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Ricorso inammissibile: genericità e dolo nell’evasione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per evasione. Il ricorso è stato ritenuto generico riguardo al dolo e non specifico sulla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, a causa di una precedente condanna ostativa. La Corte ha confermato la necessità di motivi di ricorso specifici e non meramente reiterativi.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione sulla Genericità dei Motivi nel Reato di Evasione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito principi fondamentali in materia di reati contro l’amministrazione della giustizia e sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi. La pronuncia in esame chiarisce perché un ricorso inammissibile non può superare il vaglio di legittimità, soprattutto quando i motivi sono generici e non si confrontano con le specifiche motivazioni della sentenza impugnata. Analizziamo il caso e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato per il reato di evasione ai sensi dell’art. 385 del codice penale, proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello. Il ricorso si fondava su due motivi principali:

1. La contestazione dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo. L’imputato sosteneva di non aver agito con la volontà di sottrarsi alla misura, adducendo come giustificazione una presunta malattia della figlia.
2. La richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena, negata nei precedenti gradi di giudizio.

La difesa, inoltre, depositava una memoria a sostegno delle proprie tesi, che si rivelava però meramente reiterativa dei motivi di ricorso.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si basa su una valutazione critica di entrambi i motivi di ricorso, ritenuti privi dei requisiti minimi per poter essere esaminati nel merito.

Primo Motivo: la Genericità sul Dolo nell’Evasione

La Corte ha qualificato il primo motivo come generico e volto a sollecitare una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. I giudici hanno sottolineato che, per il reato di evasione, è sufficiente il cosiddetto “dolo generico”. Tale dolo consiste nella semplice consapevolezza e volontà di violare il divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la necessaria autorizzazione. Non hanno alcuna rilevanza i motivi personali dell’agente o la sua intenzione di sottrarsi in via definitiva alla misura. Inoltre, la Corte d’Appello aveva già evidenziato come l’imputato non avesse fornito alcuna prova a sostegno della presunta malattia della figlia.

Secondo Motivo: l’Aspecificità sulla Sospensione Condizionale

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile, ma per “aspecificità”. Il ricorrente, infatti, non si era confrontato con la specifica motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva negato la sospensione condizionale della pena evidenziando una precedente condanna a carico dell’imputato (per complessivi tre anni e otto mesi di reclusione), ritenuta ostativa alla concessione del beneficio. Il ricorso, ignorando questo punto cruciale, non ha assolto all’onere di critica vincolata tipico del giudizio di Cassazione.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni dell’ordinanza si fondano su due pilastri del diritto processuale penale. In primo luogo, la Corte riafferma la natura del giudizio di legittimità, che non è un terzo grado di merito. Non si possono introdurre censure che mirano a una diversa ricostruzione dei fatti, a meno che la motivazione della sentenza impugnata non sia manifestamente illogica o contraddittoria, cosa che in questo caso non è stata ravvisata.

In secondo luogo, viene ribadito il principio del dolo generico per il reato di evasione, come consolidato dalla giurisprudenza (viene citata la sentenza n. 10425/2012). L’integrazione del reato non richiede un’intenzione particolare, ma solo la coscienza di trasgredire l’ordine dell’autorità. Infine, la Corte sanziona la tecnica difensiva basata su motivi “aspecifici”, ovvero motivi che non dialogano con la ratio decidendi della sentenza impugnata, trasformando il ricorso in un atto sterile e, di conseguenza, inammissibile.

Conclusioni

Questa pronuncia offre importanti spunti di riflessione. Per chi si trova ad affrontare un procedimento penale, emerge chiaramente l’importanza di fornire prove concrete a sostegno delle proprie giustificazioni già nei gradi di merito. Per gli operatori del diritto, invece, viene ribadita la necessità di redigere ricorsi per Cassazione che siano specifici, pertinenti e che si confrontino puntualmente con le argomentazioni del giudice di secondo grado. Un ricorso inammissibile non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche un’ulteriore condanna economica per l’assistito.

Che cosa si intende per ‘dolo generico’ nel reato di evasione?
Per il reato di evasione è sufficiente il dolo generico, che consiste nella consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione. Non sono rilevanti i motivi personali che hanno spinto all’azione né l’intenzione di sottrarsi definitivamente alla misura.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il primo motivo era generico e mirava a una rivalutazione dei fatti non consentita in Cassazione, mentre il secondo motivo era aspecifico, in quanto non contestava la ragione specifica per cui era stata negata la sospensione condizionale della pena, ovvero una precedente condanna ostativa.

Una precedente condanna può impedire la concessione della sospensione condizionale della pena?
Sì, secondo quanto emerge dall’ordinanza, una precedente condanna a una pena significativa (in questo caso, tre anni e otto mesi di reclusione) è stata considerata un elemento ostativo alla concessione della sospensione condizionale della pena, e la mancata contestazione di questo punto specifico nel ricorso ha contribuito a renderlo inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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