Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11404 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11404 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a PIAZZA ARMERINA il 05/06/1997 COGNOME nato a PIAZZA ARMERINA il 09/08/1990
avverso la sentenza del 22/04/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta, che ha confermato la pronuncia di primo grado;
Considerato che il primo motivo di ricorso di COGNOME – con il quale il ricorrente si duole della avvenuta acquisizione al fascicolo delle dichiarazioni rese dalle persone offese, apprese ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen. a cagione della rispettiva irreperibilità, e sull’assunta assenza di riscontri probatori – è per un verso generico perché non chiarisce le ragioni che renderebbero illegittima l’applicazione della norma processuale, alla luce, in particolare, delle scrupolose, sia pur vane, ricerche effettuate dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, di cui la sentenza ha dat contezza (pagg. 7-8); è di poi ancora aspecifico, perché omette di confrontarsi nel dettaglio con la motivazione offerta dalla Corte di appello, la quale ha chiarito che dalla piattaforma Facebook è stata tratta la foto utilizzata per l’individuazione del prevenuto (si veda pagina 9 del provvedimento impugnato) ed ha argomentato a riguardo del riscontro esterno, costituito dal certificato medico delle lesioni, al narra delle vittime della rapina; e perchè omette, altresì, di indicare le prove a discarico che si assumono illegittimamente non ammesse e la loro rilevanza decisiva ai fini del decidere; e, per altro verso, orientato a sollecitare una differente ricostruzione e valutazione delle prove, in carenza di comprovato travisamento, che non rientra nella cornice di competenza del giudice di legittimità;
Rilevato che il secondo motivo del ricorso di COGNOME – con il quale il ricorrente lamenta vizio di motivazione in relazione al profilo inerente la commisurazione della pena inflitta, perché non concesse le circostanze attenuanti generiche e i benefici di legge – è parimenti inammissibile, in quanto prospetta mero dissenso sul trattamento sanzionatorio; la Corte di appello ha evidenziato come non siano emersi elementi positivi tali da giustificare la concessione delle invocate circostanze, anche in considerazione dell’intensa violenza che ha caratterizzato la condotta. Tali argomentazioni sorreggono adeguatamente, altresì, la quantificazione della pena e il conseguente diniego dei richiesti benefici di legge, che, per la sua entità, essa non avrebbe consentito (si vedano, in particolare, pagg. 9 e 10 della sentenza impugnata);
Considerato che il primo motivo di ricorso di COGNOME – con il quale il ricorrente si duole della violazione del diritto di difesa scaturente dalla mancata escussione di un teste di PG inserito nella lista del PM – è inammissibile in quanto caratterizzato da genericità, perché si omette di allegare l’oggetto dell’esame la cui
richiesta sarebbe stata pretermessa e di precisarne la efficacia potenzialmente decisiva ai fini dell’esercizio del diritto di difesa; questa Corte ha invero afferma che la violazione del diritto di difesa, “sub specie” di mancata ammissione delle prove dedotte, esige che ne sia precisata la portata, con la specificazione delle prove che l’imputato non ha potuto assumere e della loro rilevanza ai fini della decisione nel contesto processuale di riferimento;
Rilevato che il secondo e il terzo motivo del ricorso di COGNOME – con i quali il ricorrente si duole dell’erronea affermazione di responsabilità per i reati di cui capi B) e C) a causa di un’asserita, anomala interpretazione delle prove – sono entrambi inammissibili in quanto volti a prefigurare un’alternativa rivalutazione delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità, fra l’altro senza l’indicazione concreto travisamento di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito;
Ritenuto, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 26 febbraio 2025