Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44132 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44132 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a MILANO il 18/04/1978 NOME COGNOME nato a MILANO il 06/11/1974
avverso la sentenza del 11/03/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letti i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME;
letta altresì la memoria depositata nell’interesse del COGNOME con la quale sono stati proposti ulteriori argomenti a sostegno dei motivi principali;
ritenuto che il primo motivo di ricorso di COGNOME che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il delitto di tentata estorsione, denunciando la illogicità della motivazione sulla base di una diversa lettura dei dati processuali e di un differente giudizio di rilevanza delle fonti di prova, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, le pagg. 5-6 della sentenza impugnata) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato;
considerato che il secondo motivo del ricorso del COGNOME – comune al primo motivo del ricorso presentato dal COGNOME – che contesta la mancata derubricazione del reato di tentata estorsione in quello di cui all’art. 393 cod. pen. o in quello di cui all’art. 612 cod. pen. non è consentito perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito alle pagg. 6-7 della sentenza impugnata, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
osservato che il terzo motivo di ricorso, che deduce il mancato riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità del fatto è manifestamente infondato a fronte di quanto correttamente affermato dal giudice di appello a pag. 7 della sentenza impugnata ove sono indicati, quali elementi ostativi al riconoscimento dell’anzidetta attenuante, la non esiguità della somma e le modalità dell’azione realizzata;
ritenuto che il quarto motivo del ricorso del COGNOME, che contesta la correttezza della motivazione posta a base dell’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 341-bis cod. pen. non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri
di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si veda, in particolare, pag. 7), che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
ritenuto che le doglianze oggetto del ricorso del Sorace, che deducono il vizio della motivazione posta a base dell’affermazione di responsabilità, non sono consentite poiché, oltre ad essere reiterative, sono finalizzate a prefigurare una alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità e avulse da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici del merito;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2024
Il Consigliere COGNOME
Il Proidente