Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30317 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30317 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Canicattì il 04/09/1974
COGNOME NOMECOGNOME nato a Agrigento il 28/10/1969
COGNOME NOMECOGNOME nato a Agrigento il 02/05/1985
avverso la sentenza del 28/11/2024 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME e il rigetto del ricorso di COGNOME Antonio; uditi i difensori, Avv. NOME COGNOME per COGNOME NOME, Avv. NOME COGNOME per COGNOME NOME e Avv. NOME COGNOME per COGNOME NOMECOGNOME che hanno chiesto l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con la « sentenza in epigrafe . la Corte di appello di Palermo, a seguito di gravame interposto dagli imputati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza emessa,rseguito di rito abbreviato, in data 28 settembre 2021 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Agrigento, in parziale riforma della decisione, ha assolto NOME COGNOME limitatamente alle condotte ascrittegli al capo 1) commesse in data 30 gennaio 2018 e 6 febbraio 2018, per non aver commesso il fatto e rideterminato la pena inflitta al predetto in relazione alla condotta ascrittagli al capo l i commessa in data 2 febbraio 2018; ha confermato la decisione nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME dichiarati responsabili dei reati di cui ai capi 1(artt. 81 cpv, 56,629, commi 1 e 2, in riferimento all’art. 628, comma 3, n.3, 110, 118 e 70 cod. pen. ai danni di NOME COGNOME) e 2 (artt. 81 cpv., 110,cod. pen., 73, comma 1, d.P.R. n. 309/90), loro rispettivamente ascritti, e condannati a pena di giustizia.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i predetti imputati con atti dei rispettivi difensori.
Nell’interesse di NOME COGNOME si deducono i seguenti motivi.
3.1. Con il primo motivo, violazione dell’art. 603 cod. proc. pen. in relazione alla mancata acquisizione probatoria dell’ordinanza di custodia cautelare relativa al procedimento “Xydi”, dei verbali di interrogatorio di persona indagata in procedimento connesso NOME COGNOME oltre che della lettera inviata da NOME COGNOME al difensore dell’COGNOME e della documentazione da Facebook, da cui si evinceva l’astio provato dal primo nei confronti del secondo, a dimostrazione della natura conflittuale della relazione tra i due, e la necessità di approfondire le valutazioni critiche sulle dichiarazioni del COGNOME.
3.2. Con il secondo motivo, vizio cumulativo della motivazione in relazione al giudizio di attendibilità della persona offesa, dovendosi considerare l’emersione di indici di una pressione esterna nella formazione della denuncia effettuata dalla predetta persona offesa, sfruttata dalle Forze dell’Ordine per colpire ingiustamente il ricorrente. D’altra parte emergono evidenti contraddizioni e dubbi permanenti che non giustificano la affermazione di responsabilità, anche considerando che le condotte ascritte all’imputato si esauriscono in richieste verbali prive di forza coartante e sfornite del requisito della idoneità ai sensi dell’art. 56 cod. pen.
In realtà, la parte offesa non è un soggetto effettivamente terzo essendo sorretto da un interesse per poter raggiungere degli scopi diversi correlati a finalità economiche per la mancata restituzione di una somma di denaro indebitamente i percepita.
Inoltre, la sentenza merita censura in quanto fonda la responsabilità sulle sole dichiarazioni dei testimoni dell’accusa, omettendo ogni ulteriore considerazione delle altre rilevanti risultanze.
GLYPH 3.3. Con il terzo motivo, mancanza di motivazione in relazione alla determinazione della pena rispetto alle censure difensive, non avendo il ricorrente mai riportato precedenti specifici ed essendo omessa la valutazione del comportamento processuale.
Nell’interesse di NOME COGNOME si deducono i seguenti motivi.
4.1. Con il primo motivo, violazione di legge penale e vizio cumulativo della motivazione con travisamento della prova in relazione alla affermazione di responsabilità, sotto il profilo oggettivo e soggettivo.
4.1.1. La Corte ha omesso di considerare le dichiarazioni di NOME COGNOME al PM il 27/2/2018 e le risultanze dell’attività tecnica di videoregistrazione de 2/02/2018 che dimostrano come COGNOME abbia mentito, non risultando che egli sia uscito di casa, essendo il soggetto che si dirige verso il portone di casa NOME COGNOME, che è l’unico soggetto che parla con COGNOME.
Cosicchè, l’assunto che attribuisce al ricorrente la condotta tenuta nei confronti della parte offesa in data 2/02/2018, oblitera le censure mosse in appello dalla difesa in ordine alla falsità di quanto dichiarato dalla parte offesa circa conversazione che il ricorrente avrebbe avuto con lui fuori dalla sua abitazione.
4.1.2. Quanto alla idoneità e inequivocità del tentativo di estorsione del 02/02/2018, la sentenza lega la condotta del 02/02/2018 a quella successiva del 06/02/2018, rispetto alla quale il ricorrente è del tutto estraneo, dovendosi richiamare le ragioni dell’assoluzione dello stesso imputato in relazione alle condotte dei 30 gennaio e 6 febbraio.
Nella specie, manca sia l’integrazione del reato nella condotta del 02/02/2018, difettandone l’elemento oggettivo, sia la prova della consapevolezza che la cessione del terreno era di natura forzosa per il pagamento delle pregresse forniture di sostanza stupefacente.
4.2. Con il secondo motivo, violazione di legge penale e vizio cumulativo della motivazione in relazione alla determinazione della pena, al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e alla sussistenza della aggravante di cui all’art. 629, comma 2, cod. pen.
Quanto a quest’ultima, è illogica la sua giustificazione sulla base del rapporto parentale con NOME COGNOME
Inoltre, ingiustificato è il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche sulla base dell’ostativo precedente penale, se pur risalente e di trascurabile gravità.
Analoga censura deve essere svolta in relazione al mancato riconoscimento della attenuante di cui all’art. 114 cod. pen., in considerazione del limitato apporto dell’imputato rispetto alla cristallizzazione della condotta ascritta ai soli correi.
Nell’interesse di NOME COGNOME si deducono i seguenti motivi.
5.1. Con il primo motivo, travisamento della prova e vizio della motivazione in relazione alle dichiarazioni della parte offesa. Quest’ultima ha reso dichiarazioni variando continuamente la versione dei fatti – segnatamente con riguardo alla destinazione dello stupefacente e al soggetto interessato – e tali dichiarazioni contrastano con quelle rese dal ricorrente, pur ritenute attendibili a carico del coimputato COGNOME.
La apodittica ricostruzione degli avvenimenti precedenti al contestato spaccio di stupefacenti (che COGNOME onon ha commesso) si riflette inequivocabilmente non solo in relazione al reato di cui al capo 2 ma anche in relazione alla tentata estorsione.
5.2. Con il secondo motivo, violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al mancato riconoscimento della ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, fondato sul solo dato ponderale, senza considerare il complesso della vicenda, segnatamente la cessione per uso personale dello stupefacente.
5.3. Con il terzo motivo, violazione di legge penale in relazione agli artt. 629 e 393 cod. pen.
Non si comprendono le ragioni che hanno indotto la Corte e escludere il carattere della giustiziabilità della pretesa vantata dal ricorrente nei confronti dell COGNOME. Dalle conversazioni captate all’interno del bar American e dalle stesse dichiarazioni dell’imputato, non emerge che questi abbia posto in essere una condotta estorsiva, essendo la sua unica intenzione quella di garantire il pagamento della somma a NOME COGNOME e la condotta – mai eccedente l’intento di far valere un diritto – non ha perseguito l’obiettivo di un profitto ingiusto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Il ricorso di NOME COGNOME.
2.1. Il primo motivo è manifestamente infondato, oltre che dedotto per inammissibili questioni di fatto involgenti la valutazione della prova, avendo del tutto correttamente la Corte rigettato l’istanza di riapertura del dibattimento in base alla assenza di necessità, tenuto conto del condivisibile principio secondo il
quale, in tema di ricorso per cassazione, può essere censurata la mancata assunzione in appello, a seguito di giudizio abbreviato non condizionato, di prove richieste dalla parte solo nel caso in cui si dimostri l’esistenza, nell’apparat motivazionale .posto a base della decisione impugnata, di lacune o di manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, che sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello. (Sez. 3, n. 3028 del 15/12/2023, dep. 2024, D., Rv. 285745 – 01)
2.2. Il secondo motivo è genericamente proposto per inammissibili ragioni in
fatto involgenti la rivalutazione probatoria. Invero, la valutazione di attendibili . àlend g;ortii. della parte offesa COGNOME è incensurabilmente affermata – ritenendo non illogicamente inincidente il mendacio sul ruolo ricoperto dal conoscente – in base alla loro spontaneità, chiarezza, coerenza e reiterazione, oltre che dai considerati riscontri forniti dalle immagini della telecamera di videosorveglianza della Stazione dei Carabinieri, posta a poca distanza dall’abitazione della stessa persona offesa e dai comprovati contatti attraverso la utenza del figlio di quest’ultima, oltreché dai precedenti segnalati suoi acquisti della stessa sostanza stupefacente e, infine, dalle dichiarazioni di NOME COGNOME sul coinvolgimento dell’COGNOME.
2.3. Il terzo motivo costituisce generica censura in fatto al corretto esercizio dei poteri discrezionali demandati al giudice di merito che ha correttamente considerato la pluralità delle condotte realizzate e la commisurazione della pena in base al minimo edittale, con contenuti incrementi per la continuazione.
3. Il ricorso di NOME COGNOME.
3.1. Il primo motivo è inammissibile in quanto genericamente volto ad una rivalutazione del compendio probatorio. La sentenza, senza incorrere in vizi logici e giuridici, ha individuato il contributo dell’imputato alla complessiva condotta estorsiva – fermatasi al tentativo per la resistenza della vittima decisasi a denunciare i fatti – consistita nell’accesso del ricorrente presso la vittima pe indurla a incontrare il suo mandante – NOME COGNOME dopo essere stato investito da questi del compito di valutare il terreno oggetto della pretesa estorsiva. Cosicché generica è la deduzione difensiva che fa leva sul contatto tra COGNOME e l’accompagnatore del ricorrente in occasione dell’incontro del 2 febbraio 2018, essendo accertata la sua intimazione nei confronti dello COGNOME di recarsi da suo zio sia dalle stesse parole dello COGNOME che da quelle del coimputato NOME COGNOME che, nell’interrogatorio del 16.01.2019 1 aveva ammesso di aver inviato il ricorrente presso Zarbo.
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto alla idoneità ed efficacia estorsiva di tale intimazione, incensurabile è la sua affermazione in considerazione della successiva offerta, di qualche giorno dopo, da parte della persona offesa del proprio terreno al fine di saldare il debito
con l’COGNOME e il COGNOME, in un GLYPH contesto, adeguatamente giustificato, di consapevolezza da parte del ricorrente della finalità estorsiva correlata al debito della persona offesa.
3.2. Il secondo motivo è inammissibile in quanto genericamente proposto.
Quanto alla sussistenza della aggravante, incensurabile è la sua ascrizione al ricorrente in base alla non illogicamente affermata conoscenza da parte sua – in ragione del rapporto di parentela – della condanna definitiva per associazione di stampo mafioso a carico di NOME COGNOME anche in relazione alle misure di prevenzione più volte applicategli.
Quanto alla attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. la censura è genericamente reiterativa del pertinente motivo di appello, correttamente rigettato sul rilievo dell assenza di marginalità del suo coinvolgimento (v. pg. 19 della sentenza).
Quanto al diniego delle attenuanti generiche, parimenti incensurabile è l’esercizio dei poteri discrezionali demandati al giudice di merito, sul rilievo dell mancanza di elementi favorevoli al suo riconoscimento.
Quanto – infine – alla determinazione della pena, la censura è genericamente formulata rispetto alla considerazione svolta dalla sentenza impugnata circa la sua parannetrazione ai minimi edittali.
Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile.
4.1. Il primo motivo è genericamente proposto. Invero, con riferimento al giudizio di attendibilità di COGNOME, oltre a richiamarsi quanto già detto sull’analog motivo proposto da COGNOME, le censure reiterano quelle proposte in appello alle quali la sentenza ha dato puntuale e non illogica risposta (v. pg. 13 e ss.), involgendo una rivalutazione probatoria non ammessa in sede di legittimità.
4.2. Il secondo motivo è genericamente proposto rispetto alla stessa confessione del ricorrente di aver fatto l’intermediario per una cessione di complessivi trenta grammi di cocaina e al corretto avallo dato dalla sentenza impugnata al rilievo ostativo del tipo di sostanza, droga cd. is pesante, del prezzo pattuito, di certo non ridotto, e della riconducibilità del fatto a un più ampio sistema di commercializzazione illecita.
4.3. Il terzo motivo è manifestamente infondato, trattandosi di pretesa minacciosamente esercitata avente ad oggetto il mancato pagamento di una fornitura di stupefacente.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle s
.
processuali e della somma di euro tremila in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso il 14/07/2025.