Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20099 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20099 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SAN GENNARO VESUVIANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria a firma del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 7 marzo 2023 dalla Corte di appello di Napoli, che – per quanto qui di interesse ha confermato la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Napoli che aveva condannato COGNOME NOME per più fatti di bancarotta fraudolenta, in relazione alla società “RAGIONE_SOCIALE“, fallita il 13 giugno 2014.
Secondo l’impostazione accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l’imputato, nella qualità di amministratore della società, avrebbe distratto i seguenti beni: la somma di euro 2.208.796,16, corrispondente a finanziamenti, scoperti su conti correnti e mutui chirografari ottenuti dalla società, nel biennio anteriore al fallimento; la somma di euro 199.511,39, dissipata per acquisti personali, attraverso l’utilizzo di carte di credito; attrezzature elettroniche informatiche della società dal valore di euro 125.706,31 o comunque il corrispettivo per la loro alienazione illecita; un autoveicolo “Ford Mondeo”.
Avrebbe, inoltre, sottratto le scritture contabili della società.
Avrebbe, infine, concorso a cagionare il dissesto della società, esponendo dati non corrispondenti al vero nei bilanci e nelle dichiarazioni tributarie della società. In particolare, nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2012, riportava immobilizzazioni materiali pari ad euro 2.045.531,00 e rimanenze merci per euro 1.877.208,00; beni rinvenuti dai curatori – all’atto della redazione dell’inventario – solo per u valore notevolmente inferiore. Nel medesimo bilancio, avrelne riportato crediti inesistenti per un valore di euro 812.655,00. Nelle dichiarazioni tributarie relative agli anni 2012, 2013 e 2014, avrebbe riportato crediti inesistenti per ingenti importi.
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore.
2.1. Con un primo motivo, articolato con riferimento alla bancarotta distrattiva, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale.
Sostiene che la Corte di appello sarebbe incorsa in evidenti errori, dovuti alla lacunosa relazione del curatore fallimentare, che avrebbe effettuato accertamenti generici.
In particolare, con riferimento alla somma di euro 2.208.796,16, il ricorrente sostiene che essa non sarebbe stata distratta, ma utilizzata per le spese necessarie all’apertura e alla messa in esercizio dei negozi.
Con riferimento alla somma di euro 199.511,39, il ricorrente sostiene che sarebbe stata utilizzata per gadget, buoni sconto per il personale dipendente e per spese legate ai viaggi dei furgoni aziendali.
Con riferimento alle attrezzature elettroniche e informatiche della società, il ricorrente sostiene che esse non sarebbero state distratte né illecitamente alienate, ma sarebbero rimaste all’interno dei «negozi oramai chiusi».
Quanto alla “Ford Mondeo”, l’automobile sarebbe stata restituita alla curatela e da questa successivamente venduta.
2.2. Con un secondo motivo, articolato con riferimento alla bancarotta pe falso in bilancio, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della penale.
Sostiene che il bilancio del 2012 non sarebbe falso, atteso che: le immobilizzazioni contestate sarebbero state «in parte restituite nei negozi durante il 2013 ed in parte rivendute durante il 2013 e il 2014»; le merci contestate sarebbero state rivendute durante gli anni 2013 e 2014 e i crediti riportati nelle dichiarazioni tributarie sarebbero relativi a «caparre confirmatorie rilasciate ed anticipate ai gestori dei centri commerciali in sede di acquisizione di nuovi negozi».
2.3. Con un terzo motivo, articolato con riferimento alla bancarotta documentale, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale.
Sostiene che le scritture contabili non sarebbero state sottratte, ma consegnate, in sede di verifica fiscale, alla Guardia di finanza e da questa mai restituite.
Il AVV_NOTAIO generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. Tutti e tre i motivi di ricorso sono inammissibili, per genericità intrinseca. Il ricorrente, infatti, si è limitato a effettuare una serie di generiche asserzioni senza indicare e tantomeno allegare gli atti dai quali dovrebbe desumersi la prova di quanto da lui affermato.
Egli, infatti, sostiene che le somme di denaro non sarebbero state distratte, ma destinate a spese necessarie per i negozi o a esigenze del personale e dell’azienda, ma non indica neppure gli atti dai quali dovrebbe desumersi detta destinazione.
Così come afferma che le attrezzature elettroniche e informatiche sarebbero rimaste nei negozi, senza, però, indicare gli atti dai quali dovrebbe desumersi tale circostanza.
Tantomeno, il ricorrente allega gli atti dai quali dovrebbe desumersi la destinazione data ai beni in questione.
Analoga genericità caratterizza i motivi relativi alle falsità dei bilanci e all sottrazione delle scritture contabili.
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Il ricorrente fa una serie di affermazioni per giustificare le difformità rileva nei bilanci dalla pubblica accusa, ma non indica neppure gli atti dai quali si dovrebbe desumere la fondatezza di tali affermazioni.
Così come sostiene che le scritture contabili sarebbero state consegnate alla Guardia di Finanza e da questa mai restituite, senza, però, indicare e, tantomeno, allegare gli atti dai quali dovrebbe desumersi tale circostanza.
I motivi di ricorso si presentano, dunque, intrinsecamente generici e privi della necessaria autosufficienza, atteso che gli atti gli atti dai quali dovrebbero desumersi le circostanze dedotte dal ricorrente non sono stat indicati, non sono stati allegati né la parte ha chiesto, alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, di allegarli al ricorso da trasmet:tere alla Suprema Corte.
Al riguardo, va ricordato che è inammissibile il ricorso per cassazione che, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione, così da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, COGNOME, Rv. 256723; Cass., Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Scioppo, Rv. 270071).
Siffatta interpretazione, con le dovute precisazioni, va mantenuta ferma anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 165 bis, comma 2, d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 (inserito dall’art. 7, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11), che prevede che, in caso di ricorso per cassazione, copia degli atti «specificamente indicati da chi ha proposto l’impugnazione ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e) del codice», è inserita a cura della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato in separato fascicolo da allegare al ricorso.
La Suprema Corte ha, infatti, chiarito che, «sebbene la materiale allegazione con la formazione di un separato fascicolo sia devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, resta in capo al ricorrente l’onere di indicare nel ricorso gli atti da inserire nel fascicolo, che ne consenta la pronta individuazione da parte della cancelleria, organo amministrativo al quale non può essere delegato il compito di identificazione degli atti attraverso la lettura e l’interpretazione del ricorso» (cfr. Cass., Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Talannanca, Rv. 276432).
E, dunque, anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 165-bis disp. att. cod. proc. pen., trova applicazione il principio di autosufficienza del ricorso, che si traduce nell’onere di puntuale indicazione, da parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione, materialmente devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato
(Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, Cossu, Rv. 280419; Cass., Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Talamanca, Rv. 276432).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che deve determinarsi in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, il 9 febbraio 2024.