Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Riesamina il Merito
L’ordinanza n. 2988/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità, chiarendo perché un ricorso possa essere dichiarato ricorso inammissibile. In questo caso, la Suprema Corte ha confermato una condanna per bancarotta post fallimentare, respingendo le censure dell’imputato perché miravano a una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta alla Cassazione.
Il Caso: Dalla Condanna per Bancarotta al Ricorso in Cassazione
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un soggetto per il reato di bancarotta post fallimentare. La Corte d’Appello di Bari aveva confermato la sentenza di primo grado, ritenendolo responsabile. Contro questa decisione, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione, articolando diversi motivi di doglianza.
Le Doglianze dell’Imputato
L’imputato lamentava principalmente tre aspetti:
1. Una presunta violazione del principio di correlazione tra l’accusa formulata e la sentenza di condanna, sostenendo che il fatto ritenuto in giudizio fosse diverso da quello contestato.
2. Vizi di motivazione e un’erronea applicazione della legge penale riguardo all’elemento soggettivo del reato.
3. La genericità e l’incompletezza di altre censure mosse alla sentenza d’appello.
Il Ricorso Inammissibile e i Limiti del Giudizio di Legittimità
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Questo significa che la Corte non può riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria.
Quando i motivi di ricorso, come in questo caso, si traducono in una richiesta di diversa ricostruzione dei fatti, essi esulano dalla competenza della Suprema Corte e vengono, di conseguenza, dichiarati inammissibili.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha analizzato punto per punto i motivi del ricorso, smontandoli sulla base di principi giuridici consolidati.
Sulla Correlazione tra Accusa e Sentenza
Il primo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha ricordato, citando una sentenza delle Sezioni Unite (n. 36551/2010), che per aversi una violazione del diritto di difesa non basta una mera divergenza letterale tra l’imputazione e la sentenza. È necessaria una “trasformazione radicale” degli elementi essenziali del fatto, tale da generare incertezza sull’oggetto dell’accusa. Nel caso di specie, l’imputato era stato messo pienamente in condizione di difendersi sul fatto concreto per cui è stato condannato.
Sul Tentativo di Riesame del Merito
Per quanto riguarda il secondo e il terzo motivo, relativi all’elemento soggettivo del reato, la Corte li ha liquidati come un tentativo mascherato di ottenere un inammissibile riesame del merito. Le censure, pur presentate come vizi di motivazione o di legge, miravano in realtà a una diversa lettura delle prove, senza allegare specifici travisamenti. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata logica, coerente e priva di vizi macroscopici, rendendo le critiche dell’imputato irricevibili in sede di legittimità.
Sulla Genericità degli Altri Motivi
Infine, le restanti censure sono state bollate come “intrinsecamente generiche”, in quanto prive di una puntuale enunciazione delle ragioni di diritto e dei riferimenti specifici alla motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso in Cassazione deve essere specifico e dettagliato, non può limitarsi a critiche vaghe.
Le Conclusioni: La Decisione Finale e le Implicazioni Pratiche
In conclusione, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa ordinanza serve come monito: per avere successo in Cassazione, è fondamentale concentrarsi su precise questioni di diritto o su vizi di motivazione evidenti e macroscopici. Tentare di rimettere in discussione l’intera ricostruzione dei fatti è una strategia destinata al fallimento, che conduce inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché i motivi presentati dall’imputato non denunciavano reali vizi di legge o di motivazione, ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che è preclusa alla Corte di Cassazione, la quale svolge un controllo di sola legittimità.
Quando una modifica del fatto contestato viola il diritto di difesa?
Secondo la Corte, la violazione si verifica solo in caso di una “trasformazione radicale” degli elementi essenziali del fatto contestato, tale da creare un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione e un concreto pregiudizio per la difesa. Una semplice differenza letterale non è sufficiente.
Può la Corte di Cassazione riesaminare le prove o la logicità della valutazione del giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove. Può annullare una sentenza solo se la motivazione è del tutto mancante, manifestamente illogica o contraddittoria in modo palese (vizi macroscopici), ma non può sostituire la propria valutazione a quella, logicamente argomentata, dei giudici di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2988 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2988 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CORATO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/05/2022 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’impugnata sentenza, la Corte di appello di Bari – per quanto qui di interes – ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale COGNOME NOME era stato ritenut responsabile del reato di bancarotta post fallimentare;
che, avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso p cassazione, a mezzo del proprio difensore;
che il primo motivo è manifestamente infondato, atteso che, nell’imputazione, erano indicati gli elementi essenziali del fatto ritenuto in sentenza e che l’imputato era stato mes condizione di difendersi, essendo consapevole del fatto concreto che gli veniva contestato; ch deve essere ribadito che, «in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, pe aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiud dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del pri suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vedendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tut insussistente quando l’imputato, attraverso l'”iter” del processo, sia venuto a trovarsi condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione» (Sez. U, Sentenza 36551 del 15/07/2010, COGNOME, Rv. 248051);
che il ricorrente, con il secondo motivo e il terzo motivo – nella doglianza rel all’elemento soggettivo del reato -, ha articolato alcune censure che, pur essendo state da riferite alle categorie dei vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, ai dell’ad. 606 cod. proc. pen., sono all’evidenza dirette a ottenere un inammissibile sindacato merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale e una pronuncia su una div ricostruzione dei fatti, al di fuori dell’allegazione di specifici travisamenti di prove (Sez. del 31/05/2000, Rv. 216260 e n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944), e in presenza, comunque, di un apparato motivazionale che non si espone a rilievi di carenza o di illogicità di macroscop evidenza (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Rv. 214794), né di inesatta applicazione della legg penale, come evincibile dal tenore delle argomentazioni esposte nella sentenza impugnata;
che le restanti censure mosse con il terzo motivo e il quarto motivo sono intrinsecamente generici, in quanto privi di una puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti i e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato;
che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna d ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 22 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il residente