Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38409 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38409 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CORATO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore di fiducia, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e/o vizio motivazionale in relazione all’affermazione di responsabilità, sul rilievo che a suo carico vi sarebbero solo ed esclusivamente le dichiarazioni accusatorie della persona offesa.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
Gli stessi, in particolare, non sono sorretti da concreta specificità e pertinenza censoria e sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare hanno motivato sulla credibilità soggettiva dei Ciminiello, evidenziando che nessun elemento agli atti attesta gli assenti “cattivi rapporti” tra lo stesso e l’imputato, ipotizzati d difesa soltanto in ragione del diverbio verificatosi la sera del 3 febbraio 2015, che, al contrario, trova la sua ragion d’essere proprio nel furto appena subito.
Lo stesso imputato – si evidenzia in sentenza- nelle spontanee dichiarazioni rese a dibattimento non deduce l’esistenza di pregressi rapporti con il Ciminiello che possano legittimare l’ipotesi di una denuncia calunniosa ai suoi danni, ma si limita ad affermare che il denunciante era solitamente ubriaco e infastidiva gli altri avventori presenti all’interno della sala così come avvenuto anche la sera in questione, allorché il titolare lo aveva sollecitato a lasciarlo perdere. Una tale asserzione, si rileva ancora, è del tutto priva di riscontri ed anzi è smentita dalle acquisizioni agli atti, laddove nessun accenno a tale ubriachezza fa il titolare della sala giochi, COGNOME, il quale ha riferito soltanto di un diverbio tra i due, in ordine alla c origine egli nulla sapeva trovandosi in una sala attigua a quella in cui erano allocate le slot. E, soprattutto, tale stato di ubriachezza della vittima è smentito dalla denuncia-querela che il Ciminiello ha sporto presso i Carabinieri di Corato in maniera tempestiva e immediata. La querela, infatti, delle 21.32 del 5/02/2015, seguiva di poco i fatti, accaduti pacificamente alle ore 20.00, e nessuna alterazione determinata da ubriachezza viene attestata dai militari.
In un tale contesto viene evidenziato non essere in contrasto con la versione del Ciminiello quella del teste COGNOME, il quale ha confermato di aver effettivamente
sentito una lite nella sala attigua in cui si trovavano le “slot machine” aventi come protagonisti l’imputato e la persona offesa nell’orario in cui si è verificato il fatto Al contrario il diverbio – ammesso anche dall’imputato – fornisce riscontro alla versione dei fatti del denunciante, in assenza di altra ragione giustificatrice.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia i ricorrenti chiedono una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma un siffatto modo dì procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 3/10/2024