Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8326 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8326 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Palermo il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/07/2023 della CORTE di APPELLO di PALERMO
Esaminati gli atti, il provvedimento impus;jnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME:CHIO;
dato atto che si procede nelle forme di cui all’art. 23, comma 8, d.l. n.137 del 2020 conv. in I. n. 176 del 2020;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza del 13/07/2023 la Corte di Appello di Palermo, pronunciando in sede di rinvio, a seguito di annullamento nei confronti di NOME COGNOME della sentenza della Corte di Appello di Palermo emessa il 24/11/2012, limitatamente al capo 35), ha riqualificato il reato ai sensi del comma 4 dell’art. 73 d.p.r. 309/90 rideterminando la pena, in parziale riforma della sentenza di primo grado, pronunciata dal Gup del Tribunale di Palermo il 25/11/2020.
In sintesi, secondo la decisione rescindente, al COGNOME era stato contestato con il capo 35 della imputazione di aver ceduto a NOME COGNOME sostanza
stupefacente di tipo cocaina del valore di almeno 400 euro; pur reputandosi inammissibile il ricorso per genericità del motivo, nella parte relativa all’assunto secondo cui l’oggetto della cessione non avrebbe riguardato sostanza stupefacente, si era ritenuto, invece, fondato il tema attinente al tipo di droga nell’occasione ceduta dall’imputato, per omessa motivazione sul punto, essendosi la corte territoriale limitata a riportare il contenuto di una conversazione intercettata, priva di riferimenti espliciti alla cocaina.
La Corte di appello, quale giudice del nuovo giudizio, ha riscontrato che, in effetti, rispetto al capo 35, «nessuna espressione univoca o dirimente – dalla quale ritenere la natura pesante dello stupefacente ceduto da COGNOME a COGNOME è stata intercettata, ben potendo l’importo di euro 400,00 riferirsi altresì a droghe leggere», per cui «in ossequio al principio del favor rei» ha proceduto alla riqualificazione del reato ai sensi dell’art. 73, comma 1 e 4 d.p.r. 309/90.
Avverso la sentenza di rinvio propone nuovamente ricorso per cassazione l’imputato, sulla base di quattro motivi, eccependosi violazione di legge e vizio di motivazione in ordine:
all’accertamento di responsabilità, posto che le conversazioni intercettate non facevano riferimento a sostanza stupefacente, sì da non giustificarsi la condanna per il capo 35), ancorché ai sensi del comma 4 dell’art. 73 d.p.r. 309/90;
alla mancata applicazione del comma 5 dell’art. 73 d.p.r. 309/90, sfuggendo all’analisi del giudice di appello il dato quantitativo della sostanza;
all’applicazione della recidiva, sulla base esclusivamente dei precedenti penali;
al trattamento sanzionatorio, in quanto non erano stati determinati gli aumenti per i singoli reati e, conseguentemente, l’effetto di mitigazione della pena conseguente alla riqualificazione del reato.
I motivi di ricorso sono estranei al giudizio di rinvio, avendo la sentenza rescindente già definito le relative questioni, ritenendo l’impugnazione a riguardo inammissibile («il motivo di ricorso è inammissibile, perché strutturalmente generico, nella parte relativa all’assunto secondo cui l’oggetto della cessione non avrebbe riguardato sostanza stupefacente», pagina 6; «il ricorso è inammissibile quanto ai residui motivi, relativi al mancato riconoscimento della fattispecie di cui al comma 5 dell’art. 73 cit., alla ritenuta recidiva e agli aumenti di pena inflitti continuazione», par. 4.2. pag. 6).
La riqualificazione del capo 35, in senso più favorevole al ricorrente, ha comportato una rideterminazione della pena, assimilandosi l’aumento per il capo 35) a quello degli gli altri capi aventi ad oggetto sostanza stupefacente di tipo
leggero, nel rispetto dei criteri di legge, in ragione del limite minimo di aumento, conseguente all’applicazione della recidiva prevista dall’art. 99, comma quarto, cod. pen. (pag. 3 della sentenza impugnata).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 02/02/2024
Il Consigliere estensore
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Il Pres ente