Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 879 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 879 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato ad Avellino il 13/03/1972
avverso la sentenza del 01/03/2024 della Corte d’appello di Roma
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo, con cui si contesta l’acquisizione, in asserita violazione degli artt. 431, comma 1, lett. a), e 511, comma 4, cod. proc. della querela sporta da NOME COGNOME non è consentito in quanto è aspecifico, atteso che il ricorrente ha del tutto omesso di indicare quali sarebbero gli specifici elementi di ricostruzione storica del fatto che i giudici del merito avrebbero tratto dalla suddetta querela, in luogo di considerarla legittimamente ai soli fini dell’accertamento dell’esistenza della condizione di procedibilità;
ritenuto che il secondo motivo, con il quale si contesta la mancata assunzione della testimonianza dello stesso NOME COGNOME è manifestamente infondato, atteso che, posto che, nel giudizio d’appello, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, prevista dall’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale svolta in primo grado e alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria, e che tale accertamento è rimesso alla
valutazione discrezionale del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata (Sez. 6, n. 8936 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 26262001; Sez. 4, n. 18660 del 19/02/2004, COGNOME, Rv. 228353-01; Sez. 4, n. 4981 del 05/12/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv. 229666-01), la Corte d’appello di Roma ha dato conto dei motivi per i quali ha ritenuto insussistente il presupposto di legge della necessità della sollecitata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, argomentando, in un modo che si deve ritenere assolutamente adeguato (si veda, in particolare, la pag. 3 della sentenza impugnata), le ragioni delle condivisione delle motivazioni sulla base delle quali il Tribunale di Roma aveva ritenuto di non assumere la testimonianza del COGNOME ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen.;
considerato che il terzo motivo, con il quale si lamenta che la Corte d’appello di Roma abbia escluso il concorso dell’imputato nel reato presupposto della ricettazione dell’assegno a lui attribuita, non è consentito, in quanto, a fronte dell’accertamento, compiuto dalla Corte d’appello, dell’assenza di elementi dai quali si potesse desumere che l’imputato avesse rubato o concorso a rubare l’assegno, e della valutazione, operata dalla stessa Corte, del contrasto della versione dei fatti fornita dall’imputato con le risultanze processuali (si veda, i particolare, la pag. 6 della sentenza impugnata), appare diretto a evidenziare ragioni in fatto e a sollecitare una diversa valutazione delle suddette risultanze, il che non è consentito fare in sede di legittimità ((Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747-01; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 26296501);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024.