Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7336 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 7336  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto dalla parte civile COGNOME NOME NOME a Torino il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 18/11/2022 della Corte di Appello di Torino;
visti gli atti del procedimento a carico di COGNOME NOME NOME a Sant’Onofrio il DATA_NASCITA, il provvedimento impugNOME ed il ricorso;
lette le conclusioni del difensore della parte civile, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugNOME e la liquidazione delle spese.
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso proposto dalla parte civile NOME COGNOME.
udite le conclusioni del difensore dell’imputato NOME COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
La parte civile NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 18 novembre 2022 con la quale la Corte di Appello di Torino, ha confermato la sentenza emessa, in data 10 luglio 2019, con la quale il Tribunale di Torino ha assolto NOME COGNOME dal reato di cui all’art. 629 cod. pen.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta violazione dell’art. 629 cod. pen. nonché carenza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di estorsione.
I giudici di merito non avrebbero indicato le ragioni che avrebbero indotto la persona offesa a firmare due dichiarazioni dal contenuto non veritiero e pregiudizievoli degli interessi della società RAGIONE_SOCIALE in assenza delle denunciate condotte intimidatorie poste in essere dal RAGIONE_SOCIALE.
I giudici di appello non avrebbero adeguatamente valutato la forza intimidatrice delle condotte del COGNOME, soggetto in precedenza condanNOME, con sentenza del 14 giugno 2022, alla pena di 14 anni di reclusione perché ritenuto appartenente al RAGIONE_SOCIALE.
La Corte territoriale non avrebbe valutato il contenuto delle conversazioni intercettate da cui si desumerebbe come il COGNOME abbia minacciato la persona offesa (facendo reiterato riferimento ai suoi «amici») e controllato gli spostamenti del COGNOME, in maniera talmente incisiva da spingerlo a dimettersi dalla carica di amministratore della società RAGIONE_SOCIALE.
La motivazione sarebbe illogica e contraddittoria laddove evidenzia il timore nutrito dal COGNOME nei confronti del COGNOME, non indicando i motivi per cui la persona offesa avrebbe dovuto temere le minacce del predetto piuttosto che quelle del COGNOME.
 Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. nonché carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla credibilità delle dichiarazioni dell’imputato.
La Corte di merito, con motivazione apodittica ed illogica, ha ritenuto credibili le dichiarazioni con le quali il COGNOME riferiva di non aver avuto contezza della procedura instaurata dalla società RAGIONE_SOCIALE a causa di un abusivo accesso al sistema informatico della società RAGIONE_SOCIALE e della conseguente cancellazione delle mail ricevute. Tale affermazione non terrebbe conto di quanto riferito dal teste COGNOME in ordine al mancato accertamento, da parte della polizia giudiziaria, di tale abusivo accesso e della cancellazione delle mail riferita dal COGNOME.
La Corte distrettuale avrebbe, altresì, ignorato che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino ha archiviato il procedimento a carico del COGNOME per il reato di cui all’art. 615-ter cod. pen., procedimento instaurato a seguito di denuncia sporta dal RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorrente, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. nonché carenza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione in ordine alla credibilità delle dichiarazioni del COGNOME e del teste COGNOME relative all’inesistenza del credito vantato dalla società RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di merito non ha argomentato in ordine alla doglianza difensiva con la quale veniva rimarcato che il COGNOME avrebbe reiterato analoghe condotte miNOMErie nei confronti della nuova amministratrice della RAGIONE_SOCIALE, la quale sarebbe stata indotta dall’imputato a sottoscrivere una dichiarazione simile a quella fatta sottoscrivere al COGNOME.
La motivazione sarebbe illogica, contraddittoria e carente nella parte in cui i giudici di appello hanno affermato che il COGNOME avrebbe sottoscritto le due dichiarazioni a seguito di una decisione serena e consapevole e non invece come conseguenza delle costanti pressioni e minacce del COGNOME.
Il difensore della parte civile, in data 2 novembre 2023, ha depositato nota- spese e comparsa conclusionale con la quale ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata ai fini civili.
 Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
I tre motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in quanto reiterativi di doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale, sono aspecifici e non consentiti in sede di legittimità.
Le doglianze, infatti, sono articolate esclusivamente in fatto e, quindi, proposte al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, restando estranei ai poteri del Corte di RAGIONE_SOCIALEzione quello di una rilettura degli elementi probatori posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.
6.1. Entrambe le sentenze hanno dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto i giudici di merito ad affermare l’inattendibilità delle dichiarazioni rese dal COGNOME nonché la sostanziale incompatibilità fra i comportamenti della persona offesa e la reiterata esplicazione di minacce estorsive da parte del COGNOME, a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare rispettosa dei canoni di logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle prove (vedi pagine da 8 a 10 della sentenza impugnata).
I giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni dal Giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno evidenziato, inoltre, come la versione dei fatti prospettata dall’imputato, oltre ad essere intrinsecamente attendibile e priva di illogicità, abbia trovato conferma nel contenuto delle
conversazioni intercettate, captazioni prive di alcun riferimento alle denunciate minacce estorsive ed incompatibili, in punto di logica, con l’ipotesi accusatoria sostenuta dal COGNOME (vedi pagg. 14 e 15 della sentenza impugnata).
Tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
6.2. Il ricorso, a fronte della ricostruzione adottata dai giudici di appello, non offre la compiuta rappresentazione,- di alcuna evidenza di per sé dotata di univoca ed oggettiva valenza esplicativa, tale, cioè, da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l’intrinseca incompatibilità ed illogicità degli enunciati.
Il ricorrente, invocando una rilettura di elementi probatori estranea al sindacato di legittimità, chiede a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a lui più gradita, senza confrontarsi con quanto motivato dalla Corte territoriale al fine di confutare le censure difensive prospettate in sede di appello e con le emergenze probatorie determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito con conseguente aspecificità del motivo di ricorso.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 01 dicembre 2023
Il Copi iere estensore
GLYPH
La Presidente