Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11765 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11765 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME NOME a Rieti DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a Todi il DATA_NASCITA
Avverso la sentenza resa il 4 maggio 2023 dalla Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Sentite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
Sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO anche in sostituzione dell’AVV_NOTAIO che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso, invocando l’intervenuta prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma, giudicando in sede di rinvio dalla Corte di cassazione, ha parzialmente riformato la sentenza resa dal Tribunale di Roma il 16 Marzo 2016, confermando la responsabilità di COGNOME NOME e COGNOME NOME in ordine al reato di corruzione propria loro ascritto al capo D della rubrica e, ritenuta la continuazione con il reato di sequestro di persona aggravato in quanto commesso da un pubblico ufficiale con abuso di poteri contestato al capo A e accertato in via definitiva dalla sentenza rescindente, concesse ad entrambe le circostanze attenuanti generiche, ha ridetermiNOME la pena loro complessivamente inflitta.
Si addebita ai due imputati, nella loro qualità di pubblici ufficiali, in quanto appartenenti alla Guardia di finanza di avere privato della libertà personale due religiosi facenti parte dell’RAGIONE_SOCIALE, allo scopo di impedire che gli stessi prendessero parte alla votazione per la nuova elezione del Superiore generale dell’RAGIONE_SOCIALE e di avere ricevuto la somma complessiva di 96.000 C dal coimputato NOME COGNOME, separatamente giudicato, quale compenso per atti contrari ai loro doveri di ufficio consistiti nella detta convocazione e nella redazione di due falsi verbali indicati ai capi B
e C.
La Corte di Cassazione con sentenze rescindenti del 12 ottobre 2021 e del 3 novembre 2022 aveva annullato la sentenza resa dalla Corte di appello il 3 dicembre 2020 limitatamente al reato di corruzione contestato al capo D con rinvio, e ai capi B e C senza rinvio perché estinti per prescrizione, respingendo il ricorso limitatamente al reato di cui al capo A.
2.Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso, con atto unico sottoscritto dal comune difensore di fiducia, i due imputati deducendo:
2.1 Violazione degli articoli 319 e 321 cod.pen. in relazione agli articoli 192 e 546 cod.proc.pen. e vizio di motivazione poiché la Corte ha compiuto un’errata valutazione in ordine alla idoneità e univocità degli atti alla commissione del reato di corruzione contestato al capo D. Non viene vinta la prova di resistenza, specifico oggetto del mandato rescindente che aveva prescritto alla Corte di merito di dimostrare che il giudizio di colpevolezza potesse reggere anche senza gli elementi di prova acquisiti illegittimamente.
A pagina 9 della sentenza la Corte di appello ha esposto in sei punti gli elementi per cui dovrebbe ritenersi condivisibile l’accusa di corruzione a carico degli imputati, ma invece di valorizzare dati precisi e concordanti, formula considerazioni congetturali.
2.2 Violazione dell’articolo 319 cod.pen. in rapporto all’articolo 318 codice penale e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del reato contestato al capo D della rubrica poiché la Sesta sezione della Corte Suprema di Cassazione, nel rigettare il ricorso proposto nell’interesse dei due imputati limitatamente alle due imputazioni di falso ex art. 476 codice penale di cui ai capi B e C della rubrica, aveva affermato come non si potesse dubitare della configurabilità dei due reati , in quanto destinati a documentare le attività compiute riconducibili alla loro funzione istituzionale. Conseguentemente in coerenza con quanto sostenuto dalla Corte Suprema, avrebbe dovuto essere contestata ai due imputati la condotta ex art. 318 cod.pen. relativa alla corruzione impropria.
2.3 Violazione dell’art. 603 cod.proc.pen. COGNOME in relazione agli articoli 358 e 495 cod.proc.pen. e mancanza assoluta di motivazione in ordine alla mancata assunzione di una prova decisiva. Lamentano i ricorrenti che non sia stata fornita alcuna risposta alla richiesta inoltrata dalla difesa degli imputati di riapertura dell’istrutt dibattimentale al fine di acquisire la rogatoria effettuata dall’ufficio di Procura sul cont corrente acceso dalla EuroKarina presso l’Alfa Bank Romania sul quale erano transitati i
96.000 C provenienti dal conto corrente dell’RAGIONE_SOCIALE. Il PM non ha mai depositato tale documentazione nonostante fosse stata acquisita dall’Ufficio e risultasse essenziale per fare chiarezza sulle opere di beneficenza effettuate nel 2013 in Romania. E’ evidente il carattere dirimente di questa prova, in quanto per il reato di corruzione tale acquisizione avrebbe potuto comportare una diversa valutazione nel momento in cui si fosse riscontrato che le somme di denaro inviate dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE erano state realmente destinate ad opere di beneficenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi proposti con unico atto dai due imputati sono inammissibili per diverse ragioni, di seguito esposte .
Deve essere ricordato che non è ammissibile un ricorso che, anziché individuare vizi di legittimità nel provvedimento impugNOME, esibisca direttamente alla Corte di cassazione elementi di prova che si pretendono evidenti e dimostrativi del vizio di errata valutazione probatoria. La Corte di cassazione non ha il compito di trarre valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, e pertanto non si può addentrare nell’esame del contenuto documentale delle stesse, neppure se riprodotte nel provvedimento impugNOME e, tanto meno, se contenute in un atto di parte.
In sede di legittimità è l’argomentazione critica che si fonda sugli elementi di prova e sulle fonti indiziarie contenuta nel provvedimento impugNOME che è sottoposta al controllo del giudice di legittimità, al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e all’esigenza della completezza espositiva (cfr. Cass. sez. 6, 13129/2008, RAGIONE_SOCIALEtano; Sez. 6, n. 40609/2008, Rv. 241214, Ciavarella). L’inammissibilità di un siffatto ricorso deriva sia dai chiarissimi limiti che il legislatore posto al sindacato di legittimità nell’art. 606 c.p.p. sia dalla necessità di non compromettere ruolo e la funzione della Corte stessa la quale, più che essere chiamata a verificare la legittimità della decisione impugnata, finirebbe con il trovarsi inevitabilmente esposta ad una diretta ed immediata conoscenza degli atti processuali con il rischio di sovrapporre illegittimamente la propria valutazione a quella di competenza del giudice di merito (Sez. 6, Sentenza n. 28703 del 20/04/2012 cit.).
Nel caso in esame, tale necessità va coniugata all’obbligo di considerare le preclusioni che sono intervenute nel corso del giudizio e i limiti al principio devolutivo derivanti dal contenuto degli atti di impugnazione e della prima sentenza di legittimità.
Ed infatti non va in questa sede trascurato che in tema di giudizio di rinvio, la cognizione del giudice riguarda il nuovo esame non solo del profilo censurato, ma anche delle questioni discendenti dalla sua rivalutazione secondo un rapporto di interferenza progressiva e dichiarate assorbite nella pronuncia di annullamento (Sez. 6, Sentenza n. 49750 del 04/07/2019 Cc. (dep. 06/12/2019 ) Rv. 277438 – 01), ma è precluso al
giudice del rinvio l’esame delle questioni ritualmente devolute al giudice di secondo grado con i motivi di appello, ma non attinte dalle censure formulate con il ricorso per cassazione, perché non sottoposte al vaglio del Giudice di legittimità o perché non rientranti tra i motivi da questo dichiarati assorbiti dalla questione sollevata e decisa. (Sez. 5 – , Sentenza n. 42329 del 20/10/2022 Ud. (dep. 09/11/2022 ) Rv. 283877 01)
Non va infatti dimenticato che ai sensi dell’art. 627 comma quarto cod. proc. pen. nel giudizio di rinvio non si possono dedurre nullità, anche assolute, verificatesi nei precedenti giudizi. Nè tali nullità possono essere dedotte quale motivo di nuovo ricorso per Cassazione, ossia come mezzo di annullamento della sentenza del giudice di rinvio, poiché la sentenza della Suprema Corte, inoppugnabile per dettato di legge, copre il dedotto e il deducibile, ivi comprese le eventuali nullità. (Sez. 1, Sentenza n. 5766 del 09/04/1999 Ud. (dep. 07/05/1999 ) Rv. 213235 – 01)
1.2 Tanto premesso, la censura in ordine alla mancata rinnovazione dell’attività istruttoria, tramite l’acquisizione della rogatoria preso la società rumena RAGIONE_SOCIALE, formulata con il terzo motivo di ricorso, non è consentita poiché non risulta che la stessa sia stata ritualmente dedotta con il primo ricorso per cassazione.
La censura è comunque manifestamente infondata poiché a pagina 7 della sentenza impugnata la Corte di appello ha reso adeguata motivazione osservando che nonostante l’estromissione delle intercettazioni telefoniche , i numerosi altri elementi probatori acquisiti al processo rendevano del tutto inutile anche l’invocata riapertura dell’istruttoria dibattimentale.
Trattasi di motivazione sintetica ma esaustiva.
1.3 Il primo motivo di ricorso, relativo all’affermazione di responsabilità dei due imputati in ordine al reato di corruzione è generico, in quanto non si confronta con le motivazioni rese al riguardo dal collegio di rinvio e neppure con quanto accertato dalla sentenza di legittimità in via definitiva e invoca una diversa valutazione del compendio probatorio, che è stato correttamente considerato dalla corte di merito , nel rispetto dei criteri di logica e delle norme di legge.
Deve premettersi che è passata in giudicato l’affermazione di responsabilità dei due imputati in ordine al sequestro di persona dei due religiosi, sicchè deve ritenersi processualmente accertato che il 13 maggio 2013 i due imputati convocarono e trattennero negli uffici della Guardia di finanza due religiosi dell’RAGIONE_SOCIALE interrogandoli su presunti reati da loro commessi inerenti all’ospedale di Casoria, falsificando alcuni verbali di interrogatorio per corroborare la pretesa ipotesi accusatoria ed intimidire le due persone offese. La Corte di merito, nel rispetto del mandato rescindente, ha confermato la responsabilità dei due imputati anche in ordine al delitto di corruzione propria, valorizzando una serie di elementi di fatto – mail e documenti
nonché l’ingente somma di denaro rinvenuti nella disponibilità del COGNOME e del COGNOME, che complessivamente considerati, anche alla luce delle inverosimili giustificazioni rese dai due ricorrenti, comprovano la prospettazione accusatoria secondo cui la condotta illecita di cui al capo A era stata retribuita in forza di un accordo con il coimputato COGNOME.
1.4 Il secondo motivo di ricorso relativo alla qualificazione giuridica della condotta ascritta ai due imputati come corruzione impropria piuttosto che come corruzione propria è manifestamente infondato.
In tema di corruzione propria sono atti contrari ai doveri d’ufficio non soltanto quelli illeciti (siccome vietati da atti imperativi) o illegittimi (perché dettati da norme giuridic riguardanti la loro validità ed efficacia), ma anche quelli che, pur formalmente regolari, prescindono, per consapevole volontà del pubblico ufficiale ( o dell’incaricato di pubblico servizio), dall’osservanza dei doveri istituzionali, espressi in norme di qualsiasi livello, compresi quelli di correttezza e d’imparzialità. Ne consegue, ai fini della distinzione tra corruzione propria ed impropria, che nella prima il pubblico ufficiale, violando anche il solo dovere di correttezza, connota l’atto di contenuto privatistico, così perseguendo esclusivamente o prevalentemente, l’interesse del privato corruttore; nella seconda, invece,i1 pubblico ufficiale, che accetta una retribuzione per l’unico atto reso possibile dalla sue attribuzioni, viola soltanto il dovere di correttezza. (Sez. 6, Sentenza n. 3388
del 04/12/2002 Ud. (dep. 23/01/2003 ) Rv. 224056 – 01; Sez. 6, Sentenza n. 16672 del 02/02/2023 Ud. (dep. 19/04/2023 ) Rv. 284611 – 01) Nel caso in esame è stato accertato che i due imputati, abusando del proprio ruolo istituzionale e per soddisfare le esigenze private del coimputato COGNOME, hanno eseguito il sequestro di due persone, indebitamente prelevate e trattenute In caserma e separatamente ascoltate operando una coazione morale ed una effettiva lesione della libertà di locomozione dei due religiosi. Dalla sentenza rescindente si evince che i due odierni ricorrenti “diedero corpo ad un incombente del tutto estraneo alle loro competenze, imperniato nell’esecuzione su presunti fatti di reato e trascurandone al contempo la verbalizzazione”.
Va peraltro osservato che detto motivo di ricorso non avrebbe potuto neppure ritenersi consentito, poiché la diversa qualificazione giuridica non è stata invocata con i motivi di appello e, involgendo questioni di fatto che esulano dal giudizio di legittimità, non avrebbe potuto essere formulato per la prima volta con i motivi di ricorso, come è invece accaduto.
2.In forza delle argomentazioni che precedono si impone la dichiarazione di inammissibilità dei due ricorsi con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma che si reputa congruo liquidare in euro 3000 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
L’inammissibilità dei ricorsi preclude la possibilità di rilevare eventuali cause estintive del reato, quali la prescrizione, che possano essere maturate nel corso del giudizio di Cassazione
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Roma 21 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
COGNOME
Il President
NOME COGNOME la Borsellino
COGNOME
NOME COGNOME