Ricorso Inammissibile: la Cassazione Spiega i Requisiti di Specificità
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla tecnica di redazione dei ricorsi in Cassazione, chiarendo perché un ricorso inammissibile non è solo un errore formale, ma una carenza sostanziale che impedisce al giudice di legittimità di esaminare il caso nel merito. La Corte Suprema ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso avverso una condanna per ricettazione, sottolineando come la mera riproposizione dei motivi d’appello e la loro genericità non costituiscano una critica valida alla sentenza impugnata.
I Fatti del Processo: Condanna per Ricettazione
Il caso riguarda un soggetto condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bari per il reato di ricettazione, previsto dall’art. 648 del codice penale. L’imputato era stato ritenuto responsabile di aver ricevuto merce, provento di furti e rapine, all’interno di un capannone a lui intestato. Avverso tale sentenza, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, articolando cinque distinti motivi di censura.
I Motivi del Ricorso: una Critica Generica alla Sentenza
I motivi presentati dalla difesa miravano a smontare l’impianto accusatorio e la decisione della Corte d’Appello su più fronti:
1. Primo motivo: Si contestava la correttezza della motivazione a base della dichiarazione di responsabilità, ritenendola viziata.
2. Secondo, terzo e quarto motivo: Si attaccavano, rispettivamente, l’attendibilità delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e la presunta eccessività della pena inflitta rispetto al minimo edittale.
3. Quinto motivo: Si lamentava il mancato riconoscimento di un’attenuante specifica prevista per il reato di ricettazione.
La Decisione della Cassazione: Perché il ricorso è inammissibile?
La Corte di Cassazione ha rigettato in toto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine della procedura penale: i motivi di ricorso devono essere specifici, pertinenti e critici rispetto alla decisione impugnata, non una semplice ripetizione di doglianze già esaminate e respinte.
La Genericità e la Reiterazione dei Motivi
La Corte ha smontato ogni singolo motivo. Il primo è stato giudicato ‘generico’ e ‘indeterminato’ ai sensi dell’art. 581 c.p.p., in quanto non indicava con precisione gli elementi che avrebbero dovuto fondare la censura, impedendo al giudice di comprendere il rilievo mosso. Gli altri motivi sono stati considerati ‘indeducibili’ perché si risolvevano in una ‘pedissequa reiterazione’ di quelli già presentati in appello e puntualmente disattesi dalla Corte territoriale.
Le Motivazioni della Corte
La Corte Suprema ha chiarito punto per punto le ragioni dell’inammissibilità. In primo luogo, ha evidenziato come la critica alla sentenza di secondo grado debba essere argomentata e non apparente. Non basta dissentire, ma occorre spiegare perché il ragionamento del giudice precedente sarebbe errato. Nel caso di specie, la difesa si è limitata a riproporre le stesse argomentazioni senza confrontarsi con le risposte già fornite dalla Corte d’Appello.
Ad esempio, riguardo alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (che aveva affermato che l’imputato ‘non c’entrasse niente’), la Corte ha ribadito che tale frase si riferiva alla mancata partecipazione ai furti, ma non escludeva la sua responsabilità per aver ricevuto la merce rubata. Allo stesso modo, la negazione delle attenuanti generiche e la congruità della pena (3 anni di reclusione e 1200 euro di multa) erano state adeguatamente motivate in appello. Infine, anche la richiesta di un’attenuante specifica è stata respinta sulla base dell’evidenza fattuale, ovvero l’ingente quantità di merce illecita custodita nel capannone, che escludeva a priori ogni ipotesi di lieve entità.
Le Conclusioni: Lezioni Pratiche dalla Sentenza
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Per avere successo, un ricorso deve evidenziare vizi di legittimità specifici, come errori di diritto o difetti manifesti di logica nella motivazione. Un ricorso inammissibile perché generico o ripetitivo comporta non solo il rigetto, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al pagamento di tremila euro alla Cassa delle ammende. La lezione è chiara: un’impugnazione efficace richiede precisione, specificità e una critica argomentata, non una sterile riproposizione di tesi già sconfitte.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici, indeterminati e, in larga parte, una semplice e acritica ripetizione delle argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza quindi formulare una critica specifica e argomentata alla sentenza impugnata.
Come ha interpretato la Corte l’affermazione del collaboratore di giustizia secondo cui l’imputato ‘non c’entrasse niente’?
La Corte ha chiarito che tale affermazione si riferiva al fatto che l’imputato non avesse materialmente partecipato alla commissione dei furti e delle rapine. Tuttavia, ciò non escludeva la sua responsabilità per il reato di ricettazione, consistito nell’aver ricevuto e custodito la merce di provenienza illecita nel proprio capannone.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45463 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45463 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a BITONTO il 20/12/1992
avverso la sentenza del 15/11/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOMECOGNOME
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 648 cod. pen generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il propri sindacato;
che il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, con i quali si contesta rispettivamente, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME, il diniego de circostanze attenuanti generiche e la mancanza di una specifica motivazione in merito all’eccessivo scostamento dal minimo edittale, sono indeducibili perché fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattes dalla corte di merito, nella parte in cui rileva che: a) l’affermazione del collaboratore in or alla circostanza che l’imputato “non c’entrasse niente” era riferita al fatto che lo stesso n aveva materialmente partecipato alla commissione dei furti e delle rapine, limitandosi a ricevere la merce provento di furto nel capannone allo stesso intestato; b) non sussistono elementi positivamente valorizzabili ai fini della concessione delle attenuanti generiche; c) l pena complessivamente irrogata, pari ad anni 3 di reclusione ed euro 1200,00 di multa, deve ritenersi congrua, alla luce dei principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
che, per tale ragione, gli stessi devono considerarsi non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che il quinto motivo di ricorso, con il quale si contesta il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 648 co. 4 cod. pen., è generico perché fondato su argomenti che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame nella parte in cui evidenzia l’elevata quantità e la mole della merce provento di atti predator custodita all’interno del capannone;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 24 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente