Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità Costa Cara
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio per contestare una sentenza di condanna, ma richiede rigore e specificità. Un ricorso inammissibile, come evidenziato da una recente ordinanza della Corte di Cassazione, non solo preclude la possibilità di un riesame, ma comporta anche conseguenze economiche significative per il ricorrente. Questo caso offre un chiaro esempio di come la genericità di un motivo di impugnazione possa trasformarsi in un esito sfavorevole e oneroso.
I Fatti di Causa
La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di furto aggravato (artt. 624 e 625 n. 2 c.p.). L’imputato era stato ritenuto colpevole sia dal Tribunale di primo grado, con sentenza del 3 marzo 2023, sia dalla Corte d’Appello di Milano, che aveva confermato la decisione il 6 febbraio 2024. La pena inflitta era di dieci mesi e venti giorni di reclusione, oltre a 400,00 euro di multa.
Non rassegnato alla condanna, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta violazione dell’art. 129 del codice di procedura penale, sostenendo che avrebbe dovuto essere pronunciata una sentenza di proscioglimento in suo favore.
Il Motivo del Ricorso e la Decisione della Cassazione
Il ricorso si fondava su un’unica argomentazione, considerata dalla Suprema Corte manifestamente infondata. La difesa sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel non prosciogliere l’imputato, senza però articolare in modo specifico e puntuale le ragioni di tale presunto errore.
La Corte di Cassazione, con ordinanza del 17 ottobre 2024, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione è stata netta e non ha lasciato spazio a un esame nel merito della questione, concentrandosi unicamente sui vizi procedurali dell’impugnazione.
Le motivazioni: perché il ricorso inammissibile è stato respinto?
La Corte ha fondato la sua decisione sull’articolo 591, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale. Secondo i giudici, il motivo proposto era del tutto ‘generico ed aspecifico’. In altre parole, il ricorrente non ha adeguatamente illustrato le ragioni di fatto e di diritto a sostegno della sua tesi. L’atto di impugnazione si limitava a enunciare una violazione di legge senza confrontarsi criticamente con le argomentazioni logico-giuridiche contenute nella sentenza della Corte d’Appello.
La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il ricorso non può essere una semplice riproposizione di lagnanze già esaminate e respinte nei gradi di merito. Deve, invece, individuare con precisione il vizio della sentenza impugnata e dimostrare come questo abbia inciso sulla decisione. Mancando questa specificità, il ricorso diventa uno strumento inefficace e, per l’appunto, inammissibile. La motivazione dei giudici di merito è stata ritenuta immune da vizi logico-giuridici, giustificando pienamente sia l’affermazione di responsabilità penale sia la congruità della pena.
Le conclusioni: le conseguenze pratiche della decisione
La declaratoria di inammissibilità ha comportato due conseguenze dirette per il ricorrente. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, e più gravoso, il versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria, prevista per legge in caso di inammissibilità del ricorso, serve a scoraggiare impugnazioni pretestuose o redatte senza la dovuta diligenza. La Corte ha citato la sentenza n. 186/2000 della Corte Costituzionale, sottolineando che non sussistevano ragioni per esonerare il ricorrente da tale pagamento. Questo caso, quindi, funge da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione chiari, specifici e giuridicamente fondati per evitare non solo una sconfitta processuale, ma anche un significativo esborso economico.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico e aspecifico. Non specificava in modo puntuale le ragioni di fatto e di diritto contro la sentenza impugnata e non si confrontava adeguatamente con le motivazioni della Corte d’Appello.
Qual era il reato per cui l’imputato era stato condannato?
L’imputato era stato condannato per il reato di furto aggravato, ai sensi degli articoli 624 e 625, numero 2, del codice penale.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3499 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3499 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CATANIA il 20/10/1970
avverso la sentenza del 06/02/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 6 febbraio 2024 la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia del locale Tribunale del 3 marzo 2023 con cui NOME era stato condannato alla pena di mesi dieci, giorni venti di reclusione ed euro 400,00 di multa in ordine al reato di cui agli artt. 624, 625 n. 2 cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, inosservanza dell’art. 129 cod. proc. pen., per non essere stata pronunciata sentenza di proscioglimento in suo favore.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Il Collegio rileva, infatti, che la motivazione resa dai giudici di merito ben rappresenta e giustifica, in punto di diritto, con argomentazione immune da vizi logico-giuridici, le ragioni di riconoscimento della penale responsabilità dell’imputato e la congruità della pena inflittagli.
Il motivo proposto dal ricorrente è, pertanto, manifestamente inammissibile ai sensi dell’art. 591, comma 1, lettera c), cod. proc. pen., in quanto del tutto generico ed aspecifico, non puntualizzando le ragioni di doglianza in fatto e in diritto e non confrontandosi in modo adeguato con le argomentazioni espresse dalla sentenza impugnata.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 ottobre 2024