Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti all’Impugnazione della Pena Concordata
Quando un imputato e la pubblica accusa raggiungono un accordo sulla pena in grado di appello, è possibile successivamente contestare tale accordo davanti alla Corte di Cassazione? A questa domanda risponde una recente ordinanza, che definisce chiaramente i confini della volontà delle parti nel processo penale. Il caso analizzato dalla Suprema Corte ha portato a una dichiarazione di ricorso inammissibile, consolidando un principio fondamentale: la pena concordata non si discute nel merito, ma solo nella sua legalità.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna in primo grado di un imputato per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (D.P.R. 309/1990), una fattispecie di lieve entità. In sede di appello, la difesa e la procura generale avevano raggiunto un accordo, ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, per la parziale riforma della sentenza. La Corte d’Appello, recependo la richiesta concorde delle parti, aveva rideterminato la pena, riducendola a due anni di reclusione e 4.000 euro di multa.
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando l’eccessiva severità della pena concordata e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha respinto le doglianze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e irremovibile. I giudici hanno chiarito che, una volta che la pena è stata liberamente concordata tra l’imputato e la pubblica accusa e ritenuta congrua dal giudice d’appello, non può più essere messa in discussione per motivi attinenti alla sua misura o severità.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha spiegato che l’istituto del concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.) si basa sulla libera volontà delle parti. L’imputato, accettando di concordare la pena, di fatto rinuncia a contestarne la congruità. L’unica eccezione a questa regola riguarda i casi di illegalità della pena, ad esempio se la sanzione concordata fosse superiore al massimo edittale previsto dalla legge per quel reato, o inferiore al minimo. Nel caso di specie, non solo la pena non era illegale, ma era anche inferiore a quella inflitta in primo grado, a dimostrazione del beneficio ottenuto dall’imputato tramite l’accordo.
Di conseguenza, le lamentele sulla severità del trattamento sanzionatorio e sulle attenuanti generiche sono state considerate infondate, in quanto relative a una valutazione di merito preclusa dopo l’accordo. Inoltre, la Corte ha specificato che, data la manifesta infondatezza, la declaratoria di inammissibilità è stata adottata con la procedura semplificata de plano, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis c.p.p., ovvero senza udienza pubblica. A seguito della decisione, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per la difesa tecnica e per gli imputati: la scelta di un concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Se da un lato permette di ottenere una riduzione di pena certa, dall’altro cristallizza la sanzione, impedendo future contestazioni sulla sua entità. La pronuncia sottolinea l’importanza di una valutazione attenta e consapevole prima di aderire a un accordo, poiché una volta siglato, le porte per una discussione sulla sua equità si chiudono, lasciando aperta solo la via del controllo di legalità da parte della Cassazione. Il principio del pacta sunt servanda (i patti devono essere rispettati) trova piena applicazione anche nel processo penale.
È possibile contestare la misura di una pena concordata in appello?
No, secondo la Corte, non è possibile contestare la misura o la severità di una pena che è stata liberamente concordata tra l’imputato e la pubblica accusa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. L’impugnazione è ammessa solo per vizi di illegalità della pena (es. se supera i limiti di legge), non per una valutazione di merito sulla sua adeguatezza.
Cosa significa che un ricorso è dichiarato inammissibile “de plano”?
Significa che la Corte di Cassazione decide sull’inammissibilità del ricorso senza la necessità di un’udienza formale con la partecipazione delle parti. La decisione viene presa sulla base dei soli atti scritti, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, quando il ricorso è manifestamente infondato.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La persona che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, equitativamente determinata dalla Corte, in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34726 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34726 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CALTANISSETTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/03/2025 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. NUMERO_DOCUMENTO Fasciana
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Che l’imputato ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe, che ha parzialmente modificato la sentenza di primo grado di condanna per il reato di cui all’art. 73 co. 5 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, riducendo la pena, su concorde richiesta delle parti, a anni due di reclusione ed euro 4.000 di multa;
che il ricorrente denuncia violazione di legge in ordine alla eccessiva severità del trattamento sanzionatorio e, in particolare, alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche;
che è orientamento consolidato di questa Corte quello per cui l’imputato non può porre in discussione, al di fuori dei casi di illegalità della pena, la misura della pena liberamente concordata con la pubblica accusa (comunque inferiore a quella inflitta dal giudice di primo grado) e ritenuta congrua dal giudice d’appello nel procedimento definito ai sensi dell’art. 599bis cod. proc. pen.;
che alla relativa declaratoria d’inammissibilità la Corte provvede «senza formalità di procedura», ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., aggiunto dalla legge n. 103 del 2017, cioè de plano con trattazione camerale non partecipata;
che segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma equitativamente determinata in euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/10/2025