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Ricorso inammissibile: i limiti del giudizio in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per reati legati agli stupefacenti e al falso. La decisione sottolinea che i motivi di ricorso non possono essere una mera ripetizione di doglianze già respinte e che la valutazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, a meno che non sia palesemente illogica. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta

Presentare un ricorso in Cassazione non è un’ulteriore opportunità per ridiscutere l’intera vicenda processuale. È un giudizio di legittimità, con regole precise e rigorose. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga trattato, delineando i confini invalicabili per chi intende contestare una sentenza di condanna. Il caso analizzato riguarda una condanna per reati legati a stupefacenti e falso, confermata in appello e giunta al vaglio finale della Cassazione.

I Fatti del Processo

L’imputato era stato condannato in primo grado per violazione della legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990) e per reati di falso (artt. 453-455 c.p.). La Corte d’Appello di Napoli aveva successivamente confermato la sentenza di condanna. Insoddisfatto della decisione, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Corte

Il ricorso si fondava su due pilastri che, tuttavia, la Corte ha ritenuto fragili e non conformi ai requisiti di legge.

Il primo motivo: la mancanza di specificità

Il primo motivo è stato giudicato meramente reiterativo. L’imputato, in sostanza, ha ripresentato le stesse lamentele (doglianze) già avanzate e respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha sottolineato che un ricorso, per essere ammissibile, deve avere “specificità estrinseca”, ovvero deve confrontarsi in modo critico e puntuale con le argomentazioni della sentenza che si intende impugnare, spiegando perché siano errate. Ripetere le stesse argomentazioni senza contestare la logica della decisione d’appello rende il motivo generico e, quindi, inammissibile.

Il secondo motivo e il ricorso inammissibile sulla pena

Con il secondo motivo, il ricorrente ha contestato la quantificazione della pena, ritenendola ingiusta. Anche questa doglianza è stata respinta. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: la determinazione della pena rientra nella “discrezionalità del giudice di merito”. Questo potere può essere sindacato in Cassazione solo se la decisione è frutto di puro arbitrio, di un ragionamento palesemente illogico o se manca una motivazione sufficiente. Non è compito della Cassazione effettuare una nuova valutazione della congruità della pena.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha spiegato in modo chiaro le ragioni del rigetto. Per quanto riguarda la determinazione della pena e il bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti, il giudice di merito non è tenuto a un’analitica esposizione di tutti i criteri previsti dall’art. 133 del codice penale. È sufficiente che la sua decisione sia motivata in modo congruo, anche facendo riferimento solo ad alcuni dei parametri legali. Nel caso di specie, la motivazione era stata ritenuta adeguata e non illogica.

Inoltre, la Corte ha confermato che la valutazione sulla recidiva era in linea con i principi stabiliti dalle Sezioni Unite, che richiedono un obbligo argomentativo specifico da parte del giudice di merito. Poiché entrambi i motivi sono stati ritenuti infondati e non consentiti nel giudizio di legittimità, il ricorso è stato dichiarato inammissibile nel suo complesso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza è un monito importante. Chi intende ricorrere in Cassazione deve formulare motivi specifici, che demoliscano la struttura logico-giuridica della sentenza impugnata, e non limitarsi a riproporre vecchie argomentazioni. Inoltre, contestare la misura della pena è un’impresa ardua, possibile solo in casi di palese irragionevolezza. Un ricorso inammissibile non solo non porta a nessun risultato utile per l’imputato, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una condanna al pagamento di 3.000 euro.

Perché il primo motivo di ricorso è stato considerato inammissibile?
Il primo motivo è stato ritenuto inammissibile perché era una mera ripetizione di doglianze già proposte e respinte nel giudizio d’appello. Mancava di ‘specificità estrinseca’, ovvero non si confrontava criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
No, a meno che la determinazione della pena non sia il risultato di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico e sia priva di una motivazione sufficiente. La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non è rivalutabile in sede di legittimità se correttamente motivata.

Qual è la conseguenza economica di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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