Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22872 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22872 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/09/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
considerato che i primi due motivi di ricorso, con i quali si contesta l’affermazione in ordine alla penale responsabilità in ragione della mancanza di prova dell’individuazione dell’imputato quale autore delle rapine, non sono consentiti in sede di legittimità;
che, invero, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali tali da imporre diversa conclusione del processo;
che, in particolare, non sono consentite tutte le doglianze che censurano la persuasività, l’adeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, dell credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento;
che, di contro, le doglianze difensive tendono a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato di legittimità e avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente esplicitato, con argomentazioni esenti da criticità giustificative, le ragioni del loro convincimento, non sindacabili in questa sede (si vedano, in particolare, pagg. 6 – 8);
ritenuto che anche il terzo motivo, in punto di trattamento sanzioNOMErio e circostanziale, non è specifico né consentito in quanto, trattandosi di esercizio della discrezionalità attribuita al giudice del merito, il relativo onere argomentativo è stato adeguatamente assolto (si vedano pagg. 8 e 9);
che, quanto alla graduazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena inferiore alla media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione, potendosi ritenere sufficiente il richiamo agli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. ritenuti decisivi o rilevanti ovvero l’utilizzo di espressioni del tipo “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”;
che, inoltre, la soluzione dell’equivalenza può ritenersi congruamente motivata laddove il giudice del merito si sia limitato a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto ovvero abbia fatto riferimento anche ad uno solo dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen.;
2
osservato che l’ultimo motivo, inerente al coinvolgimento dell’imputato nel reato presupposto alla ricettazione, è privo dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen.;
che, invero, la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per l’assenza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, queste non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente vagliato e disatteso, con corretti argomenti logici e giuridici (Sez. 2, n. 46637 del 12/09/2019, COGNOME Cheng, Rv. 277594), le doglianze difensive dell’appello, meramente riprodotte in questa sede (si veda pag. 9);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 28 maggio 2024.