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Ricorso inammissibile: i limiti del giudizio di Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due imputati condannati per reati legati agli stupefacenti. I ricorrenti contestavano l’entità della pena e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ha stabilito che le loro doglianze costituivano una mera rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, confermando la logicità della decisione della Corte d’Appello, che aveva basato la sua valutazione sulla gravità dei fatti e sui precedenti penali degli imputati. Di conseguenza, il ricorso inammissibile ha portato alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non entra nel merito

Nel complesso iter della giustizia penale, il ricorso per Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio, ma con limiti ben precisi. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di quando un ricorso inammissibile viene respinto senza un esame del merito, illustrando la distinzione fondamentale tra la valutazione dei fatti e il controllo sulla corretta applicazione della legge. Analizziamo questo caso per comprendere meglio i confini del giudizio di legittimità.

I fatti del processo

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di due soggetti per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti. Dopo una prima sentenza, la Corte d’Appello, su rinvio della stessa Cassazione, aveva proceduto a una nuova valutazione, rideterminando le pene a carico dei due imputati: rispettivamente a cinque anni e due mesi di reclusione e a quattro anni e otto mesi, oltre a significative multe.

Non soddisfatti della nuova pronuncia, gli imputati proponevano nuovamente ricorso per Cassazione. Le loro doglianze si concentravano principalmente su tre aspetti: la quantificazione della pena base, l’entità dell’aumento applicato per la continuazione del reato e, soprattutto, la mancata concessione delle attenuanti generiche.

La valutazione del ricorso inammissibile da parte della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi manifestamente infondati e, di conseguenza, inammissibili. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Suprema Corte non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, logica e motivata, del giudice del grado precedente.

Nel caso specifico, i ricorrenti, criticando la decisione della Corte d’Appello, non avevano evidenziato vizi di legge, ma avevano proposto un diverso “apprezzamento di merito”. In pratica, chiedevano alla Cassazione di riconsiderare elementi già vagliati dalla Corte territoriale, come la gravità dei fatti e la personalità degli imputati, per ottenere un trattamento sanzionatorio più mite.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha sottolineato come la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione del tutto razionale e priva di contraddizioni. Nel rideterminare le pene in senso più favorevole rispetto alla prima pronuncia, i giudici di merito avevano comunque tenuto conto di elementi ostativi a un’ulteriore mitigazione. In particolare, avevano valorizzato due aspetti cruciali: i precedenti penali a carico di entrambi gli imputati e l’intrinseca gravità dei fatti, supportata da specifiche circostanze concrete emerse durante il processo.

Di fronte a una motivazione così strutturata, i motivi di ricorso sono apparsi alla Suprema Corte come un tentativo di sollecitare una rilettura delle prove e delle circostanze fattuali, un’operazione preclusa in sede di legittimità. La Cassazione ha ribadito che il suo compito è verificare se il giudice di merito abbia applicato correttamente la legge e abbia motivato la sua decisione in modo logico, non se la sua valutazione sia l’unica possibile o la più condivisibile.

Le conclusioni

La declaratoria di inammissibilità ha comportato conseguenze significative per i ricorrenti. In base all’art. 616 del codice di procedura penale, sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce un insegnamento fondamentale: un ricorso per Cassazione deve essere formulato attaccando specifici errori di diritto o vizi logici della motivazione, non può limitarsi a contrapporre una diversa interpretazione dei fatti a quella del giudice di merito. La distinzione tra giudizio di fatto e giudizio di diritto rimane una colonna portante del sistema processuale, e un ricorso inammissibile ne è la più diretta conseguenza.

Perché i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché considerati manifestamente infondati. Gli argomenti presentati non contestavano errori di diritto, ma proponevano una diversa valutazione dei fatti (un “apprezzamento di merito”), attività che non è permessa nel giudizio di legittimità della Corte di Cassazione.

Quali elementi ha considerato la Corte d’Appello per non concedere ulteriori riduzioni di pena?
La Corte d’Appello, pur rideterminando le pene in modo più favorevole, ha negato ulteriori mitigazioni basandosi su due elementi principali: i precedenti penali a carico di entrambi gli imputati e l’intrinseca gravità dei fatti, ancorata a specifiche circostanze concrete e negative emerse nel processo.

Quali sono le conseguenze economiche per i ricorrenti a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della declaratoria di inammissibilità, i ricorrenti sono stati condannati, come previsto dalla legge, al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma, equitativamente fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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