Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15732 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15732 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato .a BARLETTA il 13/06/1964
Ogg i, GLYPH 2 2 APR. 2025
avverso la sentenza del 13/11/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 13/11/2023 la Corte d’appello di Bari riformò la sentenza del Tribunale di Trani. in data 4/10/2022, che aveva condannato COGNOME NOME per i reati di cui agli artt. 5 e 8 del d.lgs. 74/2000 alla pena di anni due e mesi sei d reclusione, rideterminando la pena in anni due e mesi due di reclusione con conferma nel resto.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, che ha denunciato ” la violazione dell’art. 125 comma 3 c.p.p. per mancanza di motivazione della sentenza della Corte d’Appello di Bari, impugnata in uno con la sentenza del Tribunale di Bari (” doppia conforme”): la manifesta
illogicità e/o contrarietà della motivazione stessa, nei predetti termini della “doppia conforme”; il travisamento probatorio, tradottosi in un chiaro “abbaglio dei sensi”, “nel momento in cui la Corte territoriale ha sposato gli errori del giudice di prime cure”. Il ricorso, quindi, si sofferma sugli errori cui sarebbe incorso il Tribunale nell’indicare il numero di una delle fatture per operazioni inesistenti contestate (12 in luogo di 13), il nome della società utilizzatrice (“RAGIONE_SOCIALE” in luogo d “RAGIONE_SOCIALE“) e la data di uno dei processi verbali di accertamento (22/6/2022 in luogo di 22/6/2016) per poi assumere che la condanna era fondata su “presunzioni tributarie” e contestare il processo inferenziale fondante la condanna per il capo b) tramite la prospettazione di una differente chiave di lettura delle risultanze probatorie. Si deduce, infine, che le censure “devolute con il ricorso erano pertinenti anche al giudizio di condanna per il capo a).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto articolato in motivi generici e, comunque, non consentiti in sede di legittimità.
Occorre, preliminarmente, richiamare l’insegnamento costante di questa Suprema Corte secondo il quale:
l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato al giudice di legittimità essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, esulando dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione; la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME ed altri, Rv. 207944). L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere, inoltre, evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopic evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794);
b) la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicché dedurre tale vizio in sede di legittimità significa dimostrare che il testo del provvedimento è manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non già opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205621), sicché una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicità (Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, COGNOME, Rv. 202903);
il travisamento della prova è configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; in altri termini, soltanto nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, atteso che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli element di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare s detti elementi sussistano o meno (Sez. 3, n. 39729 del 18/6/2009, COGNOME, Rv 244623; Sez. 2, n. 23419 del 23/5/2007, COGNOME, 236893; cfr. anche Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, n.m. sul punto). Va, inoltre, sottolineato che il relativo vizio deve avere natura decisiva, il che avviene soltanto se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo completamente illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/ probatorio (Sez. 6, n. 5146 3 del 16/01/2014, COGNOME, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499).
Venendo, quindi, al caso di specie, deve osservarsi, in primo luogo, che il ricorso non si confronta con la motivazione del giudice di appello. La Corte territoriale, infatti, ha sottolineato che le “contestazioni – mosse a COGNOME NOME non sono state fatte con il cd. metodo induttivo, ma sulla base della documentazione extracontabile acquisita nel corso dell’istruttoria (…) con le precisazioni rese dal lgt. Ardagna…”. Le considerazioni della Corte distrettuale sono ignorate però dal ricorso che ripropone l’argomento secondo cui gli accadimenti sono stati ricostruiti ricorrendo a “presunzioni tributarie”. E’, quindi, necessari ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è innanzitutto, e indefettibilmente, il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. La mancanza di specificità del motivo va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito il principio secondo il quale «l’appello (al pari del ricorso per cassazione) è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fat di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata» (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822-01; nello stesso senso v. Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027-01, in motivazione).
Si aggiunge, ancora, che le “presunzioni tributarie”, che si assume esauriscono il ragionamento probatorio dei giudici di merito, “non bastano a fondare un giudizio di condanna” avendo trovato riscontro solo in elementi “contenuti negli stessi atti redatti dalla Guardia di Finanza”. Non è dato comprendere, però, e il ricorso non Io spiega, come una tale affermazione possa riferirsi ai processi verbali di contestazione e alle comunicazioni notizie di reato versati in atti, la cui acquisizione al fascicolo dibattimentale è avvenuta sull’accordo delle parti, così da permetterne la piena utilizzazione ai fini probatori (pag. 2 della sentenza del Tribunale).
3. Il travisamento della prova e il vizio di motivazione in tutte le sue declinazioni sono, poi, denunciati nel ricorso cumulativamente, senza alcuna specificazione in ordine ai punti su cui la motivazione è mancante, agli argomenti contraddittori e alle prove travisate. Si tratta di una tecnica espositiva insufficiente, che condanna il ricorso all’inammissibilità per genericità della formulazione non potendo attribuirsi al giudice di legittimità la funzione di rielaborare l’impugnazione, al fi di estrarre dal coacervo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un uti scrutinio (Sez. U., n. 29541 del 16/07/2020 Filardo Rv. 280027). Questa Corte ha, al riguardo, già evidenziato che il ricorso per Cassazione è inammissibile quando l’interessato ometta di indicare a quale dei casi tipici disciplinati dall’art. 606 co proc. pen. intenda ricondursi poiché tale mancanza, qualora la specificazione delle ragioni di diritto non sia puntuale e chiara, si traduce in difetto di specificità motivi (Sez.3, n. 7629 del 07/02/2023 Rv. 284152 – 01; Sez. 2, n. 57403 del 11/09/2018 Imp. COGNOME,Rv. 274258 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 1878 del 04/04/1991, Rv. 187010 – 01). Ciò perché il ricorso in Cassazione è un mezzo d’impugnazione proponibile soltanto per motivi tassativamente previsti dalla legge (Sez. 1, n. 3847 del 05/10/1992, Zecca, Rv. 193137 – 01) con la conseguenza che spetta soltanto all’interessato -a pena di a-specificità ex art. 581 c.p.p. dei motiv e, quindi, d’inammissibilità del ricorso- di indicare, nel momento stesso in cui impugna un provvedimento, i motivi di gravame che intenda formulare, e che non può ammettersi una interpretazione d’ufficio della sua volontà in ipotesi inespressa
o non chiara, in considerazione del fatto che i motivi hanno la funzione di precisare i limiti della devoluzione e le ragioni di doglianza.
4. Le censure difensive relative agli elementi valorizzati nel ragionamento probatorio, inoltre, attengono tutte al valore dimostrativo delle prove, che il ricorso
estrapola dal contesto complessivo per fornirne una lettura atomistica e parcellizzata che mira a ottenere una rivalutazione dell’intero compendio
probatorio, preclusa, come già precisato, al giudice di legittimità.
5. Va, infine, segnalato che le doglianze difensive incentrate sull’omesso pagamento delle fatture e sulle indagini relative alla soc. coop. RAGIONE_SOCIALE, che
costituiscono l’ossatura del ricorso, non risultano proposte in sede di gravame.
Secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dall’odierno Collegio, “in tema di ricorso per cassazione, la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt.
606, comma terzo, e 609, comma secondo, cod. proc. pen. – secondo cui non possono essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di
appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado giudizio o di quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello trova la sua “ratio” nella necessità di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso, non investito dal controllo della Corte di appello, perché non segnalato con i motivi di gravame.” (Cass. Sez. 4, sent. n. 10611 del 04/12/2012, dep. 07/03/2013, Rv. 256631).
Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna della parte privata che lo ha proposto al pagamento delle spese del procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5/2/2025