Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15570 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15570 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CETRARO il 01/01/1973
avverso la sentenza del 23/09/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo con tre motivi: vizio illogicità ed insufficienza della motivazione rispettivamente al difetto di prova sulla qualità, quantità e natura della sostanza stupefacente; violazione di legge e contraddittorietà della motivazione in ordine al diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche; violazione di legge in ordine alla omessa concessione della ‘sospensione condizionale della pena. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello di Catanzaro che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Quanto alla denunzia di violazione dell’ad 192 cod. proc. pen. va ricordato che, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte di legittimità, la mancata osservanza di una norma processuale ha rilevanza solo in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità.
Le Sezioni Unite hanno recentemente chiarito che in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse a motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 04 che a pag. 29 richiama Sez. 1, n. 1088 del 26/11/1998, dep. 1999, Condello, Rv. 212248; Sez. 6, n. 45249 del 08/11/2012, COGNOME, Rv. 254274; Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, COGNOME, Rv. 277518; vedasi anche Sez. 6, n. 4119 del 30/05/2019, dep. 2020, RAGIONE_SOCIALE Rv. 278196; Sez. 4, n. 51525 del 4/10/2018, M., Rv. 274191; Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016, dep. 2017, COGNOME e altro, Rv. 271294; Sez. 3, n. 44901 del –
17/10/2012, F., Rv. 253567; Sez. 6, n. 7336 del 8/1/2004, Meta ed altro, Rv. 229159-01; Sez. 1, n. 9392 del 21/05/1993, COGNOME, Rv. 195306).
Condivisibilmente, per Sez. U, n. 29541 del 16/7/2020, NOME Rv. 280027 (pag. 29) « la specificità del motivo di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), detta in tema di ricorso per cassazione al fine di definirne l’ammissibilità per ragioni connesse alla motivazione, esclude che l’ambito della predetta disposizione possa essere dilatato per effetto delle citate regole processuali concernenti la motivazione, utilizzando la “violazione di legge” di cui all’art. 606, comma 1, lett. c), ciò sia perché la deducibilità per cassazione è ammissibile solo per la violazione di norme processuali “stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o d cadenza”, sia perché la puntuale indicazione di cui alla lettera e) ricollega a tale limite ogni vizio motivazionale. D’altro canto, la riconduzione dei vizi di motivazione alla categoria di cui alla lettera c) stravolgerebbe l’assetto normativo delle modalità di deduzione dei predetti vizi, che limita la deduzione ai vizi risultanti “d testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame” [lett. en, laddove, ove se fossero deducibili quali vizi processuali ai sensi della lettera c), in relazione ad essi questa Corte d legittimità sarebbe gravata da un onere non selettivo di accesso agli atti. Queste Sezioni Unite (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092) hanno, infatti, da tempo chiarito che, nei casi in cui sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., un error in procedendo, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può procedere all’esame diretto degli atti processuali, che resta, al contrario, precluso dal riferimento al testo del provvedimento impugnato contenuto nella lett. e) del citato articolo (oltre che dal normativamente sopravvenuto riferimento ad altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame), quando risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La Corte territoriale ha già argomentatamente confutato – con una motivazione priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto – la tesi difens secondo cui il compendio probatorio non sarebbe sufficientemente solido per dimostrare la responsabibtà penale dell’imputato.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, prendendo atto degli elementi di prova già vagliati dal giudice di prime cure (pg. 1 della sentenza impugnata). In particolare, vengono prese in considerazione non solo le intercettazioni, ma anche l’escussione dei soggetti con i quali il ricorrente aveva intrattenuto le conversazioni
che appaiono credibili. Ciò vale a formare un quadro probatorio sufficiente a formare la priva, pur in assenza del sequestro di droga.
Con motivazione logica e congrua la Corte territoriale ha rilevato che i tentativi della difesa di frammentare il compendio probatorio non valgono a scalfirne la solidità. Ed infatti la p.g. operante dopo aver intercettato una serie di conver sazioni dal Contenuto equivoco tra lo lozzi (utilizzatore dell’utenza intercettata) ed una serie di soggetti, aveva proceduto alla loro escussione. E in maniera omogenea e sovrapponibile, tutti i soggetti avevano dichiarato che l’imputato in una serie di occasioni aveva provveduto a cedergli delle dosi di cocaina di circa 0,5 gr. dettagliando le- modalità con cui avvenivano le richieste ed successivi incontri.
Dunque, la Corte territoriale ha dato atto di condividere il decisum del primo giudice che aveva valorizzato il fatto che le dichiarazioni dei tre soggetti acquirenti della cui genuinità non vi era motivo alcuno di dubitare, erano del tutto speculari quanto alla tipologia di stupefacente acquistato, la cocaina, quanto alle dosi ed al prezzo corrisposto per ciascuna di queste ed ai luoghi in cui spesso avevano luogo le cessioni, nei pressi della concessionaria dove l’imputato lavorava. E hanno evidenziato che, a fronte di tale quadro probatorio del tutto sufficiente a fondare la prova dei reati in contestazione, pur in mancanza di alcun sequestro della droga. l’imputato ha scelto peraltro di rimanere assente rinunciando così di fatto a chiarire diversamente i fatti.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma un siffatto modo di procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto L’indagine di legittimità sul discorso giustificativ della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074)
Manifestamente infondati sono anche gli altri profili di doglianza.
Quanto al diniego della concessione delle attenuanti generiche, si osserva in sentenza che nessun elemento risulta essere stato addotto dalla difesa al fine di giustificarne il riconoscimento, a fronte di una attività illecita peraltro costa mente portata avanti dall’imputato per un considerevole periodo di tempo
Il provvedimento impugnato appare collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolvimen dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, m sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevant rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, 23055 del 23/4/2013, COGNOME e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifir e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
E quanto al diniego della sospensione condizionale della pena, i giudici del gravame del merito, con motivazione logica e congrua, hanno ritenuto di confermare, in coerenza con quanto già deciso dal giudice di prime cure, la prognosi negativa rispetto al mancato compimento di futuri reati, tenuto conto della molteplicità degli episodi dispaccio accertati in livore di diversi clienti per un lasso tempo non indifferente.
In proposito, va ricordato che, in tema di sospensione condizionale della pena, il giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non ha l’obbligo prendere in esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti (cfr. Sez. 3, n. 30562 19/3/2014, Avveduto e:i altri, Rv. 260136; conf. Sez. 2, n. 19298 del 15/4/2015, COGNOME, Rv. 263534; Sez. 3, n. 6641 del 17/11/2009 dep. 2010, Miranda, Rv. 246184, in un caso in cui la Corte ha ritenuto esaustiva la motivazione della esclusione del beneficio fondata sul riferimento ai precedenti penali dell’imputato).
Sez. 2, n. 2742/2021 (in un caso in cui era stato valorizzato il solo requisito della mancanza di un reddito e della gravità della condotta quale apoditticamente considerata, ma non era dato comprendere dall’argomentazione adottata dai giudici di merito per quale motivo dovesse necessariamente presumersi che il reo, soggetto incensurato, avrebbe reiterato il reato nonostante la condanna subita, e non avrebbe deciso, piuttosto, di cambiare condotta di vita per impedire l’esecuzione della pena) ha condivisibilmente evidenziato che la valutazione prognostica richiesta dall’art. 164 cod. pen. richiama la necessaria considerazione complessiva delle circostanze indicate nell’art. 133 cod. pen., sia in relazione alla gravità d reato (modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato, intensità del dolo), sia con riguardo alla capacità a delinquere (motivi a delinquere e carattere del reo, precedent penali, condotta del reo antecedente, contemporanea o susseguente al reato, condizioni di vita).
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6. Né può porsi in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manife-
sta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei
motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma
dell’art. 129 cod. proc. pen (così Sez. U. n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, Rv.
217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. U., n.
23428 del 2/3/2005, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. U. n. 19601 del 28/2/2008,
COGNOME Rv. 239400; Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, Rv. 256463).
7. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissi-
bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 08.04.2025