Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46095 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46095 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 15/05/1981
avverso la sentenza del 10/04/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta l’omessa applicazione della circostanza attenuane ex art. 62, comma primo, n. 4 cod. pen. non è consentito in questa sede, poiché privo dei requisiti richiesti, a pena di inammìssibilità del ricorso, dagli artt. 581, comma 1, lett. c) e 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., e dunque generico per indeterminatezza e aspecificità;
che, in proposito, va ricordato che «la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui sì riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta» (così, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584);
che, inoltre la medesima censura risulta anche manifestamente infondata, avendo la Corte territoriale adeguatamente motivato il diniego della suddetta attenuante – con una valutazione discrezionale rimessa all’apprezzamento del giudice di merito e insindacabile in questa sede, se non viziata da illogicità conformandosi ai prìncipi di diritto affermati da questa Corte, secondo cui l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità presuppone che il danno arrecato abbia avuto una «rilevanza minima» (Sez. U, n. 28243 del 28/03/2013, COGNOME, Rv. 255528, in motivazione), sia cioè di entità quasi trascurabile per il danneggiato (Sez. 2, n. 15576 del 20/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255791; Sez. 2, n. 2993 del 01/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265820) ed arrechi, quindi, un pregiudizio lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio;
osservato che anche il secondo motivo, con cui si contesta vizio di motivazione in relazione alla mancata riduzione della pena ai minimi edittali, è connotato da genericità oltre che manifestamente infondato, poiché – a fronte di una motivazione con cui la Corte territoriale ha confermato l’equità della riduzione della pena operata dal giudice di primo grado ex art. 648, comma quarto, cod. pen. il ricorrente ha invero lamentato un’inesistente diritto al minimo edittale, dovendosi sottolineare, invece, che secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione del trattamento sanzionatorio, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e a titolo di continuazione, oltre che per fissare la pena base, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati
59-24070/2024
negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché nel giudizio di cassazione è comunque non consentita la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione, come nel caso di specie, non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 novembre 2024.