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Ricorso inammissibile: i limiti del giudizio di Cassazione

Un soggetto condannato per minaccia grave si rivolge alla Corte di Cassazione, contestando la valutazione dei fatti e la pena. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che il suo ruolo non è quello di riesaminare le prove, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge. L’inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Perché la Cassazione non è un Terzo Grado di Giudizio

L’ordinanza n. 18637/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sul funzionamento del nostro sistema giudiziario, chiarendo i confini del giudizio di legittimità e le conseguenze di un ricorso inammissibile. Quando un imputato decide di impugnare una sentenza di condanna fino all’ultimo grado, deve essere consapevole che la Suprema Corte non è un “terzo tribunale” dove poter ridiscutere i fatti. Analizziamo insieme questa decisione per capire i principi in gioco.

Il Contesto del Caso: Dalla Condanna al Ricorso

Il caso ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale e parzialmente riformata in senso favorevole all’imputato dalla Corte d’Appello per il reato di minaccia aggravata (art. 612, co. 2, c.p.). Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Una violazione di legge sulla sussistenza stessa del reato.
2. Un vizio di motivazione riguardo all’entità della pena e al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di riesaminare gli elementi che avevano portato alla sua condanna e di riconsiderare la severità della sanzione.

Le Ragioni del Ricorso Inammissibile: le Censure di Merito

La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Il motivo fondamentale risiede nella natura stessa delle critiche sollevate. I giudici hanno sottolineato che le doglianze erano “censure di merito” e “del tutto generiche”.

Questo significa che il ricorrente non stava contestando un errore nell’applicazione della legge, ma stava proponendo una “lettura alternativa” o una “rivalutazione del compendio probatorio”. Chiedeva, in pratica, alla Cassazione di fare ciò che la legge le vieta: comportarsi come un giudice di primo o secondo grado e riesaminare le prove (testimonianze, documenti, ecc.) per giungere a una conclusione diversa.

La Reiterazione dei Motivi d’Appello

Un altro punto cruciale evidenziato dalla Corte è che il ricorso si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. Il ricorrente non si è confrontato specificamente con le motivazioni della sentenza di secondo grado, ma le ha semplicemente ignorate, riproponendo le medesime critiche. Questo comportamento rende il ricorso non specifico e, di conseguenza, inammissibile, perché non assolve alla sua funzione di critica argomentata contro la decisione impugnata.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha ribadito un principio cardine del nostro ordinamento: il giudizio di Cassazione è un “giudizio di legittimità”, non di merito. Il suo compito non è stabilire chi ha torto o ragione sui fatti, ma assicurare “l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge”.

Citando una consolidata giurisprudenza, i giudici hanno spiegato che operazioni come la reinterpretazione degli elementi di prova sono estranee al loro mandato. Le censure del ricorrente, risolvendosi in una mera richiesta di rivalutazione fattuale, sono state quindi considerate inammissibili.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche e Principio di Diritto

La dichiarazione di inammissibilità non è priva di conseguenze. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha disposto il pagamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione aggiuntiva si giustifica perché l’evidente infondatezza dei motivi di ricorso non permette di considerare il ricorrente “immune da colpa” nell’aver intrapreso un’azione giudiziaria palesemente destinata al fallimento, come stabilito dalla Corte Costituzionale.

Questa ordinanza serve da monito: il ricorso in Cassazione è uno strumento prezioso per garantire la legalità, ma non una terza possibilità per ridiscutere l’esito del processo nel merito. Un ricorso deve essere fondato su precise violazioni di legge e non su un disaccordo con la valutazione delle prove fatta dai giudici dei gradi precedenti.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché era fondato su critiche generiche e di merito, che chiedevano una nuova valutazione delle prove, un’attività preclusa alla Corte. Inoltre, il ricorso si limitava a ripetere argomenti già respinti in appello, senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata.

Cosa significa che la Cassazione non è un “terzo grado di giudizio”?
Significa che la Corte di Cassazione non riesamina i fatti o le prove del caso come farebbe un tribunale. Il suo ruolo è limitato al cosiddetto “giudizio di legittimità”, ovvero verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano interpretato e applicato correttamente la legge, senza commettere errori di diritto.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
Come stabilito in questa ordinanza, chi presenta un ricorso palesemente inammissibile viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro (in questo caso 3.000 euro) alla Cassa delle ammende, in quanto si ritiene che abbia agito con colpa nel promuovere l’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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