Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude le Porte a Nuovi Motivi
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ribadisce i confini invalicabili del giudizio di legittimità, dichiarando un ricorso inammissibile e chiarendo perché non è possibile utilizzare questo strumento per rimettere in discussione i fatti o per sollevare questioni mai proposte prima. La decisione offre uno spunto fondamentale per comprendere la differenza tra il giudizio di merito e quello di legittimità, e l’importanza del principio devolutivo negli appelli.
Il Contesto Processuale
Il caso trae origine da una condanna per il reato di truffa (art. 640 del codice penale), confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, non rassegnato alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a tre distinti motivi di contestazione nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza.
I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte
L’imputato ha basato il suo ricorso su tre argomenti principali:
1. Una presunta violazione dell’art. 640 c.p. e un vizio di motivazione riguardo alla sussistenza degli elementi del reato di truffa.
2. Un’erronea applicazione delle norme sulla recidiva (art. 99 c.p.).
3. La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.).
La Corte Suprema, tuttavia, ha respinto l’intero ricorso, giudicandolo inammissibile per ragioni procedurali ben precise che meritano un’analisi approfondita.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Inammissibile
La decisione della Corte si fonda su due pilastri del nostro sistema processuale penale.
Divieto di Rivalutare i Fatti nel Merito
Il primo motivo di ricorso è stato considerato aspecifico. La Corte ha osservato che le argomentazioni non facevano altro che riproporre le stesse doglianze già esaminate e respinte con motivazioni precise e concludenti dalla Corte d’Appello. In sostanza, il ricorrente non contestava un errore di diritto, ma chiedeva alla Cassazione una nuova valutazione delle prove e una diversa ricostruzione dei fatti. Questo tipo di richiesta esula completamente dai poteri della Corte di Cassazione, il cui compito è limitato al giudizio di legittimità, ovvero a verificare la corretta applicazione delle norme di legge, senza poter entrare nel merito delle vicende processuali.
Il Principio del “Tantum Devolutum, Quantum Appellatum”
Per quanto riguarda il secondo e il terzo motivo (recidiva e attenuanti generiche), la Corte ha rilevato una criticità ancora più netta. Queste questioni non erano mai state sollevate nei motivi d’appello presentati al giudice di secondo grado. Il principio processuale “tantum devolutum, quantum appellatum” stabilisce che l’ambito del giudizio d’appello è definito e limitato esclusivamente dai motivi specifici presentati dalla parte. Le questioni non contestate in quella sede si considerano passate in giudicato e non possono essere introdotte per la prima volta in Cassazione. Consentire il contrario significherebbe aggirare un grado di giudizio, violando le regole fondamentali del processo.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza è un monito importante sull’approccio tecnico e rigoroso che un ricorso per Cassazione richiede. Emerge chiaramente che:
1. Non si può usare il ricorso in Cassazione come un “terzo grado di giudizio” per ottenere una nuova valutazione delle prove.
2. Tutte le contestazioni, sia di fatto che di diritto, devono essere sollevate tempestivamente nel giudizio d’appello. Omettere un motivo in quella sede ne preclude la discussione successiva.
3. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo il rigetto, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione economica, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di tremila euro alla Cassa delle ammende.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi precedenti, non può effettuare una nuova valutazione delle prove o una diversa ricostruzione dei fatti.
Si possono presentare per la prima volta in Cassazione motivi di ricorso non discussi in Appello?
No. In base al principio processuale del “tantum devolutum, quantum appellatum”, il giudizio è limitato ai motivi specificamente presentati nel precedente grado di giudizio. Le questioni non sollevate in appello si considerano definitive e non possono essere introdotte ex novo in Cassazione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, non viene esaminato nel merito. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, anche al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12890 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12890 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CINQUEFRONDI il 27/02/1997
avverso la sentenza del 07/06/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME COGNOME ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui il ricorrente lamenta violazione dell’art. 64 cod. pen. e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato truffa, è aspecifico in quanto reiterativo di doglianze inerenti alla ricostruzione dei f all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termi precisi e concludenti dalla Corte territoriale nonché articolato esclusivamente in fatto e, quind proposto al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, restando estranei ai poteri della C Cassazione quello di una rilettura degli elementi probatori posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi parametri di valutazione dei fatti;
rilevato che i giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralità di elementi idonei a dimostrare la penale responsabilità del ricorrente in ordine ai reati contestati (vedi pagg. 1-3 della sentenz impugnata)7 tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termin contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede;
considerato il secondo ed il terzo motivo di ricorso, con cui il ricorrente lamenta erronea applicazione degli artt. 99 e 62-bis cod. pen. nonché carenza di motivazione in ordine alla mancata esclusione della contestata recidiva ed al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non sono consentiti in quanto hanno ad oggetto doglianze non dedotte in sede di appello e non rilevab4 d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. Deve esser ribadi che non sono proponibili in cassazione motivi con i quali vengono sollevate per la prima volta questioni che, per non essere state dedotte nei motivi di appello, non potevano essere rilevate dai giudici di secondo grado, per non essere riconducibili nei limiti degli effetti devolutivi pro dall’impugnazione. In tal caso le censure dedotte per la prima volta nel ricorso in cassazione hanno per oggetto «punti della decisione» che hanno acquistato autorità di giudicato in base al principio del tantum devolutum, quantum appellatum (vedi Sez. 1, n. 2378 del 14/11/1983, NOME COGNOME Rv. 163151; Sez. 4, n. 17891 del 30/03/2022, Dattola, non massimata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 marzo 2025