Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22191 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22191 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/06/2023 della Corte d’appello di Ancona
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale genericamente si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla prova posta a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, prospettando un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260-01);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, rispondendo alle medesime doglianze in fatto già oggetto di appello, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della
dichiarazione di responsabilità dell’imputato e della sussistenza dei reati contestati (si vedano, in particolare, le pagg. 3 e 4 sulla coerenza delle dichiarazioni della persona offesa rispetto al nucleo essenziale della vicenda narrata e sui relativi riscontri);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si censura la sentenza impugnata per violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei presupposti applicativi della contestata recidiva, non risulta essere stato previamente dedotto come motivo di appello con evidente interruzione della catena devolutiva poiché, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi sistematicamente non consentita (non soltanto per le violazioni di legge, per le quali vedi espressamente l’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.) la proponibilità per la prima volta in sede di legittimità di questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento a un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello;
osservato che il terzo motivo di ricorso, con il quale si lamenta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, è manifestamente infondato poiché, secondo il principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, nel motivare il diniego delle predette attenuanti, non è necessario che il giudice di merito prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente un congruo riferiment agli elementi negativi ritenuti decisivi o rilevanti ovvero all’assenza di elementi positivi, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione, come avvenuto nella specie (si veda, in particolare, la pag. 5);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 23 aprile 2024.