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Ricorso inammissibile: genericità dei motivi di appello

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile a causa della genericità dei motivi. L’imputato, che contestava la mancata applicazione dell’art. 73 comma 5 dpr 309/90, si è visto respingere l’appello perché i motivi erano una mera replica di censure già disattese in secondo grado. La Corte ha confermato la decisione, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando la genericità dei motivi chiude le porte della Cassazione

Nel processo penale, l’accesso alla Corte di Cassazione non è un diritto incondizionato, ma è subordinato al rispetto di precisi requisiti formali e sostanziali. Tra questi, la specificità dei motivi di ricorso è fondamentale. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile per genericità dei motivi non solo precluda l’esame nel merito, ma comporti anche conseguenze economiche per il ricorrente. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne i principi e le implicazioni pratiche.

Il caso in esame: dal ricorso alla decisione della Cassazione

La vicenda processuale ha origine dalla sentenza della Corte di Appello di Torino, che confermava una condanna nei confronti di un imputato. Quest’ultimo decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando due specifiche violazioni di legge: il mancato riconoscimento della fattispecie di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90 (Testo Unico sugli stupefacenti) e l’omessa applicazione di una sanzione sostitutiva.

Il ricorrente, in sostanza, chiedeva alla Suprema Corte di riesaminare la valutazione dei giudici di merito. Tuttavia, la difesa non introduceva nuovi elementi di critica specifica contro la motivazione della sentenza d’appello, limitandosi a riproporre le stesse argomentazioni già avanzate e respinte nel precedente grado di giudizio.

Genericità dei motivi e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, esaminati gli atti, ha rapidamente concluso per l’inammissibilità del ricorso. Il punto centrale della decisione risiede nella ‘genericità dei motivi’. I giudici hanno osservato che il ricorso era una ‘mera replica’ delle censure già formulate in appello. La Corte d’Appello aveva risposto a tali censure con una motivazione definita ‘congrua e lineare’.

In questa sede, è fondamentale comprendere che il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito. La Suprema Corte non può riesaminare i fatti come un giudice di primo o secondo grado, ma ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Di conseguenza, un ricorso che si limita a ripetere le stesse doglianze, senza attaccare specificamente il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice d’appello per respingerle, è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Le motivazioni della decisione

La motivazione dell’ordinanza è sintetica ma estremamente chiara. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso erano generici perché non si confrontavano criticamente con la sentenza di secondo grado. Invece di evidenziare vizi logici o errori di diritto nella decisione della Corte d’Appello, il ricorrente si è limitato a riproporre la sua versione dei fatti e le sue richieste. Questo approccio rende il ricorso non censurabile in sede di legittimità, poiché non adempie alla sua funzione di critica vincolata al provvedimento impugnato. La conseguenza diretta di questa valutazione è la dichiarazione di inammissibilità, che impedisce alla Corte di entrare nel merito delle questioni sollevate.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: per superare il vaglio di ammissibilità, il ricorso per Cassazione deve essere specifico e pertinente. Non è sufficiente esprimere un generico dissenso con la decisione impugnata, ma è necessario articolare critiche precise e puntuali che ne mettano in luce le eventuali illegittimità o i vizi motivazionali. La decisione ha anche importanti implicazioni pratiche: la dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, un onere economico che si aggiunge all’esito negativo del giudizio.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi sono generici e si limitano a essere una mera replica delle censure già formulate in appello, senza criticare in modo specifico la motivazione della sentenza impugnata.

Cosa si intende per ‘genericità dei motivi’ in questo caso?
Per ‘genericità dei motivi’ si intende che le argomentazioni del ricorrente non erano nuove né specifiche contro la sentenza d’appello, ma ripetevano semplicemente quanto già sostenuto e respinto nel precedente grado di giudizio con una motivazione congrua e lineare.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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