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Ricorso inammissibile: i limiti del giudizio di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. I motivi includevano la richiesta di rivalutazione delle prove, non consentita in sede di legittimità, e l’infondatezza delle richieste di attenuanti e sostituzione della pena, basate su presupposti errati.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione fissa i paletti

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione definisca i confini del proprio giudizio, dichiarando un ricorso inammissibile quando le doglianze del ricorrente esulano dai limiti del controllo di legittimità. Questo caso evidenzia tre errori classici che possono portare al rigetto di un’impugnazione: la richiesta di una nuova valutazione delle prove, la pretesa di un’attenuante senza averne soddisfatto pienamente i requisiti e l’erronea contestazione di un’omissione su una richiesta mai formalizzata.

I fatti del processo e i motivi dell’impugnazione

Un imputato, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello, ha presentato ricorso per Cassazione affidandosi a tre distinti motivi. Con il primo, lamentava un vizio di motivazione riguardo la sussistenza del dolo, sostenendo che i giudici di merito non avessero considerato adeguatamente le prove emerse in dibattimento. Con il secondo motivo, contestava il mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno, prevista dall’art. 62 n. 6 del codice penale. Infine, con il terzo motivo, denunciava l’omessa motivazione sulla richiesta di sostituire la pena detentiva con i lavori di pubblica utilità.

Il giudizio sul ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato ciascun motivo, giungendo a una declaratoria di inammissibilità per l’intero ricorso. Questa decisione si fonda su argomentazioni precise che ribadiscono principi consolidati della procedura penale.

Analisi dei motivi di inammissibilità e infondatezza

Il primo motivo è stato giudicato inammissibile perché, di fatto, sollecitava la Corte a compiere una nuova e diversa valutazione delle prove. La Cassazione ha ricordato che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma si limita al controllo della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione (giudizio di legittimità). Non può, quindi, sostituire la propria valutazione a quella, adeguatamente motivata, dei giudici di merito.

Il secondo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che, per ottenere l’attenuante del risarcimento, non è sufficiente pagare il debito principale. È necessario dimostrare di aver risarcito il danno in modo ‘effettivo e integrale’, includendo anche eventuali ulteriori pregiudizi subiti dalla parte lesa. Il semplice pagamento parziale o la revoca della costituzione di parte civile (che rientra nella sfera decisionale della vittima) non bastano a integrare i requisiti di legge.

Anche il terzo motivo è stato dichiarato manifestamente infondato, ma per una ragione procedurale dirimente. Dagli atti processuali, in particolare dal verbale dell’udienza d’appello, è emerso che la difesa dell’imputato aveva richiesto la sostituzione della pena con la detenzione domiciliare, e non con i lavori di pubblica utilità. Di conseguenza, la Corte d’Appello non poteva omettere di pronunciarsi su una richiesta che non le era mai stata presentata.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto il primo motivo del ricorso inammissibile in quanto tendeva a una rivalutazione delle risultanze probatorie, attività preclusa in sede di legittimità. Ha poi qualificato come manifestamente infondato il secondo motivo, poiché il ricorrente non aveva fornito prova di un risarcimento integrale del danno, limitandosi al pagamento del debito e non potendo far discendere conseguenze automatiche dalla revoca della costituzione di parte civile. Infine, ha giudicato manifestamente infondato anche il terzo motivo, avendo accertato che in appello era stata richiesta la detenzione domiciliare e non i lavori di pubblica utilità, rendendo così insussistente l’omissione di motivazione lamentata.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione riafferma che il ricorso per Cassazione deve basarsi su vizi di legge o di motivazione palesi e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere un nuovo esame dei fatti. Inoltre, sottolinea l’importanza della precisione e della correttezza delle richieste formulate nei precedenti gradi di giudizio, poiché la Corte non può sindacare omissioni relative a istanze mai avanzate.

Perché il primo motivo del ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché sollecitava una diversa valutazione delle prove, un’attività che non è consentita alla Corte di Cassazione in sede di legittimità, la quale può solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Perché non è stata concessa l’attenuante del risarcimento del danno?
Perché l’imputato si è limitato a pagare il proprio debito, ma non ha dimostrato di aver risarcito in modo effettivo e integrale anche gli ulteriori danni cagionati alla parte lesa, come richiesto dalla legge per il riconoscimento dell’attenuante.

Perché è stato respinto il motivo sulla mancata sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità?
Perché, come risulta dal verbale dell’udienza di appello, il ricorrente aveva chiesto la sostituzione della pena con la detenzione domiciliare e non con i lavori di pubblica utilità. Pertanto, la Corte d’Appello non ha omesso di pronunciarsi su una richiesta che, di fatto, non era mai stata presentata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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