Ricorso inammissibile: quando la Cassazione non può riesaminare i fatti
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di una richiesta volta a ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. Analizziamo questa decisione per comprendere meglio i confini tra giudizio di fatto e giudizio di diritto.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di un imputato per il reato di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, previsto dall’art. 497-bis del codice penale. La condanna, pronunciata in primo grado, era stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due questioni principali: la presunta prescrizione del reato e una serie di critiche relative alla valutazione delle prove e alla ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito.
La Decisione della Corte: Focus sul Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi distinti, che hanno portato a rigettare integralmente le doglianze della difesa.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni del ricorrente, evidenziando la loro manifesta infondatezza e la loro natura puramente fattuale.
L’infondatezza dell’eccezione di prescrizione
Il primo motivo di ricorso, relativo alla prescrizione, è stato liquidato come palesemente infondato. I giudici hanno chiarito che, tenendo conto della data di consumazione del reato (2 marzo 2016) e della recidiva reiterata contestata all’imputato, il termine massimo di prescrizione era di dodici anni e sei mesi. Di conseguenza, al momento della decisione, tale termine non era affatto maturato.
L’inammissibilità delle censure di fatto
Il cuore della decisione risiede nella valutazione del secondo motivo di ricorso. La Corte ha osservato come le censure mosse dall’imputato fossero “completamente versate in fatto”. In altre parole, il ricorrente non contestava una violazione di legge o un vizio logico della motivazione, ma cercava di ottenere un “inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale”. La difesa, infatti, proponeva una ricostruzione dei fatti alternativa a quella dei giudici di merito, senza però allegare specifici “travisamenti di prove”, ossia senza dimostrare che i giudici avessero fondato la loro decisione su prove inesistenti o palesemente distorte. La Corte ha ricordato che il suo ruolo è quello di giudice della legittimità, non di giudice del fatto. Pertanto, in presenza di una motivazione coerente, priva di illogicità macroscopiche e correttamente fondata sulla legge, ogni tentativo di rimettere in discussione l’accertamento fattuale è destinato a fallire.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre una lezione fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Il ricorso deve essere rigorosamente ancorato a questioni di diritto: violazioni di norme, vizi procedurali o difetti manifesti della motivazione. Proporre un ricorso basato su una diversa lettura delle prove o su una ricostruzione alternativa dei fatti equivale a chiedere alla Corte di svolgere un compito che non le compete, con la conseguenza quasi certa di veder dichiarato il proprio ricorso inammissibile e di essere condannati a ulteriori spese.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte erano interamente basate su questioni di fatto, chiedendo alla Corte di Cassazione una nuova valutazione del merito della vicenda, compito che esula dalle sue funzioni di giudice di legittimità.
L’eccezione di prescrizione del reato era fondata?
No, la Corte ha ritenuto l’eccezione manifestamente infondata. Considerando la data del reato e la recidiva reiterata dell’imputato, il termine massimo di prescrizione di dodici anni e sei mesi non era ancora trascorso.
Cosa si può contestare con un ricorso per cassazione?
Con un ricorso per cassazione si possono contestare unicamente errori di diritto, come la violazione o l’errata applicazione della legge penale, oppure vizi della motivazione della sentenza, quali la sua mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità. Non è possibile chiedere una diversa ricostruzione dei fatti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31043 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31043 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BRINDISI il 18/10/1955
avverso la sentenza del 23/09/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’impugnata sentenza, la Corte di appello di Lecce ha confermato la pronuncia di primo grado, con la quale COGNOME NOME era stato ritenuto responsabile del reato di cu all’art. 497-bis cod. pen.;
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore;
che la censura relativa alla presunta prescrizione del reato è manifestamente infondata, atteso che il reato è stato consumato il 2 marzo 2016 e il termine massimo di prescrizione considerata la recidiva reiterata, è di anni dodici e mesi sei; che nel resto l’unico motivo di r è completamente versato in fatto, avendo il ricorrente articolato generiche censure che sono all’evidenza dirette a ottenere un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettu dalla Corte territoriale e una pronuncia su una diversa ricostruzione dei fatti, al di dell’allegazione di specifici travisamenti di prove (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Rv. 216260 n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944), ed in presenza, comunque, di un apparato motivazionale che non si espone a rilievi di carenza o di illogicità di macroscopica evidenza (Sez. U, n. 24 d 24/11/1999, Rv. 214794), né di inesatta applicazione della legge penale, come evincibile dal tenore delle argomentazioni esposte nella sentenza impugnata;
che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 9 luglio 2025
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Il Consigliere estensore
Il Presidente,