Ricorso inammissibile: la Cassazione conferma la condanna per spaccio
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio dei motivi per cui un’impugnazione può essere respinta senza un esame del merito. Il caso in esame riguarda un ricorso inammissibile presentato da tre individui condannati in primo e secondo grado per plurime violazioni in materia di stupefacenti. La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi, sottolineando principi fondamentali della procedura penale, come la necessità di motivi specifici e il divieto di rivalutare i fatti in sede di legittimità.
I Fatti del Processo
Tre soggetti venivano condannati dal Tribunale e, successivamente, dalla Corte d’Appello per violazioni della legge sugli stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/1990); uno di essi era imputato anche per violenza privata (art. 610 c.p.). La condanna si basava su prove raccolte durante le indagini, tra cui riconoscimenti fotografici e testimonianze che li collegavano a episodi di cessione di droga.
Contro la sentenza di secondo grado, gli imputati proponevano ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni. Uno dei ricorrenti lamentava la mancata riapertura dell’istruttoria per acquisire il suo passaporto, al fine di dimostrare la sua assenza dall’Italia in determinati periodi. Un altro contestava la sua responsabilità penale per le cessioni di droga a due specifici acquirenti, mettendo in discussione la valutazione delle prove testimoniali e dei riconoscimenti fotografici effettuata dai giudici di merito.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza degli imputati, ma si concentra esclusivamente sulla correttezza formale e sostanziale dei motivi di ricorso presentati. La Corte ha stabilito che i ricorsi erano del tutto privi dei requisiti richiesti dalla legge per poter essere esaminati, condannando di conseguenza i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende.
Le motivazioni dietro a un ricorso inammissibile
La Corte ha spiegato dettagliatamente le ragioni dell’inammissibilità, distinguendo le posizioni dei vari ricorrenti.
Per due di essi, i ricorsi sono stati giudicati ‘radicalmente inammissibili’ perché completamente privi di un confronto concreto con le argomentazioni della sentenza d’appello. In altre parole, le loro difese si erano limitate a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi precedenti, senza contestare specificamente le ragioni della Corte d’Appello.
Per il terzo ricorrente, i motivi sono stati analizzati più a fondo, ma ugualmente respinti:
1. Richiesta esplorativa: La richiesta di acquisire il passaporto è stata considerata ‘manifestamente infondata’ a causa della sua ‘assoluta genericità’. L’imputato aveva sostenuto di ‘non ricordare a memoria’ i periodi di assenza, una giustificazione ritenuta troppo vaga e ‘sostanzialmente esplorativa’ per giustificare la riapertura di un’istruttoria dibattimentale.
2. Rivalutazione del merito: Le critiche sulla valutazione delle prove (riconoscimento fotografico e testimonianze) sono state ritenute un tentativo di sollecitare una ‘rivalutazione del merito’, vietata in sede di Cassazione. La Corte ha ribadito che il suo compito non è quello di riesaminare le prove, ma solo di verificare che la motivazione dei giudici precedenti sia logica e non contraddittoria. Poiché la Corte d’Appello aveva spiegato in modo non illogico come era giunta alla prova della responsabilità, basandosi anche sul principio della ‘doppia conforme’, la doglianza è stata respinta.
Le conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cruciale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Per avere successo, un ricorso deve evidenziare specifici errori di diritto o vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso inammissibile perché generico, ripetitivo o volto a ottenere un nuovo esame delle prove non solo viene respinto, ma comporta anche una condanna al pagamento di spese e sanzioni, aggravando la posizione del condannato. Questo serve a scoraggiare impugnazioni puramente dilatorie e a preservare la funzione della Corte di Cassazione come giudice della legittimità.
Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è privo dei requisiti di legge, ad esempio se i motivi sono generici e non si confrontano specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, oppure se tende a sollecitare una rivalutazione dei fatti e delle prove, compito che spetta ai giudici di primo e secondo grado e non alla Corte di Cassazione.
Cosa significa che una richiesta istruttoria è ‘esplorativa’?
Significa che la richiesta di acquisire una nuova prova è formulata in termini così generici e vaghi da non permettere alla Corte di valutarne la reale rilevanza e pertinenza. Nel caso specifico, la richiesta di acquisire un passaporto basata su un vago ‘non ricordo’ è stata considerata esplorativa e, quindi, respinta.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove come una testimonianza?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria, non può riesaminare le prove (come testimonianze o riconoscimenti fotografici) per fornire una propria e diversa interpretazione dei fatti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18717 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18717 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/02/2024
ORDINANZA
FRA] NOME (CODICE_FISCALE) (NOME COGNOME) nato il DATA_NASCITA
sui ricorsi proposti da: COGNOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/05/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME – imputati di plurime violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (1 1 0TAY anche del reato di cui all’art. 610 cod. pen.) – hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 15/05/2023, con cui la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la condanna in primo grado irrogata dal Tribunale di Grosseto;
ritenuto che i ricorsi dell’COGNOME e del COGNOME siano radicalmente inammissibili perché del tutto privi di concreto confronto con la motivazione della sentenza impugnata;
rilevato che il FRA) ha dedotto vizio di motivazione con riferimento alla mancata riapertura dell’istruttoria dibattimentale per l’acquisizione del passaporto del ricorrente, e all’affermazione di responsabilità quanto alle cessioni di droga a COGNOME e COGNOME;
ritenuto che il primo motivo sia manifestamente infondato, risultando dirimente l’assoluta genericità della richiesta, prospettata in termini sostanzialmente esplorativi (dal momento che il ricorrente aveva dedotto di “non ricordare a memoria” i periodi di assenza dall’Italia, impedendo alla Corte di apprezzarne l’effettiva rilevanza);
ritenuto che le doglianze relative alle cessioni al COGNOME siano inammissibili perché tendenti a sollecitare una rivalutazione del merito delle risultanze acquisite, avendo la Corte non illogicamente ritenuto raggiunta la prova della penale responsabilità alla luce dell’esito positivo della ricognizion fotografica, confermata dal teste sia pure all’esito di contestazione (v. in senso conforme pag. 4 seg. della sentenza di primo grado, il cui percorso argomentativo deve essere apprezzato congiuntamente a quello della sentenza impugnata, secondo i noti principi in tema di “doppia conforme”);
ritenuto che ad analoghe conclusioni debba pervenirsi anche quanto alle cessioni in favore della COGNOME, dovendo anche in questo caso la sentenza impugnata essere valutata unitamente a quanto esposto dal giudice di primo grado, secondo cui l’odierno ricorrente, unitamente al coimputato COGNOME, era stato riconosciuto “con certezza” dalla COGNOME “come persone da cui si era procurata lo stupefacente”, avendo al contrario espresso dubbi sul terzo imputato COGNOME (cfr. pag. 3 della sentenza di primo grado);
ritenuto pertanto che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.