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Ricorso inammissibile: genericità dei motivi e Cassazione

L’appello di un’imputata, condannata per esercizio abusivo della professione, è stato dichiarato un ricorso inammissibile dalla Corte di Cassazione. I giudici hanno ritenuto i motivi di appello troppo generici e meramente ripetitivi di argomentazioni già respinte nei gradi di merito. La decisione ha confermato l’impossibilità di applicare l’esimente per particolare tenuità del fatto e ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta

Il percorso della giustizia è scandito da regole precise, soprattutto quando si giunge all’ultimo grado di giudizio, la Corte di Cassazione. Non basta avere torto o ragione; è fondamentale sapere come presentare le proprie doglianze. Un ricorso inammissibile è l’esito che ogni avvocato teme, poiché impedisce ai giudici di entrare nel merito della questione. L’ordinanza che analizziamo oggi offre un chiaro esempio di come la genericità e la ripetitività dei motivi possano portare a una condanna definitiva, oltre che a sanzioni economiche. Vediamo nel dettaglio cosa è successo.

I Fatti del Caso

Una persona era stata condannata nei primi due gradi di giudizio per il reato di esercizio abusivo di una professione, previsto dall’articolo 348 del codice penale. Non rassegnandosi alla decisione della Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso per Cassazione, sperando di ottenere un annullamento della condanna. Il ricorso si basava su una serie di censure che, secondo la difesa, avrebbero dovuto dimostrare l’erroneità della sentenza impugnata. In particolare, si contestava la configurabilità stessa del reato, l’adeguatezza della pena inflitta e la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131 bis c.p.

La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha respinto in toto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non significa che la Corte abbia confermato nel merito la correttezza della condanna dopo un’analisi approfondita, ma piuttosto che il ricorso non possedeva i requisiti minimi per essere esaminato. Di conseguenza, la sentenza di condanna della Corte d’Appello è diventata definitiva. Oltre a ciò, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la Genericità dei Motivi di Ricorso

Il cuore della decisione risiede nella valutazione dei motivi presentati. I giudici supremi hanno riscontrato una “marcata genericità” nelle argomentazioni difensive. Invece di un confronto puntuale e critico con le ragioni esposte nella sentenza d’appello, il ricorso si limitava a riproporre le stesse questioni già vagliate e respinte dai giudici di merito. Questo approccio è stato definito “meramente riproduttivo”, ossia una semplice copia di censure precedenti, senza attaccare specificamente la logica giuridica della decisione impugnata. La Cassazione ha sottolineato come la sentenza d’appello fosse, al contrario, ben argomentata, giuridicamente corretta, coerente e priva di manifeste incongruenze logiche.

Le Motivazioni: l’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

Un altro punto cruciale del ricorso inammissibile riguardava la mancata applicazione dell’articolo 131 bis del codice penale. Questa norma permette di non punire l’autore di un reato quando l’offesa è di particolare tenuità. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di non concedere tale beneficio, basandosi su due elementi chiave: il “disvalore oggettivo della condotta” e l'”intensità del dolo”. In altre parole, il comportamento dell’imputata è stato ritenuto sufficientemente grave e sorretto da una piena volontà colpevole, tali da escludere la possibilità di considerarlo un fatto di lieve entità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riproporre all’infinito le stesse argomentazioni. È un giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso, per essere ammissibile, deve essere specifico, pertinente e critico. La genericità e la mera riproposizione di vecchie difese non solo non portano al risultato sperato, ma comportano anche conseguenze economiche negative per il ricorrente, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale. La decisione serve da monito: per accedere alla Cassazione, è necessario un lavoro difensivo mirato e tecnicamente ineccepibile.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se i motivi presentati sono caratterizzati da marcata genericità, non si confrontano efficacemente con il tenore della decisione impugnata e si limitano a riprodurre censure già esaminate e respinte dai giudici di merito.

Cosa significa che i motivi di ricorso sono “meramente riproduttivi”?
Significa che il ricorso non presenta nuove e specifiche critiche alla sentenza d’appello, ma si limita a ripetere le stesse argomentazioni e difese già avanzate e disattese nei precedenti gradi di giudizio, senza contestare la logica giuridica della decisione impugnata.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Secondo l’articolo 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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