Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando i Motivi di Fatto Non Bastano
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Quando un imputato presenta un ricorso inammissibile, basato su contestazioni relative alla valutazione dei fatti o alla discrezionalità del giudice, la Corte non può fare altro che respingerlo. Analizziamo un caso emblematico che chiarisce i confini tra il giudizio di merito e quello di legittimità.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per i reati di cui agli articoli 81 (reato continuato) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale) del Codice Penale. La condotta specifica contestata era una minaccia posta in essere con un coltello dalla lama appuntita e affilata, lunga 6 cm. La sentenza di condanna, emessa dalla Corte d’Appello, veniva impugnata dall’imputato dinanzi alla Corte di Cassazione.
I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte
L’imputato basava il suo ricorso su due punti principali: la presunta erroneità del giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e la recidiva, e la contestazione sulla determinazione della pena. In sostanza, il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello non avesse motivato adeguatamente le sue decisioni su questi aspetti, chiedendo di fatto un riesame delle valutazioni discrezionali del giudice di merito.
La Decisione sul Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara spiegazione dei limiti del proprio potere di revisione. I giudici supremi hanno sottolineato che i motivi presentati non erano consentiti in sede di legittimità, in quanto si traducevano in “mere doglianze in punto di fatto”. La Corte ha constatato che la motivazione della sentenza impugnata era, al contrario, completa, logica e priva di vizi.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte territoriale, secondo la Cassazione, aveva correttamente e logicamente motivato le proprie scelte. Sia il giudizio di equivalenza delle circostanze (ex art. 69 c.p.) sia la dosimetria della pena erano stati ritenuti congrui. Questa valutazione si basava su due elementi chiave: la gravità oggettiva del fatto (la minaccia con un coltello) e la personalità del ricorrente, già gravato da numerosi precedenti per reati caratterizzati da condotte minacciose o violente. Inoltre, la pena inflitta era stata definita “assai prossima al minimo edittale”, dimostrando una valutazione tutt’altro che eccessivamente punitiva. Di fronte a una motivazione adeguata e non illogica, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di sindacato, poiché ciò significherebbe invadere la sfera di valutazione riservata esclusivamente al giudice di merito.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza conferma un principio cardine: la Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti o le valutazioni discrezionali del giudice. Il suo compito è garantire l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge (ius constitutionis e ius litigatoris). Un ricorso che si limita a contestare l’apprezzamento delle prove o la congruità della pena, senza individuare un vizio di legittimità (come una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica), è destinato a essere dichiarato inammissibile. Per l’imputato, ciò comporta non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Perché i motivi presentati dal ricorrente non contestavano vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma si limitavano a criticare la valutazione dei fatti e le scelte discrezionali del giudice di merito, come il bilanciamento delle circostanze e la quantificazione della pena.
Cosa significa che i motivi del ricorso erano ‘mere doglianze in punto di fatto’?
Significa che le lamentele del ricorrente riguardavano la ricostruzione e l’interpretazione dei fatti del processo, un’attività che è di esclusiva competenza dei giudici di primo e secondo grado (giudici di merito) e che non può essere riesaminata dalla Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione può modificare la pena decisa dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può modificare la pena se la decisione del giudice di merito è supportata da una motivazione logica, completa e non contraddittoria. Può intervenire solo se la motivazione è assente, palesemente illogica o se il giudice ha commesso un errore di diritto nel calcolarla.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26491 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26491 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/10/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso avverso la condanna per i reati di cui agli artt. 81 e 337 cod. pen. – e relativi al giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche rispetto alla ritenuta recidiva e alla determinazione della pena – non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto ed incentrati sulla denuncia del vizio di omessa motivazione che la lettura del provvedimento impugnato rivela essere completa e logicamente ineccepibile e dalla quale si evince l’insussistenza dei dedotti vizi di motivazione;
Rilevato che la Corte territoriale ha, in modo non illogico e alla luce della obiettiva gravità del fatto (minaccia posta in essere con un coltello con lama appuntita e affilata lunga 6 cm.) e della personalità del ricorrente (gravato da numerosi precedenti per reati connotati da condotta minacciosa e/o violenta), ritenuti congrui sia il giudizio di equivalenza ex art. 69 cod. pen., sia la dosimetria della pena, irrogata “in misura assai prossima al minimo edittale”. Trattasi di motivazione adeguata e dunque insindacabile in questa sede;
Considerato che all’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene conforme a giustizia liquidare come in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 28 giugno 2024
Il Consigliere retore
Il Presi ente