Ricorso Inammissibile: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Giudizio
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del giudizio di legittimità. La vicenda riguarda un imputato condannato per rapina che ha visto il suo ricorso respinto senza un esame nel merito, a causa della genericità e infondatezza delle sue argomentazioni. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti, ma un organo di controllo sulla corretta applicazione della legge.
I Fatti del Caso
Il ricorrente era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di rapina. La sua responsabilità penale era stata accertata sulla base di una pluralità di elementi probatori, tra cui il riconoscimento, seppur in termini di somiglianza, da parte della vittima, il legame di parentela con un complice arrestato in flagranza, e la localizzazione del suo telefono nella zona del delitto. Nonostante la ‘doppia conforme’ (sentenze uguali in primo grado e in appello), l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, articolandolo su tre distinti motivi.
L’Analisi della Corte di Cassazione sui Motivi del Ricorso
La Suprema Corte ha esaminato ciascun motivo, concludendo per la loro totale inammissibilità.
Primo Motivo: Travisamento della Prova e Vizio di Motivazione
L’imputato lamentava un’errata valutazione delle prove, in particolare riguardo al suo riconoscimento da parte della persona offesa. La Corte ha liquidato questa doglianza come aspecifica e reiterativa. In sostanza, il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza contestare specificamente la logicità del percorso motivazionale seguito dai giudici. La Cassazione ha ricordato che non ha il potere di effettuare una nuova lettura degli elementi di fatto, potendo censurare solo una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, vizio non riscontrato nel caso di specie.
Secondo Motivo: Errata Qualificazione Giuridica del Fatto
Il secondo motivo mirava a riqualificare il reato da rapina a ‘esercizio arbitrario delle proprie ragioni’ (art. 393 c.p.). Anche in questo caso, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Tale doglianza, infatti, si basava su una ricostruzione dei fatti alternativa e favorevole all’imputato, non deducibile in sede di legittimità. I giudici d’appello avevano già spiegato in modo logico e giuridicamente corretto perché tale riqualificazione non fosse possibile, evidenziando la mancanza di prova di un lecito rapporto di credito e il fatto che fossero stati sottratti anche altri beni oltre alla somma di denaro pretesa.
Terzo Motivo: Mancata Applicazione di un’Attenuante
Infine, il ricorrente lamentava la mancata applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 116 del codice penale (concorso anomalo). La Corte ha definito questo motivo manifestamente infondato. La sentenza d’appello aveva chiaramente evidenziato il ruolo attivo dell’imputato, che aveva personalmente sottratto il portafogli alla vittima dopo averla aggredita e minacciata. Questa partecipazione diretta al reato esclude in radice l’applicabilità dell’attenuante invocata, rendendo la doglianza priva di qualsiasi fondamento.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile si fonda su principi consolidati della procedura penale. La Cassazione ha ribadito che l’appello in sede di legittimità non può trasformarsi in un nuovo giudizio di merito. Le censure devono essere specifiche, criticare la struttura logico-giuridica della sentenza impugnata e non limitarsi a riproporre argomenti fattuali già vagliati. Quando un ricorso si basa su motivi generici, reiterativi o palesemente infondati, la conseguenza inevitabile è una declaratoria di inammissibilità, con condanna del ricorrente alle spese e al pagamento di una sanzione a favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza serve da monito sull’importanza di redigere ricorsi per cassazione tecnicamente rigorosi. Non è sufficiente essere in disaccordo con le conclusioni dei giudici di merito; è necessario individuare e argomentare vizi specifici di violazione di legge o di manifesta illogicità della motivazione. Proporre una diversa lettura delle prove o ripresentare le stesse difese già respinte in appello è una strategia destinata al fallimento, che comporta unicamente un’ulteriore condanna economica per il ricorrente.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è generico, ripete argomentazioni già respinte nei precedenti gradi di giudizio senza una critica specifica alla motivazione della sentenza d’appello, propone una diversa ricostruzione dei fatti o si fonda su motivi manifestamente infondati.
Perché il reato non è stato riqualificato come esercizio arbitrario delle proprie ragioni?
La riqualificazione è stata negata perché la difesa non ha fornito alcuna prova di un legittimo rapporto di credito preesistente tra il ricorrente e la vittima. Inoltre, durante l’aggressione sono stati sottratti anche altri beni oltre alla somma di denaro che si pretendeva fosse dovuta.
Per quale motivo non è stata concessa l’attenuante prevista per un reato diverso da quello voluto?
L’attenuante non è stata applicata perché la Corte ha accertato che il ricorrente ha partecipato direttamente e attivamente al reato di rapina, essendo colui che ha materialmente sottratto il portafogli alla persona offesa dopo averla aggredita e minacciata, dimostrando così di aver voluto proprio quel reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36292 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36292 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME LA SPEZIA DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/10/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
rilevato che il primo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta travisamento della prova nonché vizio di motivazione in ordine al riconoscimento dell’imputato da parte della persona offesa è aspecifico in quanto reiterativo di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale;
rilevato che i giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralità di elementi idonei a dimostrare la penale responsabilità del ricorrente ed, in particolare, il riconoscimento -in termini di somiglianza- effettuato in due occasioni dalla vittima del reato, il legame di parentela con il complice arrestato in flagranza, l’ubicazione dell’utenza in uso al ricorrente nella zona dove fu perpetrata la rapina ed in contatti telefonici intercorsi con gli altri autori del delitto (vedi pag. 6 de sentenza impugnata), tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede;
rilevato che il secondo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta violazione dell’art. 393 cod. pen. conseguente alla mancata riqualificazione del fatto nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni è aspecifico e non consentito. La doglianza è, infatti, fondata su una diversa ricostruzione della fattispecie concreta non deducibile nel giudizio di legittimità, restando estranei ai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione ovvero l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione dei fatti. Ciò premesso va evidenziato che i giudici di appello hanno ampiamente esplicitato, con corretti argomenti logici e giuridici, le ragioni del loro convincimento (si veda pag. 6 sulla mancanza di prova di un lecito rapporto creditorio alla base delle pretese avanzate dal ricorrente e sull’avvenuta sottrazione di altri beni oltre alla somma di denaro pretesa dagli aggressori del Vizcaino);
rilevato che il terzo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta inosservanza dell’art. 116 cod. pen. conseguente alla mancata applicazione della circostanza attenuante invocata dalla difesa è manifestamente infondato. Il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 116, comma secondo, cod. pen. è basata su motivazione adeguata, logica e coerente con le risultanze processuali e, quindi, insindacabile in sede di legittimità. La Corte
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territoriale ha correttamente rimarcato che il ricorrente è il soggetto che ha sottratto il portafogli alla persona offesa “dopo averlo aggredito e minacciato unitamente al fratello” (vedi pag. 6 della sentenza impugnata) con conseguente inapplicabilità dell’attenuante invocata dalla difesa, fornendo, quindi, un percorso motivazionale privo di illogicità e conforme all’orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di riconoscimento della recidiva. La replica contenuta nel ricorso si limita ad ignorare tale circostanza, contro l’evidenza della sussistenza con conseguente manifesta infondatezza della doglianza;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 10 settembre 2024.