Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 876 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 876 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 08/07/1974
avverso la sentenza del 05/04/2024 della Corte d’appello di Roma
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di motivazione in relazione alla mancata derubricazione della fattispecie della rapina impropria ascritta all’odierno ricorrente in quella di furto aggravato, non risult connotato dai requisiti, richiesti, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 5 comma 1, lett. c), cod. proc. pen., poiché fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (si veda, in particolare, la pag. 2 dell’impugnata sentenza), dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con le ragioni poste a base della ritenuta integrazione da parte del ricorrente del delitto a lui attribuito, e dunque non specifici ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che la suddetta censura risulta anche non consentita in questa sede, perché, pur avendo formalmente lamentato un vizio motivazionale, invero, il ricorrente ha
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contestato una decisione sbagliata, perché fondata su una valutazione errata del materiale probatorio, prospettando così una diversa interpretazione delle risultanze processuali, una differente ricostruzione storica dei fatti e un diverso giudizio di rilevanza e di attendibilità delle fonti di prova, dovendosi invece ribadir che esula dal giudizio di legittimità la “rilettura” degli elementi di fatto post fondamento della decisione, il cui apprezzamento è, in via esclusiva, riservato al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944), e che è precluso alla Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre: Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
che, in conclusione, nel caso di specie, a fronte di una motivazione esente dai vizi contestati, la qualificazione giuridica del fatto, come accertato dai giudici merito – sulla base delle dichiarazioni fornite dall’addetto alla sicurezza e delle immagini estrapolate dall’impianto di videosorveglianza dell’esercizio commerciale – risulta corretta, avendo i giudici di appello fatto congrua applicazione dei principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 14901 del 19/03/2015, COGNOME, Rv. 263307-01; Sez. 2, n. 3366 del 18/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255199-01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024.