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Ricorso inammissibile: i limiti del giudizio di pena

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto aggravato. La Corte chiarisce che la determinazione della pena, se prossima al minimo edittale, è insindacabile in sede di legittimità. Inoltre, il motivo sulle attenuanti generiche è stato ritenuto infondato poiché queste erano già state concesse e bilanciate in equivalenza con le aggravanti dal giudice di merito.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Controllo sulla Pena

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti del sindacato della Corte di Cassazione in materia di determinazione della pena e di concessione delle circostanze attenuanti. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha dichiarato un ricorso inammissibile, ribadendo principi consolidati e ponendo un freno ai tentativi di trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito. Il caso riguarda un individuo condannato per tentato furto aggravato che si era rivolto alla Cassazione lamentando un’eccessiva severità della sanzione e il mancato riconoscimento delle attenuanti.

I Fatti del Processo

Un soggetto, dopo essere stato condannato sia in primo che in secondo grado per il reato di tentato furto aggravato ai sensi degli artt. 56, 624 e 625 del codice penale, ha deciso di proporre ricorso per cassazione. La condanna inflitta dalla Corte d’Appello di Bologna confermava una pena di quattro mesi di reclusione e 140,00 euro di multa.

I Motivi del Ricorso e le Obiezioni della Difesa

La difesa dell’imputato ha basato il ricorso su due specifici motivi, entrambi volti a ottenere una riduzione della pena:

1. Violazione dell’art. 62-bis cod. pen.: Si lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, considerate un elemento fondamentale per mitigare la sanzione.
2. Violazione dell’art. 133 cod. pen.: Si contestava l’eccessiva entità del trattamento sanzionatorio, ritenuto sproporzionato rispetto ai fatti commessi.

In sostanza, l’appellante chiedeva alla Corte di Cassazione di rivalutare le decisioni dei giudici di merito sulla quantificazione della pena.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una netta distinzione tra il giudizio di merito, riservato ai primi due gradi di giudizio, e il giudizio di legittimità, proprio della Cassazione.

L’Errore di Valutazione sulle Attenuanti Generiche

Sul primo punto, la Corte ha evidenziato come il motivo fosse manifestamente infondato. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, i giudici di merito avevano effettivamente riconosciuto le circostanze attenuanti generiche. Tuttavia, avevano operato un “giudizio di equivalenza” rispetto alle circostanze aggravanti contestate. Questa operazione, pienamente legittima, ha comportato che le attenuanti e le aggravanti si annullassero a vicenda, senza incidere sulla pena base. La doglianza, quindi, nasceva da un’errata interpretazione della sentenza impugnata.

I Confini del Giudizio sul Trattamento Sanzionatorio

Ancora più significativo è il ragionamento sul secondo motivo. La Corte ha ribadito un principio cardine: la determinazione della misura della pena rientra nell’ambito del potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere è insindacabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente assente, contraddittoria o illogica. La Corte ha precisato che una motivazione specifica e dettagliata è richiesta solo quando la pena si discosta notevolmente dai minimi edittali, avvicinandosi al massimo. Nel caso di specie, la pena inflitta era media o prossima al minimo, rendendo la scelta del giudice di merito implicitamente basata sui criteri dell’art. 133 c.p. e, pertanto, non censurabile in Cassazione.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla natura stessa del giudizio di cassazione, che è un controllo sulla corretta applicazione della legge (errori in iudicando o in procedendo) e non una nuova valutazione dei fatti. I motivi proposti dall’imputato, pur essendo formalmente presentati come violazioni di legge, miravano in realtà a ottenere una nuova e più favorevole ponderazione degli elementi di fatto, attività preclusa alla Corte di Cassazione. La manifesta infondatezza del primo motivo e l’inammissibilità del secondo hanno condotto a una declaratoria di inammissibilità totale del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma che il ricorso per cassazione non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per contestare la congruità della pena, se non in casi eccezionali di palese illegalità o irragionevolezza della motivazione. La scelta del trattamento sanzionatorio, specialmente quando orientata verso i minimi previsti dalla legge, è espressione della discrezionalità del giudice di merito. La decisione serve da monito: i ricorsi basati su censure non consentite in sede di legittimità non solo vengono respinti, ma comportano anche conseguenze economiche per chi li propone.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non erano validi per un esame in sede di legittimità. Un motivo era manifestamente infondato, dato che le attenuanti generiche erano state concesse e bilanciate, mentre l’altro riguardava la misura della pena, una valutazione discrezionale del giudice di merito non sindacabile in Cassazione quando la pena è prossima al minimo.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena inflitta?
Sì, ma solo in casi limitati. La contestazione è ammissibile solo se la pena è prossima al massimo edittale o se la motivazione del giudice è totalmente assente, manifestamente illogica o contraddittoria. Non è possibile se la pena è vicina al minimo e la scelta del giudice appare ragionevole.

Cosa significa che le attenuanti generiche sono state giudicate ‘equivalenti’ alle aggravanti?
Significa che il giudice ha riconosciuto l’esistenza sia di circostanze che avrebbero diminuito la pena (attenuanti) sia di circostanze che l’avrebbero aumentata (aggravanti), ma le ha considerate di pari peso. Di conseguenza, i loro effetti si annullano a vicenda e la pena viene calcolata partendo dalla pena base prevista per il reato, senza aumenti né diminuzioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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