arbitrio. Nel caso in esame, il riferimento ai criteri dell’art. 133 c.p. e l’uso di espressioni come “pena congrua” sono stati considerati sufficienti a giustificare una pena inferiore alla media edittale, senza necessità di una motivazione più dettagliata.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale pacifico: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo scopo è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. Le scelte discrezionali del giudice di merito, se supportate da una motivazione coerente e non manifestamente illogica, sono definitive. Per gli operatori del diritto, ciò significa che un ricorso basato esclusivamente sulla contestazione di tali valutazioni, senza evidenziare un vizio di legittimità, è destinato a essere dichiarato ricorso inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile contestare in Cassazione il mancato riconoscimento di un’attenuante?
No, non è possibile se la decisione del giudice di merito si basa su una valutazione discrezionale sorretta da una motivazione logica e priva di vizi giuridici. La valutazione del pregiudizio, ad esempio, è un’attività che rientra nel potere del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità.

La determinazione della pena da parte del giudice può essere oggetto di ricorso in Cassazione?
Generalmente no. La graduazione della pena è un’espressione della discrezionalità del giudice e non può essere contestata in Cassazione, a meno che la decisione non sia palesemente arbitraria, illogica o non sia stata minimamente motivata.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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