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Ricorso inammissibile: i limiti del giudizio di rinvio

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile in un caso di spaccio. L’imputato, dopo aver ottenuto una riqualificazione del reato in appello a seguito di rinvio, ha riproposto motivi di ricorso già respinti dalla precedente sentenza di Cassazione. La Corte ha ribadito che il giudizio di rinvio è limitato ai punti annullati, e le questioni già decise non possono essere riesaminate.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: i Limiti Imposti dalla Precedente Sentenza di Cassazione

La sentenza n. 8326/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di rinvio e sulle conseguenze di un ricorso inammissibile. Quando un imputato tenta di riproporre questioni già esaminate e definite in un precedente grado di giudizio, la Corte Suprema non può fare altro che dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione. Questo caso dimostra come il principio di definitività delle decisioni giudiziarie prevalga, impedendo di rimettere in discussione all’infinito la stessa questione.

Il Caso in Esame: Dalla Riqualificazione del Reato al Nuovo Ricorso

La vicenda processuale ha origine da una condanna per cessione di sostanza stupefacente, specificamente cocaina, per un valore di circa 400 euro. In un primo ricorso per cassazione, la difesa aveva ottenuto un annullamento con rinvio della sentenza d’appello. Il motivo dell’annullamento era circoscritto a un punto specifico: la motivazione era carente riguardo alla prova che la sostanza ceduta fosse effettivamente cocaina (droga pesante), poiché le intercettazioni telefoniche non contenevano riferimenti espliciti.

La Corte di Appello, in sede di rinvio, applicando il principio del favor rei, ha quindi riqualificato il reato ai sensi dell’art. 73, commi 1 e 4, d.p.r. 309/90, ritenendo che l’importo di 400 euro potesse riferirsi anche a droghe leggere. Di conseguenza, ha rideterminato la pena in senso più favorevole all’imputato. Nonostante ciò, l’imputato ha proposto un nuovo ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni.

I Motivi del Ricorso Ritenuto Inammissibile

Nel nuovo ricorso, la difesa ha tentato di rimettere in discussione l’intero impianto accusatorio, sollevando quattro motivi:

1. Sulla responsabilità: Si sosteneva che le intercettazioni non provassero affatto la cessione di stupefacenti, mettendo in dubbio la sussistenza stessa del reato.
2. Sulla qualificazione del fatto: Si chiedeva l’applicazione della fattispecie di lieve entità (comma 5 dell’art. 73), contestando l’analisi del dato quantitativo.
3. Sull’applicazione della recidiva: Si criticava l’aumento di pena basato esclusivamente sui precedenti penali.
4. Sul trattamento sanzionatorio: Si lamentava la mancata determinazione specifica degli aumenti di pena per i singoli reati.

Questi motivi, tuttavia, si sono scontrati con un ostacolo insormontabile: erano già stati esaminati e dichiarati inammissibili dalla precedente sentenza di cassazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in toto, spiegando in modo chiaro che i motivi proposti erano estranei all’oggetto del giudizio di rinvio. La prima sentenza di Cassazione (la sentenza rescindente) aveva già definito in modo irrevocabile tutte le questioni ora riproposte. Aveva infatti stabilito che il motivo relativo all’esistenza stessa della cessione di droga era generico e quindi inammissibile. Allo stesso modo, aveva già dichiarato inammissibili i motivi riguardanti la mancata applicazione del comma 5 dell’art. 73 e quelli sulla recidiva e la continuazione.

L’unico punto demandato al giudice del rinvio era la determinazione del tipo di sostanza stupefacente. Una volta che la Corte d’Appello ha adempiuto a tale compito, riqualificando il reato in senso favorevole all’imputato, il perimetro del giudizio si è esaurito. Tentare di riaprire questioni già coperte da una decisione definitiva costituisce un abuso del diritto di impugnazione. La Cassazione ribadisce che il giudizio di rinvio non è una nuova occasione per ridiscutere l’intera vicenda, ma è strettamente vincolato ai punti specifici per i quali è stato disposto l’annullamento.

Le Conclusioni

La decisione evidenzia un principio fondamentale della procedura penale: la progressiva formazione del giudicato. Le questioni esaminate e definite con una sentenza di Cassazione non possono essere più messe in discussione nelle fasi successive dello stesso procedimento. Un ricorso inammissibile come quello in esame non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questa sentenza serve da monito sull’importanza di concentrare le proprie difese sui punti effettivamente aperti alla discussione, senza tentare di aggirare decisioni già divenute irrevocabili.

Perché il primo ricorso per cassazione era stato parzialmente accolto?
Il ricorso era stato accolto solo riguardo al tipo di sostanza stupefacente. La Corte aveva ritenuto che mancasse la prova che si trattasse di cocaina, poiché le intercettazioni non lo specificavano, aprendo alla possibilità che fossero droghe leggere.

Cosa ha reso il secondo ricorso inammissibile?
Il secondo ricorso è stato dichiarato inammissibile perché riproponeva questioni (sulla responsabilità, sull’applicazione dell’ipotesi di lieve entità e sulla recidiva) che la precedente sentenza di cassazione aveva già giudicato inammissibili per genericità, e che quindi erano già state definite.

Qual è il limite principale del giudizio di rinvio in questo caso?
Il giudizio di rinvio era limitato esclusivamente alla riqualificazione del reato in base al tipo di droga. Non poteva riesaminare altri aspetti della sentenza, come la responsabilità dell’imputato o la recidiva, perché tali punti erano già stati coperti dalla decisione definitiva della prima sentenza di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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