Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19285 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19285 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a PIACENZA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a PIACENZA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/01/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della pronuncia resa dal Tribunale in sede, ne ha confermato la condanna per i reati di cui all’art. 455 c.p. per come rispettivamente ascritti, tuttavia rideterminando il trattamento sanzionatorio inflitto nonché revocando la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici al NOME e al COGNOME e concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena al secondo.
Rilevato che il difensore del COGNOME ha depositato memoria a sostegno dei motivi di ricorso relativi al denegato riconoscimento dell’esimente di cui all’art. 131-bis c.p. e dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p.
Considerato che il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse del COGNOME, con cui si deduce violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in capo all’imputato, è indeducibile in quanto, nel reiterare le argomentazioni già svolte in sede di appello, di fatto sollecita una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, con i quali per di più dialoga solo parzialmente, specie per quanto attiene alla decisività dei documentati rapporti intrattenuti tra il ricorrente e i coimputati; dovendosi in tal senso ribadire che alla Corte di cassazione è precluso, non solo sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (ex multis Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260).
Considerato che il secondo e il terzo motivo del ricorso relativo alla posizione del COGNOME, con i quali si denunziano violazione di legge e vizi di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti di cui agli artt. 62 n. 4 c.p. e 114 c.p., sono indeducibili in quanto eminentemente versati in fatto, nonché reiterativi delle doglianze già prospettate in sede di appello ed ivi congruamente disattese, avendo la Corte territoriale suffragato la propria decisione sulla base di una pluralità di elementi ostativi al riconoscimento di tali circostanze tra cui, da un lato, l’importanza del traffico illecito oggetto di contestazione e, dall’altra, la no marginalità del contributo fornito dall’imputato in quanto partecipe ad uno degli incontri decisivi rispetto alla realizzazione del disegno criminoso, argomentazioni con cui il ricorso non si confronta adeguatamente.
Considerato che il quarto motivo del ricorso proposto nell’interesse del COGNOME, con cui si lamentano violazione di legge e assenza di motivazione in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., è manifestamente infondato in quanto non si confronta con la motivazione adottata dai giudici dell’appello, i quali, con argomentazioni esenti da vizi logicoargomentativi, hanno negato la sussistenza, anche con riguardo alla posizione del COGNOME, dei presupposti per l’adozione dell’istituto in ragione, tra l’altr dell’importanza del traffico illecito, dovendosi invero ribadire che, ai fin dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferiment ai criteri di cui all’art. 133 c.p., ma non è necessaria la disamina di tutti gli element di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevan (ex multis Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044).
Considerato che il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse del COGNOME, con cui si lamentano violazione di legge e vizi di motivazione – anche sotto il profilo del travisamento della prova – in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, non è ammissibile in questa sede in quanto, nel prospettare una diversa ricostruzione dei fatti nonché un giudizio alternativo sulla rilevanza e sull’attendibilità delle prove, non tiene conto del fatto che, come già ricordato in precedenza, è fatto divieto alla Corte di cassazione sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, avendo anzi i giudici dell’appello dato atto, con motivazione esente da vizi logico-argomentativi, delle ragioni del proprio convincimento facendo applicazione di corretti argomenti giuridici, specie con riferimento alla solidità del compendio probatorio, invero integrato da plurime intercettazioni telefoniche attestanti il pieno coinvolgimento dell’imputato nella perpetrazione del delitto.
Considerato che il secondo motivo del ricorso relativo alla posizione del COGNOME, il quale denunzia violazione di legge in relazione alla ritenuta consapevolezza, in capo all’imputato, della falsità delle banconote al momento della loro ricezione, nonché alla sussistenza del dolo specifico richiesto per l’integrazione del reato, è indeducibile in questa sede, non solo in quanto eminentemente versato in fatto, ma anche perché teso ad ottenere una diversa ricostruzione della dinamica dei fatti la quale tuttavia rimane estranea al sindacato di questa Corte, essendo già stata oggetto di coerente e compiuta disamina da parte dei giudici di merito, né il ricorrente è stato in grado di evidenziare profili effettiva e manifesta illogicità dell’apparato argomentativo dispiegato in sentenza. /1 7)
Considerato che il terzo motivo del ricorso proposto nell’interesse del COGNOME, con cui si deducono violazione di legge e vizi di motivazione in ordine al denegato riconoscimento delle attenuanti di cui agli articoli 62 n. 4 c.p. e 62 bis c.p. è manifestamente infondato in quanto, se con riguardo alla prima i giudici dell’appello hanno ineccepibilmente argomentato circa la rilevanza del danno criminale per come globalmente inteso e con tale motivazione il ricorso non si è confrontato -, per le seconde vale il principio, di cui a consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo il quale non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisi o comunque rilevanti – tra cui, nel caso di specie, la gravità del fatto e il ruolo non marginale ricoperto dell’imputato – rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione.
Considerato che i primi tre motivi del ricorso proposti nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE, con i quali si lamenta la contraddittorietà della motivazione adottata dalla Corte d’appello nella parte in cui ha ritenuto la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato – anche in relazione al dolo specifico – sono indeducibili in questa sede in quanto prospettano una ricostruzione dei fatti diversa da quella già effettuata dai giudici del merito i quali, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, hanno ancorato le proprie argomentazioni ad un solido compendio probatorio, valutando nelle loro globalità i plurimi elementi di prova, ragione per cui non può che escludersi, come da costante giurisprudenza di legittimità sul punto, una rilettura di tali dati da parte Corte di cassazione (ex multis Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944).
Considerato che il quarto motivo del ricorso riferito alla posizione del COGNOME, con il quale si censurano le argomentazioni svolte dalla Corte territoriale in relazione alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p. è manifestamente infondato in quanto, se è vero che nel giudizio relativo all’applicabilità di tale istituto acquista rilievo, per effetto della novellazio dell’art. 131-bis c.p. ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche la condotta dell’imputato successiva alla commissione del reato, rimane tuttavia il fatto che questa non può, di per sé sola, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’art. 133, comma primo, c.p. (Sez.
3, n. 18029 del 04/04/2023, Hu, Rv. 284497); di conseguenza, la Corte territoriale ha correttamente negato il riconoscimento dell’esimente nel caso di specie, rilevando la sussistenza di plurimi indici della gravità del fatto e dell’offesa, tra cu il numero e il valore delle banconote falsificate.
Considerato che gli ultimi due motivi del ricorso proposto nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE, con i quali si denunciano violazione di legge e vizi di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui agli artt. 62 n. 6 c.p. e 62 bis c.p. è indeducibile in questa sede in quanto non si confronta adeguatamente con la congrua motivazione adottata dalla Corte territoriale la quale, da un lato, ha dato atto della non integralità del risarcimento effettuato dall’imputato in quanto riferito esclusivamente al danno patrimoniale e non invece, come richiesto dall’art. 185 c.p., anche a quello non patrimoniale (Sez. U, n. 1048 del 06/12/1991, dep. 1992, Scala, Rv. 189183) e, dall’altro, ha correttamente applicato il principio, di cui a constante giurisprudenza di legittimità, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficien che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione.
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27 2024