Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32728 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32728 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
TERRIBILE NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/12/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esamiNOME il ricorso proposto a mezzo del difensore da NOME NOME, ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di furto pluriaggravato.
Rilevato che la difesa lamenta: I) Carenza di motivazione in punto di responsabilità, risultando a carico dell’imputato soltanto un quadro indiziario; II) Mancata assoluzione dell’imputato per non avere commesso il fatto, non essendo stato dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, che sia stato l’imputato a sottrarre l’orologio dall’abitazione della persona offesa; III) Erronea applicazione degli artt. 133 e 62-bis cod. pen.; eccessiva quantificazione della pena inflitta.
Lette le conclusioni depositate in atti a mezzo PEC, nelle quali il ricorrente insiste nell’accoglimento della richiesta di annullamento della sentenza impugnata, riportandosi ai motivi di ricorso
Ritenuto che, in caso di c.d. “doppia conforme” affermazione di responsabilità, in base a giurisprudenza pacifica di questa Suprema Corte, la sentenza di primo grado e quella di appello formano un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico-giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrandosi vicendevolmente (Sez. 1, 22/11/1993, dep. 4/2/1994, n. 1309, COGNOME, Riv. 197250; Sez. 3, 14/2/1994, n. 4700, COGNOME, Riv. 197497; Sez. 2, 2/3/1994, n. 5112, Palazzotto, Riv. 198487; Sez. 2 del 13/11/1997, n. 11220, Ambrosino, Riv. 209145; Sez. 6, 20/11/2003, n. 224079).
Considerato che le sentenze di merito sono assistite da conferente apparato argomentativo a sostegno dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, profilo contestato dalla difesa con il ricorso.
Considerato che le deduzioni sviluppate nei primi due motivi di doglianza, dietro l’apparente prospettazione del vizio di legittimità, concernendo in realtà la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello, che ha fornito, unitamente al primo giudice, una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza e convergente con quello del Tribunale.
Considerato, quanto alla mancata concessione delle attenuanti generiche, che il motivo di doglianza si appalesa del tutto aspecifico, essendo totalmente privo della indicazione delle ragioni di meritevolezza (cfr. Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, dep. 2016, Rv. 266460 – 01: “La concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato; ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza, l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante è soddisfatto con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio”; Sez. 3, n. 26272 del 07/05/2019, COGNOME, Rv. 276044:”La concessione o il diniego delle circostanze attenuanti generiche costituiscono l’esplicazione di un potere discrezionale del giudice del merito, il quale non è tenuto in particolare a motivare il diniego ove, in sede di conclusioni, non sia stata formulata specifica istanza con l’indicazione delle ragioni atte a giustificarne il riconoscimento. (Conf. n. 4597 del 1973 Rv. 124315)”].
Considerato, quanto alla doglianza riguardante l’entità della pena che, nel giudizio di cassazione è inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142) e che le ragioni poste a fondamento
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dell’invocata riduzione, come rimarcato dalla Corte, non pertengono ai criteri che sovrintendono alla commisurazione della pena di cui all’art. 133 cod. pen.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2025
Il Consigliere estensore