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Ricorso inammissibile: i limiti del riesame in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per riciclaggio. L’ordinanza ribadisce che il giudizio di legittimità non consente un riesame dei fatti, ma solo un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione della sentenza impugnata.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti del riesame

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui confini del giudizio di legittimità e sulle ragioni che portano a un ricorso inammissibile. Quando un imputato decide di impugnare una sentenza di condanna fino all’ultimo grado di giudizio, deve essere consapevole che la Corte di Cassazione non è un “terzo tribunale” dove si possono ridiscutere i fatti. Il suo ruolo è ben definito: verificare la corretta applicazione della legge. Analizziamo come questi principi sono stati applicati in un caso concreto di riciclaggio.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato sia in primo grado che in appello per i reati di autocalunnia (art. 369 c.p.) e riciclaggio (art. 648-bis c.p.), ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. La difesa ha basato i suoi motivi principali su una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nella valutazione delle prove e nella ricostruzione della vicenda.

In sostanza, l’imputato ha riproposto la stessa linea difensiva già presentata e respinta nei precedenti gradi di giudizio, offrendo una lettura alternativa delle prove e degli eventi. I motivi di appello contestavano anche il bilanciamento delle circostanze attenuanti e il riconoscimento della recidiva.

Analisi della Cassazione e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. I giudici hanno sottolineato che i primi due motivi, sebbene formalmente presentati come vizi di legge e di motivazione, in realtà miravano a ottenere un nuovo giudizio sui fatti. Questo tipo di richiesta è precluso in sede di legittimità.

La Corte ha ribadito un principio consolidato: non può sostituire la propria valutazione delle prove a quella, logicamente coerente, dei giudici di merito. Il suo compito non è stabilire se la ricostruzione dei fatti proposta dalla difesa sia più o meno plausibile di quella accolta nella sentenza, ma solo verificare se la motivazione di quest’ultima sia esente da:

* Mancanza: la motivazione non esiste.
* Manifesta illogicità: il ragionamento è palesemente contrario alla logica.
* Contraddittorietà: le affermazioni contenute nella sentenza sono in conflitto tra loro.

Poiché la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta logica, completa e coerente, le doglianze della difesa sono state considerate un tentativo inammissibile di ottenere una terza valutazione del merito della causa.

La valutazione degli altri motivi di ricorso

Anche gli altri motivi, relativi al bilanciamento delle circostanze e alla recidiva, sono stati giudicati manifestamente infondati. La Corte ha osservato che le decisioni su questi aspetti rientrano nella discrezionalità del giudice di merito e che il motivo di appello sulla recidiva era generico e non si confrontava adeguatamente con le argomentazioni specifiche contenute nella sentenza di primo grado.

Le Motivazioni

La motivazione centrale della decisione risiede nella netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. I giudici di primo e secondo grado analizzano le prove e ricostruiscono i fatti. La Corte di Cassazione, invece, ha il solo compito di garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle regole processuali. Un ricorso che, sotto la veste di una critica giuridica, si risolve in una mera contestazione della valutazione probatoria operata dai giudici di merito, è destinato a essere dichiarato un ricorso inammissibile. Le censure devono individuare un vizio logico-giuridico preciso e manifesto, non limitarsi a proporre una diversa interpretazione del materiale probatorio.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Suprema Corte ha confermato la sua giurisprudenza costante: il ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio. La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende. Questo provvedimento serve da monito sull’importanza di formulare motivi di ricorso che rispettino i limiti strutturali del giudizio di legittimità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché, invece di denunciare vizi di legittimità (come errori di diritto o palesi illogicità nella motivazione), il ricorrente ha tentato di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che non è consentita alla Corte di Cassazione.

Cosa si intende per ‘vizio di motivazione’ rilevante in Cassazione?
Un ‘vizio di motivazione’ rilevante è solo quello che rende il ragionamento del giudice manifestamente illogico, contraddittorio o del tutto assente su un punto decisivo. Non è sufficiente che la difesa proponga una diversa, e magari altrettanto plausibile, ricostruzione dei fatti.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato a pagare le spese del procedimento e una sanzione pecuniaria (in questo caso di 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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