Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10339 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10339 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/09/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
COGNOME NOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e/o vizio motivazionale in relazione all’errata applicazione dei criteri di cui all’art. 192 cod. proc. pen. per cui era st riscontrata l’assunzione di sostanze alcoliche e psicotrope da parte dell’imputato prima della causazione del sinistro, al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. ed al mancato riconoscimento dell’avvenuta prescrizione del reato.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
3.1. I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare del fatto che l’imputato conduceva l’autovettura intestata al padre al momento della causazione del sinistro e che, subito dopo il verificarsi del fatto, le forze dell’or intervenivano per fare sottoporre l’imputato ad accertamento medico volto alla rilevazione dell’assunzione di sostanze alcoliche e stupefacenti, vista la sintomatologia presentata dall’imputato.
Il riscontrato tasso alcolemico (2,211 g/I) non lascia alcun dubbio sul fatto che l’imputato guidasse in stato di ebbrezza, così come la riscontrata assunzione di cocaina e cannabinoidi, in uno con la sintomatologia riferita dalla teste COGNOME, che fosse anche sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
3.2. Inoltre, i giudici d’appello hanno escluso motivatamente che ricorressero i presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis, stante la non esiguità del pericolo e del danno causato, essendosi l’imputato messo alla guida con un elevato tasso alcolemico e in uno stato di grave alterazione psico-fisica, nonché avendo egli causato un sinistro stradale investendo in modo autonomo un’altra auto parcheggiata in sosta regolare.
Quanto a tale ultimo aspetto, la sentenza, dunque, si colloca nell’alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, co. 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. Un. n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).
Il reato non era prescritto all’atto della pronuncia della sentenza impugnata. E nemmeno potrebbe porsi in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen (così Sez. Un. n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. Un., n. 23428 del 2/3/2005, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. Un. n. 19601 del 28/2/2008, COGNOME, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, Rv. 256463).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21 febbraio 2024.