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Ricorso inammissibile: genericità e limiti del giudizio

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per detenzione di stupefacenti. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi di appello, che si limitavano a contestare l’eccessività della pena senza sollevare specifiche violazioni di legge. La Corte ribadisce che il giudizio di legittimità non consente una nuova valutazione dei fatti e che una pena, se compresa tra il minimo e il massimo edittale e ritenuta adeguata dal giudice di merito, è sufficientemente motivata. Di conseguenza, il ricorso inammissibile comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: quando la Genericità Osta alla Revisione della Pena

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, n. 18742/2024, offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, sottolineando come la genericità delle censure renda un ricorso inammissibile. Il caso riguarda una condanna per concorso nel delitto di detenzione di sostanze stupefacenti, e la decisione della Suprema Corte ribadisce i confini invalicabili tra il giudizio di merito e quello di legittimità.

I Fatti di Causa: la Custodia di Sostanze Stupefacenti

La vicenda processuale trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Napoli. Una donna era stata ritenuta responsabile del reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. La sua responsabilità era stata affermata sulla base del rinvenimento, presso la sua abitazione, di materiale per il confezionamento di dosi e, soprattutto, di una cassetta di sicurezza contenente circa 62 grammi di cocaina. La stessa imputata aveva ammesso di custodire la sostanza per conto di terzi in cambio di un corrispettivo economico.

I Motivi del Ricorso e la loro Valutazione

L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione lamentando due aspetti principali: l’assenza di prove circa la sua contiguità con ambienti criminali e l’eccessività della pena inflitta, ritenuta sproporzionata rispetto alla presunta irrisorietà del quantitativo di stupefacente. La difesa sosteneva che la pena fosse stata determinata in misura superiore al minimo edittale senza un’adeguata giustificazione.

La Decisione della Cassazione: un Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del processo penale: le censure mosse in sede di legittimità non possono essere generiche né mirare a una nuova valutazione dei fatti. I giudici hanno evidenziato come le doglianze della ricorrente fossero del tutto generiche, prive dell’illustrazione di specifiche violazioni di legge o di vizi motivazionali concreti.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che le censure erano state formulate su un piano puramente valutativo. Contestare l’eccessività della pena, quando questa è stata stabilita all’interno della forbice edittale (tra il minimo e il massimo previsto dalla legge), non costituisce un valido motivo di ricorso per cassazione se non si evidenzia un vizio logico manifesto o una violazione di legge nella motivazione del giudice. La Corte d’Appello aveva, infatti, giustificato la misura della pena facendo riferimento al quantitativo di sostanza stupefacente e ai collegamenti, dichiarati dalla stessa imputata, con ambienti criminali. Questi argomenti sono stati ritenuti idonei e non manifestamente illogici. La Cassazione ha inoltre ribadito un principio consolidato: l’obbligo di motivazione sulla pena si considera adempiuto quando il giudice d’appello, confermando una sanzione compresa nei limiti legali, la ritenga semplicemente ‘adeguata’ o ‘non eccessiva’. Tale affermazione dimostra implicitamente che sono stati considerati tutti gli elementi previsti dall’art. 133 del codice penale, inclusi quelli sollevati dall’appellante.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame conferma che l’accesso al giudizio di legittimità richiede la formulazione di critiche specifiche e puntuali, dirette a colpire vizi di legge o di motivazione e non a sollecitare una riconsiderazione del merito della vicenda. Un ricorso inammissibile perché generico comporta non solo la conferma della decisione impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale. Questa ordinanza serve da monito sulla necessità di redigere atti di impugnazione tecnicamente rigorosi, evitando contestazioni astratte che esulano dall’ambito di competenza della Corte di Cassazione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati giudicati del tutto generici. Non illustravano specifiche violazioni di legge o vizi della motivazione, ma si limitavano a contestare la valutazione dei fatti e la misura della pena in modo non consentito nel giudizio di legittimità.

È possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa dal giudice?
Sì, ma solo a determinate condizioni. Non è sufficiente lamentare che la pena sia ‘eccessiva’. È necessario dimostrare che il giudice abbia violato la legge nella sua determinazione o che la sua motivazione sia manifestamente illogica. Se la pena è all’interno dei limiti legali e il giudice di merito la ritiene ‘adeguata’, la motivazione è considerata sufficiente.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta la condanna della parte che lo ha proposto al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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