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Ricorso inammissibile: genericità dei motivi e droga

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per stupefacenti. La decisione si fonda sulla manifesta genericità dei motivi di appello, che non specificavano in modo concreto le ragioni a sostegno della tesi del consumo di gruppo, dell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e della concessione delle attenuanti generiche. La Corte ha ribadito la necessità di formulare censure specifiche e non meramente ripetitive delle argomentazioni già respinte nei gradi di merito.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità Costa Cara

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: la specificità dei motivi di ricorso. Quando un appello è formulato in modo vago e ripetitivo, il rischio concreto è una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. Analizziamo questa ordinanza per comprendere le ragioni che hanno portato a tale esito.

I Fatti del Caso

Il ricorrente era stato condannato sia in primo grado dal G.i.p. del Tribunale, sia in secondo grado dalla Corte d’Appello, per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, ovvero una fattispecie di lieve entità legata agli stupefacenti. Non rassegnato alla doppia condanna, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su tre principali censure: l’erronea affermazione della sua responsabilità penale, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e la mancata concessione delle attenuanti generiche.

I Motivi del Ricorso e la Genericità Rilevata

La Suprema Corte ha esaminato i tre motivi di doglianza, riscontrando in tutti un vizio comune: la genericità e l’aspecificità. Questo difetto ha reso impossibile un esame nel merito, portando alla inevitabile dichiarazione di ricorso inammissibile.

1. La tesi del consumo di gruppo: Il ricorrente sosteneva che lo stupefacente fosse destinato a un consumo di gruppo e non allo spaccio. La Corte ha bollato questo motivo come manifestamente infondato e, soprattutto, reiterativo, in quanto la Corte d’Appello aveva già ampiamente e dettagliatamente smontato questa tesi difensiva nella sentenza impugnata.
2. La particolare tenuità del fatto: Riguardo alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., il ricorso si limitava a un mero richiamo al dato quantitativo della sostanza, lo stesso che aveva permesso di qualificare il fatto come di lieve entità. Secondo la Cassazione, per censurare efficacemente il mancato rilievo ex officio di questa causa di non punibilità, il ricorrente avrebbe dovuto indicare tutti i presupposti specifici che ne avrebbero giustificato l’applicazione e dimostrare la decisività di tale lacuna motivazionale.
3. Le attenuanti generiche: Anche in questo caso, la censura è stata giudicata del tutto priva di concreti riferimenti a situazioni e elementi specifici (come la condotta di vita, il comportamento processuale, etc.) idonei a fondare una richiesta di riconoscimento delle attenuanti.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La decisione della Corte si fonda su principi consolidati. Un ricorso per cassazione non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni già vagliate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. Deve, al contrario, individuare vizi specifici della sentenza impugnata, che siano violazioni di legge o difetti di motivazione evidenti (illogicità, contraddittorietà).

Nel caso di specie, i motivi erano formulati in maniera talmente astratta da non consentire un reale confronto critico con le ragioni esposte dalla Corte d’Appello. La Corte ha sottolineato che non è sufficiente lamentare una mancata applicazione di un istituto di favore; è necessario argomentare in modo puntuale, indicando gli elementi fattuali e giuridici che il giudice di merito avrebbe trascurato e che, se considerati, avrebbero portato a una decisione diversa.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la difesa tecnica. La redazione di un ricorso per cassazione richiede un’analisi approfondita e mirata, capace di superare il cosiddetto “filtro” di ammissibilità. La genericità, la ripetitività e la mancanza di specificità delle censure non solo non portano al risultato sperato, ma comportano anche conseguenze economiche per il ricorrente, condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende. La lezione è chiara: un ricorso efficace è un ricorso specifico, critico e non una mera riedizione di tesi già sconfessate.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano manifestamente infondati, generici e ripetitivi. Il ricorrente non ha fornito elementi specifici e concreti per contestare la sentenza d’appello, limitandosi a riproporre tesi già respinte in precedenza senza un’adeguata argomentazione critica.

È possibile contestare in Cassazione la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Sì, è possibile, anche se il giudice d’appello non l’ha rilevata d’ufficio. Tuttavia, il ricorso deve indicare in modo specifico i presupposti legittimanti (come le modalità della condotta, l’esiguità del danno, etc.) da cui si possa desumere la decisiva rilevanza della lacuna motivazionale della sentenza impugnata. Un mero richiamo generico non è sufficiente.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle Ammende. La sentenza di condanna diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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