LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile: i limiti del giudizio in Cassazione

Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del proprio giudizio, dichiarando un ricorso inammissibile. Il caso riguardava una condanna per violenza privata, e l’imputato aveva contestato la valutazione delle prove e la quantificazione della pena. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di merito, ma di controllo della legittimità. Pertanto, i motivi che mirano a una nuova valutazione dei fatti o che contestano la discrezionalità del giudice sulla pena, se non illogica, sono inammissibili.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Perché la Cassazione Non è un Terzo Grado di Giudizio

Quando una sentenza di condanna viene confermata in appello, l’ultima via percorribile è il ricorso alla Corte di Cassazione. Tuttavia, è fondamentale comprendere i limiti di questo strumento. Una recente ordinanza della Suprema Corte (n. 12934/2024) offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga rigettato, sottolineando che la Cassazione non può essere trasformata in un’ulteriore sede per discutere il merito dei fatti. Analizziamo la decisione per capire i confini del giudizio di legittimità.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una sentenza di condanna per il reato di violenza privata, previsto dall’art. 610 del codice penale. La decisione, emessa in primo grado, era stata pienamente confermata dalla Corte di Appello di Napoli. L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, decideva di presentare ricorso per cassazione tramite il proprio difensore, articolando due specifici motivi di doglianza.

L’Appello alla Cassazione e il Ricorso Inammissibile

I motivi del ricorso si concentravano su due aspetti principali:

1. La valutazione delle prove: L’imputato lamentava una presunta violazione degli articoli 192 e 546 del codice di procedura penale, sostenendo che i giudici di merito avessero apprezzato in modo errato le prove a suo carico. Di fatto, proponeva una lettura alternativa dei fatti.
2. La graduazione della pena: Il secondo motivo criticava la quantificazione della sanzione inflitta, ritenuta eccessiva. Si contestava, in sostanza, l’esercizio del potere discrezionale del giudice nel determinare la pena.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto entrambi i motivi non meritevoli di accoglimento, dichiarando l’intero ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha fornito una spiegazione netta e precisa per la sua decisione. Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno evidenziato che le lamentele erano generiche e si limitavano a riproporre le stesse censure già presentate in appello, senza un confronto critico con le argomentazioni della sentenza impugnata. Soprattutto, il ricorso mirava a ottenere dalla Cassazione una nuova e diversa valutazione delle prove, un’operazione che è preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte può solo verificare se la motivazione dei giudici di merito sia logica e non contraddittoria, non può sostituire la propria valutazione a quella dei gradi precedenti.

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale potere, esercitato in aderenza ai criteri degli artt. 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere, etc.), è insindacabile in sede di legittimità, a meno che la decisione non sia frutto di puro arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Nel caso specifico, la Corte territoriale aveva adeguatamente motivato la scelta di non infliggere una pena più mite, basandosi sulle circostanze del fatto e sulla personalità dell’agente.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta due conseguenze significative. In primo luogo, la sentenza di condanna diventa definitiva e irrevocabile. In secondo luogo, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000,00 Euro) in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza serve come monito: il ricorso per cassazione è uno strumento tecnico che deve essere utilizzato per denunciare vizi di legittimità (errori di diritto) e non per tentare di ottenere un terzo giudizio sui fatti. Un ricorso mal impostato non solo non ha speranze di successo, ma comporta anche ulteriori oneri economici per l’imputato.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati non riguardano vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma cercano di ottenere un nuovo esame dei fatti e delle prove. Inoltre, è inammissibile se i motivi sono generici, ripetitivi di quelli già esaminati in appello, o non si confrontano criticamente con la motivazione della sentenza impugnata.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena inflitta?
No, a meno che la decisione del giudice non sia palesemente illogica o arbitraria. La scelta della pena specifica, all’interno dei limiti edittali, è un’attività discrezionale del giudice di merito. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice, se quest’ultima è sorretta da una motivazione sufficiente e non contraddittoria.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Oltre a rendere definitiva la condanna, la dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene stabilito dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati