Ricorso Inammissibile: la Cassazione Boccia i Motivi Generici
Quando si presenta un ricorso in Cassazione, la precisione e la specificità dei motivi sono essenziali. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come la genericità delle argomentazioni porti a un ricorso inammissibile, con conseguenze economiche per chi lo propone. In questa ordinanza, i giudici hanno ribadito principi consolidati in materia di impugnazioni, sottolineando l’importanza di una critica puntuale e non astratta alla sentenza di merito.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. Il ricorrente lamentava principalmente due aspetti della decisione di secondo grado: la mancata riqualificazione del reato in un’ipotesi meno grave (ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti) e il mancato riconoscimento della continuazione con altri reati, oggetto di sentenze precedenti e irrevocabili.
La Genericità dei Motivi e il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha ritenuto che entrambi i motivi di ricorso fossero affetti da genericità. Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua e adeguata sia sul trattamento sanzionatorio che sulla mancata riqualificazione del fatto. Il ricorso, invece, non si confrontava specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, limitandosi a riproporre le stesse doglianze in modo astratto.
Per quanto riguarda la richiesta di applicazione della continuazione, la Cassazione ha evidenziato una lacuna fondamentale: la mancata allegazione, già nei motivi di appello, delle sentenze specifiche con cui si chiedeva di unificare i reati. Inoltre, il notevole lasso di tempo trascorso tra i diversi episodi criminosi rendeva impossibile valutare l’esistenza di un ‘medesimo disegno criminoso’, requisito essenziale per l’applicazione di questo istituto.
La Decisione della Corte: Conseguenze e Prospettive
Sulla base di queste considerazioni, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione comporta, per legge, delle conseguenze precise per il ricorrente.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione richiamando l’art. 616 del codice di procedura penale. La genericità dei motivi non consente alla Corte di entrare nel merito delle questioni sollevate, rendendo l’impugnazione non valida sin dall’origine. I giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva correttamente escluso la continuazione, non solo per la mancata allegazione ma anche per l’ampio divario temporale tra i fatti, un elemento che interrompe la presunzione di un unico progetto criminale. Tuttavia, la Corte ha specificato che, nonostante la dichiarazione di inammissibilità, la questione della continuazione non è preclusa in assoluto. L’imputato conserva la facoltà di presentare questa richiesta in un momento successivo, ovvero durante la fase di esecuzione della pena, come previsto dall’art. 671 del codice di procedura penale.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio cardine del processo penale: un ricorso per cassazione deve essere uno strumento di critica specifica e puntuale, non una generica riproposizione di lamentele. La declaratoria di ricorso inammissibile comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, in questo caso quantificata in 3.000 euro. La pronuncia, pur essendo sfavorevole, offre uno spunto importante: la possibilità di rimediare ad alcune omissioni (come la richiesta di continuazione) in sede esecutiva, una via alternativa che rimane aperta anche dopo la chiusura del processo di cognizione.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti generici. Il ricorrente non ha criticato in modo specifico le argomentazioni della sentenza della Corte d’Appello, ma si è limitato a riproporre le sue lamentele in modo vago.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000 euro.
Dopo questa decisione, l’imputato può ancora chiedere il riconoscimento della continuazione tra i reati?
Sì. La Corte ha chiarito che, nonostante l’inammissibilità del ricorso, all’imputato non è preclusa la possibilità di chiedere il riconoscimento della continuazione. Potrà farlo in un momento successivo, durante la fase di esecuzione della pena, ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36233 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36233 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/04/2025 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
90-7
Rg.17195/25
Ritenuto che entrambi i motivi dedotti sono affetti da genericità rispetto alla motivazione della Corte di appello di Napoli, che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, ha congruamente motivato in merito alla mancata riqualificazione ai sensi dell’ipotesi del comma quinto dell’art. 73 T.U. stup. (cfr. pag. 5 della sentenza), fornendo altresì una motivazione adeguata anche sul trattamento sanzionatorio ed escludendo la possibilità di decidere sulla continuazione per la mancata allegazione delle sentenze riferite ai reati oggetto della richiesta, sebbene passate in giudicato in epoca antecedente alla presentazione dei motivi di appello, in ragione del notevole lasso temporale tra le date di consumazione dei reati che non consentiva di valutare o meno la sussistenza del medesimo disegno criminoso, in ossequio all’orientamento di legittimità secondo cui non potendo la Corte decidere tempestivamente sulla domanda resta impregiudicata per l’imputato la possibilità di vedersi riconoscere la continuazione in sede esecutiva, ex art. 671 c.p.p. (Sez. 1. N. 6348 del 14/10/2022, Rv. 284409; Sez. 2, n. 7132 del 11/01/24, Rv. 285991);
rilevato che dalla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 6 ottobre 2025
Il Cons I re estensore
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