Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi sono Troppo Generici
La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 11002 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: per essere valido, un ricorso deve presentare motivi specifici e non limitarsi a ripetere argomentazioni già respinte. La pronuncia riguarda un caso di reati legati agli stupefacenti e offre spunti cruciali sulla differenza tra un riesame del merito e un controllo di legittimità. L’esito è stata la dichiarazione di un ricorso inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
I Fatti di Causa
Il caso nasce da un ricorso presentato da un imputato contro la sentenza della Corte di Appello di Bologna, che lo aveva condannato per diversi reati, inclusi alcuni legati al traffico di sostanze stupefacenti. L’imputato, attraverso il suo difensore, aveva sollevato diverse censure sperando di ottenere un annullamento della condanna. In particolare, contestava la sua responsabilità penale e la valutazione delle prove effettuata dai giudici di merito.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso integralmente inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello procedurale. Dichiarare l’inammissibilità significa che l’impugnazione presentata era talmente viziata nella sua forma o sostanza da non poter essere neanche discussa. Di conseguenza, la sentenza di condanna della Corte d’Appello è diventata definitiva.
Le Motivazioni: la Genericità del Ricorso Inammissibile
Il cuore della decisione risiede nella motivazione con cui la Corte ha respinto il ricorso. I giudici hanno definito i motivi “generici”, poiché si limitavano a riprodurre le stesse censure già adeguatamente esaminate e respinte con “corretti argomenti giuridici” dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ricordato che il suo ruolo non è quello di un “terzo grado di giudizio” dove si può rivalutare il fatto o le prove, attività preclusa in sede di legittimità. L’appello alla Suprema Corte deve concentrarsi su presunte violazioni di legge o vizi logici della motivazione, non sulla semplice riproposizione di una diversa lettura dei fatti.
La Questione del Reato di Lieve Entità
Un punto specifico affrontato è stata la richiesta di riconoscere l’ipotesi del reato di lieve entità, prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. Anche questa doglianza è stata giudicata “manifestamente infondata”. La Corte ha ritenuto congrua la motivazione della Corte d’Appello, che aveva escluso tale ipotesi basandosi su un elemento oggettivo di rilievo: il sequestro di 50 grammi di cocaina al momento dell’arresto dell’imputato in flagranza di reato. Tale quantitativo è stato considerato incompatibile con una valutazione di minore gravità del fatto.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza è un monito importante sulla tecnica di redazione dei ricorsi per cassazione. Sottolinea che non è sufficiente dissentire dalla decisione di merito, ma è necessario articolare critiche precise e pertinenti, capaci di evidenziare un errore di diritto commesso dal giudice precedente. La riproposizione sterile di argomenti già vagliati porta inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con la condanna non solo alle spese processuali ma anche al versamento di una somma alla cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro. La decisione rafforza la funzione nomofilattica della Cassazione, custode della corretta interpretazione della legge, e non giudice dei fatti.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici, ovvero si limitavano a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove e specifiche questioni di diritto.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove?
No, in base a questa ordinanza, la Corte di Cassazione non può procedere a una nuova valutazione delle prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non agire come un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti.
Perché non è stata concessa l’attenuante del reato di lieve entità?
L’ipotesi del reato di lieve entità è stata esclusa perché la Corte ha ritenuto adeguata la motivazione del giudice di merito, basata sul sequestro di un quantitativo significativo di droga (50 grammi di cocaina) al momento dell’arresto in flagranza, ritenuto incompatibile con la minore gravità del fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11002 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11002 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/01/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che i motivi dedotti si rivelano generici, in quanto riproduttivi di censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito con riferimento tanto alla ribadita responsabilità in ordine ai reati in addebito ai capi C ed E, quanto alla rivalutazione, del resto preclusa nel presente grado di giudizio, degli elementi di prova riferiti alla condotta di cui al capo D.
Manifestamente infondata si rivela, inoltra, la doglianza in tema di mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 riferita a tutti i reati, attesa la congrua motivazione resa dalla Corte di merito sul punto (pagg. 7-8 sent.) anche mediante coerente richiamo al sequestro di 50 grammi di cocaina al momento dell’arresto dell’imputato in flagranza di reato.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma, 19 gennaio 2024
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