Ricorso Inammissibile: Perché la Cassazione Non Riesamina le Prove
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione definisca il proprio ruolo di giudice di legittimità, ribadendo un principio fondamentale: non è sua competenza riesaminare i fatti di una causa. Quando un ricorso inammissibile viene presentato, spesso è perché l’appellante cerca di ottenere una nuova valutazione delle prove, un’operazione che esula dai poteri della Suprema Corte. Analizziamo insieme questo caso per capire meglio i confini del giudizio di Cassazione.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine da una condanna per furto aggravato emessa in primo grado e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Bologna. L’imputato, non rassegnato alla decisione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a due motivi principali:
1. Una presunta carenza di motivazione riguardo alla sussistenza di un’aggravante specifica prevista dal codice penale.
2. Un vizio di motivazione relativo all’efficacia probatoria del riconoscimento fotografico che aveva portato alla sua individuazione.
In sostanza, la difesa contestava il modo in cui i giudici di merito avevano valutato gli elementi a carico dell’imputato, ritenendo il loro ragionamento debole e non sufficientemente rigoroso.
La Decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle accuse, ma si concentra esclusivamente sulla correttezza formale e logica del ricorso stesso e della sentenza impugnata. La Corte ha ritenuto che i motivi presentati dall’imputato fossero “manifestamente infondati”.
Le Motivazioni: la Distinzione tra Merito e Legittimità
Il cuore della decisione risiede nella netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. La Corte spiega che le critiche del ricorrente non denunciavano reali vizi legali, come un’errata applicazione della legge o una motivazione palesemente illogica. Al contrario, le doglianze criticavano la “persuasività”, l'”adeguatezza” e la “puntualità” della valutazione delle prove fatta dai giudici dei gradi precedenti.
Secondo la Cassazione, sollevare dubbi sulla credibilità di una prova o proporre una diversa interpretazione dei fatti equivale a chiedere un nuovo processo, cosa che la Suprema Corte non può fare. Il suo compito è verificare che la sentenza impugnata sia stata emessa nel rispetto delle norme procedurali e che il ragionamento del giudice sia esente da “vizi logici manifesti”. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva esplicitato le ragioni del proprio convincimento in modo logico e coerente, rendendo le critiche del ricorrente un mero tentativo di rimettere in discussione l’analisi fattuale.
Conclusioni: le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza riafferma un principio cruciale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si può sperare di ribaltare una sentenza contestando semplicemente l’interpretazione delle prove. Per avere successo, un ricorso deve evidenziare errori di diritto specifici o contraddizioni insanabili nel percorso logico seguito dal giudice. La decisione comporta per il ricorrente non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, a sottolineare la futilità di un ricorso inammissibile.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati non denunciavano vizi di legittimità (errori di diritto o illogicità manifesta), ma miravano a ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Cosa si intende per ‘vizio di motivazione’ in Cassazione?
Per la Corte di Cassazione, un vizio di motivazione rilevante non è una semplice mancanza di persuasività o di puntualità, ma un errore logico evidente e manifesto nel ragionamento del giudice, oppure una totale assenza di motivazione su un punto decisivo.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, la condanna è diventata definitiva. Inoltre, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2003 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2003 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 04/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PORTICI il 03/08/1975
avverso la sentenza del 29/04/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che COGNOME Alessandro ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che ha confermato la pronunzia di condanna di primo grado per il reato di cui agli artt. 624 e 625 n.4 cod. pen.
Considerato che il primo motivo con il quale il ricorrente denunzia carenza di motivazione sull’aggravante di cui all’art. 625 n. 4 cod. pen. e il secondo e ultimo motivo di ricorso, dove si contesta vizio di motivazione in riferimento all”omessa valutazione della reale efficacia dimostrativa della prova della individuazione fotografica sono manifestamente infondati non essendo consentite tutte le doglianze che censurano la persuasività, l’adeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento; con motivazione esente dai descritti vizi logici, il giudice di merito ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pag. 2) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini dell’affermazione della responsabilità.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Il Presidente
Così deciso il 4 dicembre 2024