Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46096 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46096 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a GENOVA il 28/06/1986
avverso la sentenza del 09/11/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità penale per il reato di concorso nella rapina aggravata ascritto all’odierno ricorrente, non è consentito in sede di legittimità, per un duplice ordine di ragioni, di seguito esposte;
che, preliminarmente, deve osservarsi come tale censura non è connotata dai requisiti richiesti, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., poiché fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con le ragioni poste a base della ritenuta integrazione da parte del ricorrente del concorso nel delitto lui attribuito, e dunque non specifici ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, inoltre, pur avendo formalmente prospettato vizi riconducibili alle categorie di cui all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., invero, il ricorrente – con una censura costituita da mere doglianze in punto di fatto – ha lamentato null’altro che una decisione sbagliata, in quanto fondata su una valutazione non corretta del materiale probatorio, prospettando una diversa lettura delle risultanze processuali, una differente ricostruzione dei fatti e un differente giudizio di rilevanza delle fonti di prova, stante invece la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento, facendo applicazione di corretti argomenti giuridici, ed indicando puntualmente i plurimi elementi di fatto e di diritto sulla base de quali ritenersi pienamente integrato il contributo del ricorrente alla realizzazione del reato (si vedano, in particolare, pagg. 4 e 7 della impugnata sentenza);
osservato che, il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta l’omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche, e, più in generale, l’eccessività della pena irrogata nei confronti dell’odierno ricorrente, è manifestamente infondato, poiché sul punto deve ribadirsi il principio secondo cui in presenza (si (2 veda pag. 8 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evid 4/ enti
60-24074/2024
illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, non è necessario che il giudice di merito, nel motivare la mancata concessione delle attenuanti ex art. 62-bis cod. pen., prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficient che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione, dovendosi a tal proposito sottolineare come anche la sola assenza di elementi o circostanze di segno positivo possa essere posta a fondamento del suddetto diniego;
che, inoltre, deve essere ribadito il principio in base al quale la graduazione del trattamento sanzionatorio, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e a titolo di continuazione, oltre che per fissare la pena base, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché nel giudizio di cassazione è comunque non consentita la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione – come nel caso di specie – non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 novembre 2024.