Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36850 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36850 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a ATINA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/01/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso in punto di accertamento della responsabilità con particolare riferimento alle modalità di identificazione del ricorrente da parte delle persone offese (ed alla conseguente mancata ammissione di prova ulteriore richiesta in appello a fine di ricognizione e verifica delle immagini di videosorveglianza delle telecamere della farmacia poste davanti al luogo ove si perpetrava la rapina), risulta privo di concreta specificità, oltre che meramente reiterativo (Sez.2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01) in assenza di confronto con le logiche e non censurabili argomentazioni della Corte di appello, e tende a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice de merito, estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01);
che la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez.4, n. 256 del 18/09/1997, COGNOME, Rv. 210157-02; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945-01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568-01; Sez. 2, n. 11951 del 20/01/2014, COGNOME, Rv. 259435-01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Botartour Sami, Rv. 277710 -01);
che, invero, i giudici del merito hanno correttamente sussunto i fatti, per come ricostruiti, nelle fattispecie oggetto di contestazione e condanna ampiamente esplicitando le ragioni del loro convincimento, specificamente analizzando la portata delle complessive emergenze processuali e la presenza di espliciti riscontri al narrato delle persone offese e al riconoscimento dalle stesse realizzato in modo conforme tra loro, con specifica ricostruzione dei ruoli svolti da ciascun rapinatore (anche atteso il periodo di almeno mezz’ora in cui si ponevano in essere le azioni oggetto di contestazione, che consentiva alle persone offese di osservare i ricorrenti) e confermato dal personale operante di polizia giudiziaria, sulla base dell’inequivoca portata anche delle immagini di video sorveglianza, sicché le argomentazioni spese in ordine alla portata del riconoscimento, alle modalità dello stesso, alla insufficienza del solo elemento relativo alla altezza del ricorrente, si
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caratterizzano per una parcellizzata considerazione della motivazione, del tutto immune da censure, resa dalla Corte di appello, sulla base anche di una corposa prova logica, all’evidente fine di introdurre una lettura alternativa del merito, non consentita in questa sede; (si vedano pag. 11 e seg., con particolare riferimento alla portata dei verbali di individuazione fotografica acquisiti al fascicolo per dibattimento con il consenso delle parti, oltre alle attività di ricongnizion personale del COGNOME, con richiamo alla valenza probatoria degli stessi a seguito della predetta acquisizione su consenso delle parti, da valutare congiuntamente alle ulteriori emergenze processuali);
considerato conseguentemente che tale doglianza inerente la prova della penale responsabilità ed alla caratterizzazione circostanziale delle condotte imputate sono del tutto prive dei requisiti di specificità previsti, a pena d inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen. in quanto si prospettano deduzioni generiche, senza la puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (con specifico riferimento ai principi di diritto, specificamente enunciati in motivazione, ed applicati al caso di specie quanto alla portata probatoria delle individuazioni fotografiche oggetto di contestazione, confermate dalle dichiarazioni rese dalle persone offese nel corso del dibattimento, con specifica motivazione anche quanto alla descrizione della altezza del ricorrente ed al giudizio di fortissima somiglianza espresso da COGNOME NOME superata dalla certezza espressa anche da COGNOME NOME a seguito della visione delle immagini di sorveglianza, pag. 12, elementi con i quali il ricorrente non si confronta affatto);
osservato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si censura il trattamento sanzionatorio, con particolare riferimento alla determinazione della pena con applicazione della recidiva per come contestata ed al relativo onere motivazionale, oltre che quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche sono manifestamente infondati, sia per la loro genericità, in mancanza di confronto con la decisione del giudice di appello, che ha evidentemente disatteso tale motivo di ricorso, evidenziando la gravità del fatto, le modalità odiose dello stesso, da più persone riunite e con l’uso di armi, escludendo, inoltre, la presenza di fatti positivamente valutabili;
atteso che, anche la specifica doglianza in tema di recidiva e relativa motivazione, appare del tutto generica ed aspecifica, poiché la Corte di appello ha, contrariamente a quanto affermato in ricorso, non solo richiamato i precedenti penali riferibili al ricorrente, ma anche le modalità della azione, il coordinamento ed organizzazione con altri correi, l’uso di violenza e minaccia con armi come sintomo inequivoco di accresciuta pericolosità, così assolvendo, in modo incensurabile all’onere motivazionale sul punto;
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che deve essere ribadito il principio secondo il quale la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione. (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME NOME, Rv. 281217-01, in motivazione). Il giudice, infatti, nel realizzare il giudizi di determinazione della pena “non è tenuto ad una analitica enunciazione di tutti gli elementi presi in considerazione, ma può limitarsi alla sola enunciazione di quelli determinanti per la soluzione adottata, la quale è insindacabile in sede di legittimità qualora sia immune da vizi logici di ragionamento”. (Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, S., Rv. 269196-01, Sez. 5, n’intervenuta prescrizi. 5582 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 259142-01, Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, Cilia, Rv. 238851-01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
letto il ricorso di NOME COGNOME;
rilevato che il primo motivo di ricorso con il quale si sostiene la violazione del principio costituzionale di presunzione di innocenza e si articolano doglianze in punto di accertamento della responsabilità con particolare riferimento alle modalità di identificazione del ricorrente da parte delle persone offese, quanto alle sue caratteristiche fisiche non equivocabili (con riferimento sia alla sua statura che alla presenza di un solo neo e non di nei in generale come riferito da COGNOME NOME) risulta privo di concreta specificità, oltre che meramente reiterativo (Sez.2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01) in assenza di confronto con le logiche e non censurabili argomentazioni della Corte di appello (pag. 13 in particolare dove invece viene ricostruito in modo specifico il processo di riconoscimento del ricorrente in relazione ai suoi segni particolari), e tende a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatt mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017,
COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01);
considerato che il motivo rubricato al numero 2) è del tutto generico ed aspecifico, non evocando neanche il parametro normativo in ordine ad una eventuale violazione valutabile nel giudizio di legittimità, essendosi la difesa limitata a richiamare la richiesta di assoluzione introdotta nel giudizio di merito ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen. e la circostanza che non era stata richiesta la applicazione delle circostanze attenuanti generiche proprio perché il fatto non era stato commesso, ma la Corte aveva comunque errato nel non valutare la situazione del ricorrente, persona ultrasettantenne;
atteso che la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, conducente, a norma dell’art. 591, co. 1, lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità (Sez. 6, 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521-01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutatour, Rv. 277710-01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568-01; Sez. 4, n.18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849-01; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Rv. 236945-01);
rilevato, in conclusione, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 ottobre 2025.