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Ricorso inammissibile: i limiti del giudizio

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti. La decisione si fonda sull’impossibilità di rivalutare le prove in sede di legittimità e sulla correttezza della motivazione della corte d’appello, che aveva negato sia le attenuanti generiche sia la sospensione condizionale della pena. La sentenza ribadisce che le testimonianze degli acquirenti possono essere sufficienti per una condanna, anche in assenza di sequestro della droga. Questo caso di ricorso inammissibile sottolinea i precisi confini del giudizio in Cassazione.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: quando la Cassazione non riesamina le prove

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile, delineando con precisione i confini del giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione ha rigettato l’appello di un uomo condannato per spaccio di stupefacenti, confermando che il suo ruolo non è quello di un “terzo giudice del fatto”. Analizziamo i punti salienti di questa decisione per comprendere meglio perché non tutte le doglianze possono trovare accoglimento in sede di legittimità.

I Fatti del Processo e la Condanna

L’imputato era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per aver ceduto in più occasioni dosi di cocaina a diversi acquirenti. La condanna si basava principalmente sulle dichiarazioni testimoniali dei compratori e sui risultati di intercettazioni telefoniche. Un elemento cruciale del caso era l’assenza di un sequestro di droga, un punto su cui la difesa ha basato gran parte della sua strategia.

Di fronte alla condanna della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, articolando tre motivi principali di doglianza:
1. Vizio di motivazione: presunta insufficienza e illogicità della motivazione riguardo alla prova sulla qualità e quantità della sostanza stupefacente.
2. Violazione di legge: errata motivazione nel negare la concessione delle circostanze attenuanti generiche.
3. Violazione di legge: mancata concessione della sospensione condizionale della pena.

La Valutazione del ricorso inammissibile da parte della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. I giudici hanno sottolineato come i motivi presentati non fossero altro che una riproposizione di censure già esaminate e correttamente respinte dal giudice di merito. L’appellante, secondo la Corte, non si è confrontato criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, che è stata ritenuta logica, congrua e corretta dal punto di vista giuridico.

Il punto centrale della decisione riguarda la natura del ricorso per cassazione. La Corte ha ribadito un principio consolidato, anche dalle Sezioni Unite: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in una nuova valutazione delle prove. Contestare la valutazione degli elementi probatori, come le testimonianze, non rientra nei poteri della Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione delle norme e la coerenza logica della motivazione, non la sua rispondenza alle risultanze processuali.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha spiegato in dettaglio perché ogni motivo di ricorso fosse infondato.

In primo luogo, ha confermato la validità del quadro probatorio costruito dalla Corte d’Appello. Le dichiarazioni dei tre acquirenti, ritenute genuine e speculari, erano sufficienti a dimostrare la responsabilità dell’imputato. Esse descrivevano in modo omogeneo la tipologia di droga (cocaina), le dosi (circa 0,5 grammi), il prezzo e i luoghi delle cessioni. Questo compendio probatorio è stato giudicato solido e sufficiente, anche in assenza del sequestro fisico della sostanza.

In secondo luogo, riguardo al diniego delle attenuanti generiche, la Corte ha osservato che la difesa non aveva fornito elementi concreti per giustificarne il riconoscimento. Al contrario, la natura continuativa dell’attività illecita, protrattasi per un periodo di tempo considerevole, giustificava la decisione del giudice di merito.

Infine, anche la mancata concessione della sospensione condizionale della pena è stata ritenuta correttamente motivata. I giudici di merito avevano formulato una prognosi negativa sulla futura condotta dell’imputato, basandosi sulla molteplicità degli episodi di spaccio e sul coinvolgimento di diversi clienti. Questa valutazione rientra nella discrezionalità del giudice, che non è tenuto a esaminare ogni singolo elemento previsto dall’art. 133 del codice penale, ma può concentrarsi su quelli ritenuti prevalenti.

Le conclusioni

L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questa decisione rafforza un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito. È uno strumento di controllo sulla legalità e logicità delle decisioni, non un’occasione per rimettere in discussione i fatti così come accertati dai giudici di primo e secondo grado. La sentenza chiarisce che una prova basata su testimonianze convergenti e credibili può essere pienamente sufficiente a fondare una condanna, anche quando manchi la prova materiale del reato, come un sequestro.

È possibile contestare la valutazione delle prove in Cassazione?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Non può riesaminare i fatti o le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

La testimonianza degli acquirenti è sufficiente per una condanna per spaccio, anche senza il sequestro della droga?
Sì, secondo questa ordinanza, dichiarazioni testimoniali convergenti, credibili e specifiche possono costituire un quadro probatorio sufficiente per fondare una condanna, anche in assenza del sequestro materiale della sostanza stupefacente.

Per quale motivo può essere negata la sospensione condizionale della pena?
Può essere negata quando il giudice, sulla base di elementi come la molteplicità degli episodi, la durata dell’attività illecita e la personalità dell’imputato, formula una prognosi negativa, ritenendo probabile che l’imputato commetta nuovi reati in futuro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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