Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23628 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23628 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN NOME VESUVIANO il 22/05/1990
avverso la sentenza del 04/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME c denuncia la violazione dell’art. 601 cod. proc. pen. per tardivo inoltro alla difesa conclusioni assunte dal Procuratore generale, è manifestamente infondato, in quanto, secondo il più recente e condivisibile orientamento di questa Corte di legittimità, nel giudizio di celebrato con le forme previste dall’art. 23-bis d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, la mancata trasmissione, in vi telematica, al difensore dell’imputato delle conclusioni del Procuratore Generale non integ una nullità per violazione del diritto di difesa, in quanto, per il carattere tassativo delle per l’assenza di una specifica sanzione processuale, è necessario indicare il concret pregiudizio derivato alle ragioni difensive (ex multis, cfr. Sez. 2, n. 49964 del 14/11/2023, Corridore, Rv. 285645 – 01; Sez. 7, n. 32812 del 16/03/2023, COGNOME, Rv. 285331 – 01; Sez. 6, n. 30146 del 28/04/2023, COGNOME, Rv. 285040 – 01), pregiudizio che, nella specie il ricorrente non ha nemmeno allegato;
rilevato che il secondo motivo, che deduce la violazione di legge e il vizio di motivazion inammissibile, sia nella parte in cui contesta in maniera del tutto generica l’affermazione d penale responsabilità, perché non si correla con la diffusa motivazione addotta dalla Corte merito (cfr. p. 4-6 della sentenza impugnata), sia laddove invoca l’applicazione dell’ar comma 2-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, dal momento che tale norma, diversamente da quanto opinato dal ricorrente, è stata applicata sin dal primo grado, in quanto la pena inflitta, un anno e sei mesi di reclusione, corrisponde, appunto, al minimo edittale comminato dal comma 2-bis in parola;
rilevato che il terzo motivo, che eccepisce la violazione di legge in relazione al r dell’istruttoria dibattimentale mediante l’acquisizione dell’interrogatorio reso dall’impu ex art. 415-bis cod. proc. pen., è manifestamente infondato, avendo la Corte di merito osservato per un verso, che il verbale di interrogatorio nemmeno era stato allegato all’atto di appell modo che se ne potesse valutare la rilevanza, e, per altro verso, e in maniera dirimente, che quadro probatorio era comunque esaustivo e non necessitava di ulteriori integrazioni; su punto, il motivo è generico, perché non indica in che modo le dichiarazioni rese dall’imputato sede di interrogatorio avrebbero inciso, eventualmente disarticolandola, sulla motivazione;
NOME•
rilevato che il tpito motivo, che censura la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al diniego delle circostanze ex art. 62-bis cod. pen., è inammissibile, in quanto, rammentato che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia c anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., cons preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (ex multis, cfr. Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv.
Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899), la Corte di merito, con una valutazione fatto non manifestamente illogica e quindi non censurabile ha ravvisato, quale element
ostativo a una mitigazione della pena (peraltro inflitta nel minimo edittale), la concreta del fatto, in considerazione del numero elevato di fatture per operazioni inesistenti util
nella dichiarazione, e, in ogni caso, non essendo presenti elementi valorizzabili a tale sc elementi nemmeno puntualmente indicati dal ricorrente, che ha fatto generico riferimento al
personalità dell’imputato e al contesto e culturale in senso ampio;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisa assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 1
del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000
euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 13 giugno 2025.