Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7669 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 7669 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 03/01/1988
avverso la sentenza del 17/09/2024 del Giudice per le indagini preliminari del TRIBUNALE di BERGAMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME rilevato che il procedimento è stato trattato con il rito “de plano”;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza resa in data 17 settembre 2024 il Tribunale di Bergamo, su concorde richiesta delle parti, applicava all’imputato NOME COGNOME la pena di anni tre e mesi quattro di reclusione ed euro 1.200,00 di multa, previa esclusione della recidiva e previa concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6) cod. pen., in relazione al reato di rapina pluriaggravata.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando un unico motivo di doglianza, con il quale deduceva mancanza di motivazione, assumendo che i termini utilizzati nel provvedimento impugnato (“considerato che non sussiste alcuna delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. … che sussistono le condizioni per ritenere ammissibile la richiesta, in quanto la qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione e la comparazione delle
circostanze prospettate dalle parti sono corrette …”) costituivano mere formule di stile, inidonee ad integrare una reale motivazione del provvedimento.
Il ricorso è inammissibile.
Ed invero, secondo il consolidato orientamento del Giudice di legittimità, già espresso da questa Sezione e condiviso dal Collegio, la sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti escludendo che ricorra una delle ipotesi proscioglimento previste dall’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza di una causa di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen. (v., in tal senso, Sez. 2, n. 39159 del 10/09/2019 Cc., COGNOME, Rv. 277102 – 01).
Il ricorso, peraltro, è anche privo di specificità (in difetto dell’indicazione di elementi in ipotesi acquisiti in atti e non considerati, o mal considerati), e, comunque, manifestamente infondato, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è adeguato all’accordo intervenuto tra le parti, escludendo motivatamente, sulla base degli atti, che ricorressero i presupposti di cui all’art. 129 c.p.p., e ritenendo la correttezza della proposta qualificazione giuridica dei fatti contestati.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile; il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2024