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Ricorso inammissibile: genericità dei motivi e evasione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per evasione. I motivi, relativi a stato di necessità e attenuanti, sono stati giudicati generici e meramente riproduttivi delle doglianze d’appello, senza un reale confronto con la sentenza impugnata.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità Costa Cara

L’ordinanza n. 21233/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla redazione degli atti giudiziari, in particolare sul ricorso per Cassazione. La Corte ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una condanna per evasione (art. 385 c.p.), sottolineando come la genericità e la mera ripetizione dei motivi d’appello non possano trovare accoglimento in sede di legittimità. Questo caso evidenzia la necessità di un confronto puntuale e critico con la decisione impugnata, pena la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

I Fatti di Causa

Il ricorrente era stato condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Palermo per il reato di evasione. Avverso tale sentenza, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione basandosi su tre principali motivi: l’omessa valutazione di un presunto stato di necessità, il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e, infine, la mancata concessione delle attenuanti generiche con conseguente eccessività della pena.

L’Analisi della Corte di Cassazione

Gli Ermellini hanno esaminato punto per punto le doglianze del ricorrente, giungendo a una conclusione netta: l’intero ricorso è privo dei requisiti minimi per essere esaminato nel merito. La Corte ha bocciato l’atto su tutta la linea, evidenziando una carenza di specificità che lo ha reso un mero duplicato delle argomentazioni già respinte nel precedente grado di giudizio.

Ricorso inammissibile: le ragioni della genericità

Il cuore della decisione risiede nella valutazione della specificità dei motivi di ricorso, un requisito fondamentale nel giudizio di legittimità. Un ricorso inammissibile è spesso il risultato di un’impostazione difensiva che non si confronta adeguatamente con le argomentazioni della sentenza che intende criticare.

Il presunto stato di necessità

Il primo motivo, relativo allo stato di necessità (art. 54 c.p.), è stato liquidato come ‘assolutamente generico’. La Corte ha osservato che la difesa si era limitata a riproporre la stessa tesi dell’appello, senza argomentare contro la motivazione della Corte territoriale. Quest’ultima aveva già specificato che la difesa si era limitata ad asserire l’esistenza di una ‘non meglio specificata’ causa di necessità, senza fornire alcun elemento concreto a supporto.

La tenuità del fatto e le attenuanti generiche

Analoga sorte è toccata agli altri due motivi. La richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. (tenuità del fatto) è stata giudicata ‘meramente riproduttiva’ di censure già vagliate e motivatamente respinte dal giudice di merito. Allo stesso modo, la doglianza sulla mancata concessione delle attenuanti generiche è stata ritenuta ‘priva di specificità’, in quanto non si confrontava con la ‘puntuale esposizione dei criteri’ adottati dai giudici nei gradi precedenti.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio cardine del processo penale: il ricorso di legittimità non è un terzo grado di giudizio dove si possono riproporre le medesime questioni di fatto. Esso serve a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Per fare ciò, i motivi devono essere specifici, indicando con precisione le parti del provvedimento che si contestano e le ragioni giuridiche di tale contestazione. Riproporre semplicemente le stesse argomentazioni dell’appello, senza criticare la risposta data dal giudice precedente, equivale a non formulare un vero motivo di ricorso, rendendolo così inammissibile.

Le Conclusioni

La decisione in commento ribadisce un monito fondamentale per gli operatori del diritto: la redazione di un ricorso per Cassazione richiede un’analisi critica e approfondita della sentenza impugnata. Non è sufficiente dissentire dalla decisione; è necessario demolire, sul piano logico e giuridico, le argomentazioni che la sorreggono. In mancanza di tale specificità, il rischio concreto è quello di un ricorso inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata quantificata in tremila euro.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile quando i suoi motivi sono generici, si limitano a ripetere le argomentazioni già presentate in appello e non si confrontano specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata.

È sufficiente affermare l’esistenza di uno ‘stato di necessità’ per ottenere un’assoluzione?
No. La Corte ha stabilito che limitarsi ad asserire l’esistenza di una ‘non meglio specificata’ causa di necessità è insufficiente. Tale circostanza deve essere provata e argomentata in modo specifico.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Quando il ricorso viene dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, in questo caso pari a 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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