Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31142 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31142 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Treviso il 13/01/1958
avverso la sentenza del 09/07/2024 della Corte d’appello di Venezia
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
considerato che i primi due motivi di ricorso, con cui si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla conferma dell’affermazione di responsabilità per i reati, rispettivamente, di truffa continuata e aggravata di cui al capo 1) dell’imputazione (primo motivo) e di appropriazione indebita aggravata di cui al capo 2) dell’imputazione (secondo motivo), non sono formulati in termini consentiti in questa sede poiché sono riproduttivi di profili di censura già prospettati con l’atto di appello e compiutamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale con congrue argomentazioni (si vedano le pagg. 10-12 della sentenza impugnata quanto al reato di truffa di cui al capo 1 dell’imputazione e le pagg. 1313 della stessa sentenza quanto al reato di appropriazione indebita), risultando pertanto gli stessi non specifici ma soltanto apparenti, oltre che volti a prospettare una diversa lettura delle risultanze processuali e un diverso significato da attribuire ai dati probatori posti a base della decisione dei giudici del merito, per giungere a conclusioni differenti sulla valenza probatoria degli elementi acquisiti;
che, in proposito, è appena il caso di segnalare che, per costante giurisprudenza della Corte di cassazione, la regola di giudizio compendiata nella formula “al di là di ogni ragionevole dubbio” rileva in sede di legittimit esclusivamente ove la sua violazione si traduca nell’illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza, non potendo la Corte di cassazione sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi (Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, COGNOME Rv. 270108-01; Sez. 4, n. 2132 del 12/01/2021, Maggio, Rv. 280245-01), essendo il proprio sindacato limitato, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074-01);
ritenuto che anche il terzo e ultimo motivo di ricorso, con cui si contesta il giudizio sul trattamento sanzionatorio per non avere i giudici di merito applicato le circostanze attenuanti generiche e anche con riguardo alla determinazione della misura della pena non è consentito in questa sede, oltre che manifestamente infondato, per le seguenti ragioni: a) in primis, si deve sottolineare che le circostanze attenuanti generiche erano già state concesse dal Giudice del Tribunale di Treviso; b) in secundis, si deve ribadire che il trattamento sanzionatorio da irrogare rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché nel giudizio di cassazione è comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819-01, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243-01; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142-01), il che si deve escludere nel caso di specie, avendo i giudici di appello (come emerge dalla pag. 14 della sentenza impugnata) congruamente esplicato le ragioni poste a base della conferma della determinazione della misura della pena; Corte di Cassazione – copia non ufficiale rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso in Roma, il 1° luglio 2025.